L'obiezione di coscienza dei farmacisti: un problema aperto

Al convegno dell’UCFI si è discusso della pillola abortiva

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di Luca Marcolivio

ROMA, domenica, 25 ottobre 2009 (ZENIT.org).- Ai farmacisti va garantita l’obiezione di coscienza rispetto a un prodotto come la cosiddetta “pillola del giorno dopo”.

Il tema è stato discusso venerdì scorso presso la casa “Bonus Pastor” nel corso del convegno “L’obiezione di coscienza del farmacista. Tra diritto e dovere”, organizzato dall’Unione Cattolica Farmacisti Italiani (UCFI).

A seguito della prolusione del segretario generale della CEI, monsignor Mariano Crociata (http://www.zenit.org/article-20026?l=italian), sono intervenuti studiosi laici, giuristi e rappresentanti del settore farmaceutico, tutti concordi nel sostegno all’obiezione di coscienza.

L’obiezione, come ha spiegato il presidente emerito della Corte Costituzionale, Antonio Baldassarre, è un diritto garantito dalla Costituzione Italiana, il cui articolo 2 tutela i “diritti inviolabili dell’uomo”, quindi anche il diritto alla vita.

È necessario, tuttavia, “un intervento del legislatore ordinario che si adegui alla Costituzione”, ha osservato il presidente emerito della Consulta.

Baldassarre ha poi enunciato gli argomenti sostenuti contro il diritto all’obiezione: “In primo luogo si sostiene che fornire la pillola del giorno dopo costituisce un dovere che il farmacista non può rifiutare. Tale affermazione è inconsistente perché l’obiezione si applica proprio nei confronti di un dovere”.

“Si afferma inoltre – ha aggiunto il giurista – che il farmacista non può conoscere la destinazione d’uso dei prodotti che vende. Anche questa argomentazione è fallace, dal momento in cui la pillola del giorno dopo è stata messa in commercio per una sola finalità: l’interruzione di gravidanza”.

“L’OMS ha affermato che l’inizio della gestazione avviene al momento dell’attecchimento dell’embrione nell’utero. Si tratta però di un formalismo esasperato che, oltretutto non tiene conto che la vita (come afferma che la legge 40) inizia al momento del concepimento”, ha concluso Baldassarre.

Giacomo Rocchi, Giudice per Indagini Preliminari presso il Tribunale di Firenze, ha sottolineato innanzitutto la situazione paradossale di un’obiezione di coscienza negata ai farmacisti eppure garantita “agli studenti vegetariani degli istituti alberghieri, i quali possono rifiutarsi di seguire le lezioni dove venga illustrata la preparazione di un arrosto”.

Secondo il giudice Rocchi, il diritto all’obiezione sarebbe già tutelato dalla stessa legge 194, la quale cita il “personale sanitario”, comprensivo, quindi, anche dei farmacisti.

“Il TAR in una sentenza del 2001 ha affermato che non è possibile stabilire con certezza l’inizio della vita umana, tuttavia tale dubbio potrebbe essere applicato anche ai malati di Alzheimer o terminali”, ha concluso il magistrato fiorentino.

Una riflessione etico-filosofica è stata fornita da Mario Palmaro, professore di Bioetica e Filosofia del Diritto all’Ateneo Regina Apostolorum e all’Università Europea di Roma.

“L’obiezione di coscienza ha radici lontane nel tempo. Potremmo dire che il primo obiettore di coscienza sia stato Socrate, il quale affermò: il più grande di tutti i mali è far morire un innocente”, ha esordito il professor Palmaro.

Il diritto all’obiezione, inoltre, non ha nulla a che vedere con un’etica relativista in cui trionfa la logica del “secondo me”, ma chiama in causa piuttosto “la coscienza che ci induce a rifiutare di compiere date azioni e a non voler esserne nemmeno coinvolti”.

“L’obiettore non è un ‘sovversivo’, né le azioni che pone in essere vanno contro l’ordine costituito. Nel caso dell’aborto il medico o il farmacista si muovono tra il senso profondo della loro professione e i propri principi. Non sono loro, quindi, a costituire l’eccezione, quanto il legislatore che ha posto in essere un’anomalia, ovvero una norma ingiusta”.

“Il risvolto più importante del rifiuto di vendere la pillola abortiva sta però nello spiegare le ragioni di quel no”, ha osservato Palmaro, auspicando che i farmacisti obiettori redigano un decalogo condiviso per spiegare i motivi della loro scelta.

È seguita una tavola rotonda nel corso della quale i relatori hanno riflettuto riguardo ai possibili strumenti legislativi e amministrativi da mettere in campo a tutela dell’obiezione di coscienza.

Anna Rosa Racca, presidente di Federfarma, e Giovanni Gerosa, membro del comitato centrale della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, hanno preso atto della necessità di una legge che tuteli il farmacista obiettore e, al tempo stesso, il consumatore.

Stefano De Lillo, componente della Commissione Sanità del Senato, ha invece ricordato che l’obiezione è tutelata dalla legge 194 e che, in tempi recenti, anche il Comitato Nazionale di Bioetica ha espresso un parere favorevole.

“Quello che serve – ha affermato De Lillo – è piuttosto una legge per l’interpretazione autentica del già presente diritto all’obiezione. Gli stessi ordini professionali, però, devono fare la loro parte e battersi per la tutela dell’obiezione, senza aspettare che intervenga il parlamento”.

La professoressa Assunta Morresi, docente di Chimica fisica all’Università di Perugia e membro del Comitato Nazionale di Bioetica, si è parimenti rivolta agli ordini professionali, sottolineando la necessità di un codice deontologico condiviso.

“Va innanzitutto preso atto del disaccordo esistente nella categoria: ciò è già un punto a favore dell’obiezione”, ha constatato.

A conclusione del convegno, il presidente dell’UCFI, Piero Uroda, ha ricordato che la battaglia per l’obiezione di coscienza è innanzitutto una questione etica, civile e culturale.

“La pillola del giorno dopo è un modo per assecondare le passioni più basse degli uomini, in particolare dei più giovani – ha dichiarato -. Queste passioni, però, non potranno mai sopraffare la nostra identità cristiana. Noi farmacisti abbiamo davanti una sfida e dovremo essere testimoni seri per vincerla”.

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ZENIT Staff

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