L'omicidio di Corigliano Calabro: "Il frutto dell'empietà di fondo di questa società"

Mons. Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, esprime il proprio sgomento per la vicenda della quindicenne trucidata dal suo fidanzato

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Mons. Luigi Negri, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, intende proporre all’attenzione di tutti i cristiani di questa Chiesa particolare e, al di là di essa, a tutti gli uomini di buona volontà il proprio sgomento per la vicenda terribile della ragazzina quindicenne di Corigliano Calabro trucidata dal suo “fidanzato” e poi sostanzialmente bruciata ancora viva.

Come ha chiarito durante una celebrazione liturgica, se si potesse risalire a quei millenni che segnalano il passaggio faticoso dalla barbarie alla civiltà, forse non troveremmo episodi di questo tipo. Un’assoluta insensibilità umana, un cedimento agli istinti terribili di gelosia e di possessività che fanno dell’altro semplicemente un oggetto della propria manipolazione e della propria violenza.

L’Arcivescovo si chiede se è ancora tollerabile da parte del mondo adulto una situazione giovanile così tragicamente compromessa. E’ ancora possibile lasciare migliaia e migliaia di giovani in una situazione di sostanziale ineducazione che li abbandona a vite e a divertimenti senza nessuna misura, e che rende queste vite sostanzialmente già perdute in partenza? Dominate dall’alcol, dalla droga, dalle reazioni istintive, dalle violenze incontrollate e incontrollabili.

E’ necessaria una ripresa fondamentale di coscienza da parte dei genitori, delle istituzioni educative, e certamente da parte della chiesa, perché questa enorme possibilità positiva che è la gioventù, per il presente e per il futuro della società, non diventi una tragica perdita di intelligenza, di volontà, di affezioni, di capacità di sacrificio e di capacità di dedizione.

Questo è certamente il risultato di quell’empietà di fondo che caratterizza l’ideologia dominante di questa società. E’ il frutto amaro di quell’apostasia da Cristo che, come ha più volte ricordato Benedetto XVI, finisce per diventare l’apostasia dell’uomo da se stesso.

Quando le cose arrivano a questi livelli è necessario riprendere con umiltà un atteggiamento di fede di fede di fronte a Gesù Cristo e chiedergli il coraggio di una testimonianza vera davanti al mondo, e una capacità di carità che sappia accogliere gli uomini, come ci insegna quotidianamente Papa Francesco, anche nella tragicità della loro condizione, per coinvolgerli nel grande e pacificante annunzio che il Signore rende nuove tutte le cose, e quindi può incominciare a cambiare fin d’ora il nostro cuore, e farci camminare con Lui e dietro di Lui verso la pienezza della nostra umanità.

La Vergine delle Grazie, che veneriamo nella nostra bellissima Cattedrale, ci aiuti a vivere il nostro sacrificio quotidiano e la compassione che ci stringe ad ogni uomo che ci vive accanto.

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ZENIT Staff

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