L'Ospedale Santo Spirito diede vita alla sanità pubblica

Già nel 1198 era in grado di dare ricovero e un letto a 300 infermi e di assistere anche 1000 indigenti

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di Rossana Dassisti

ROMA, sabato, 24 dicembre 2011 (ZENIT.org).- La moderna sanità pubblica ha le sue radici nel più antico ospedale della città di Roma: il Santo Spirito in Sassia, testimone non solo dell’evoluzione dell’assistenza sanitaria, ma anche custode di importanti e unici documenti storici conservati nella secolare biblioteca. Proprio l’analisi di queste testimonianze storiche ha consentito alla sociologa e giornalista Silvia Mattoni, al chirurgo Massimo Mongardini e allo statistico Marco Scarnò, ciascuno per la propria esperienza, di ricostruire il periodo storico della seconda metà dell’ ‘800, in cui Roma diventa Capitale, nel volume ‘L’Arcispedale Santo Spirito in Saxia, l’assistenza sanitaria nel più grande spedale dell’Urbe’, edito da Aracne.

Voluto da Papa Innocenzo III, il Santo Spirito è la prima costruzione in Europa destinata, sin dalla sua progettazione nel 1198, a “ospedale”, in grado di dare ricovero e un letto a 300 infermi e di assistere anche 1000 indigenti sotto forma di cibo, vesti, denaro ed erogazione di cure ambulatoriali. Prima di allora, i malati venivano ricoverati in case di abitazione private, donate da benefattori. Una delle peculiarità dell’ospedale era l’assistenza agli infanti abbandonati, che, lasciati nella ruota degli esposti, venivano accolti, istruiti e restituiti a dignità sociale divenendo di diritto cittadini romani, a tutti gli effetti di legge, civile ed ecclesiastica.

Sebbene la sua fondazione risalga a meno di un millennio fa, ancora oggi il nosocomio è perfettamente funzionante e, oggi come ieri, cerca di coniugare assistenza caritatevole e cura dei malati.

Un nuovo modello assistenziale quello che Papa Innocenzo III e Guido di Montpellier, primo precettore dell’ospedale, disciplinarono, nel 1204, con una ‘regola’ di oltre cento articoli che prevedeva in dettaglio tutte le fasi di sostegno e cura agli infermi: dalle metodiche assistenziali alle regole di comportamento per il personale medico e degli stessi infermi. Con una modernità che precorse l’assistenza sanitaria nazionale, che solo più tardi trovò la sua prima espressione. Più precisamente nel 1870, quando, dopo lo scoppio della guerra franco-prussiana, in previsione degli eventi bellici che portarono poi alla ‘presa’ di Roma ponendo fine al potere temporale dei Papi (…), che fu istituita “la sezione Ambulanza con il compito del primo soccorso al fronte bellico e del trasporto dei feriti nei vari ospedali” (…) dove era stato allestito il materiale sanitario mobile.

Dal 1870, come affermano gli Autori “la malattia non è più considerata una dannazione per il singolo e una punizione divina, ma un evento sociale da affrontare collettivamente con la garanzia anche economica dello Stato”.

L’individuo non è più lasciato alle opere caritatevoli e assistenziali della Chiesa e dei benefattori, ma viene preso in carico dalle strutture ospedaliere. Per la prima volta “si introduce il concetto di prevenzione, di diagnosi e di cura; si affrontano le problematiche dell’assistenza sanitaria tutta, dall’igiene, tutelata con normative prima interne ai luoghi di cura, poi con leggi dello Stato, alla necessità di attenersi ad alcuni protocolli farmaceutici, alla pratica medica, all’istruzione sanitaria; si moltiplicano e si trasformano i luoghi di cura, nascono le prime accademie mediche e le scuole ospedaliere, si formalizzano e si codificano le spese sanitarie nel rispetto del principio dei costi e dei benefici; si pubblicano le prime statistiche e le prime note di nosografia e di demografia”.

Da questo momento cambia dunque l’atteggiamento dei medici verso la pratica ospedaliera sulla scia del progresso della scienza che si stava registrando in tutta Europa: una vera e propria rivoluzione in medicina con lo sviluppo della clinica, l’uso di nuove metodiche per le diagnosi, l’utilizzo dei principi della fisica per realizzare nuovi strumenti, l’attenzione all’igiene.

È in questo periodo che si perfezionano i metodi della ricerca e si progettano e realizzano nuove strutture universitarie, come il policlinico.

Tutto questo, e molto altro, viene raccontato nel libro di Mattoni, Mongardini e Scarnò, ricco di notizie interessanti con precisi riferimenti documentali e analisi statistiche, supportato da una ricca bibliografia e iconografia. Interessanti sono le immagini tratte dal Museo di storia dell’arte sanitaria presso l’Ospedale Santo Spirito che l’Accademia di Storia dell’Arte sanitaria ha messo a disposizione.

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ZENIT Staff

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