L'Obamacare cerca di far pagare alla Chiesa i farmaci abortivi

Violazioni della libertà religiosa e del diritto alla vita

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di Renzo Puccetti

(docente alla facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum)

ROMA, domenica, 26 febbraio 2012 (ZENIT.org) – Il 23 marzo 2010 il presidente degli Stati Uniti Barack Hussein Obama II ha firmato il Patient Protection and Affordable Care Act, la riforma sanitaria duramente osteggiata dai repubblicani rispetto a cui si è divisa la stessa società americana.

Fra le varie misure volte ad estendere le garanzie di assistenza sanitaria, si prevede che i dipendenti di scuole, ospedali ed altre istituzioni cattoliche ricevano obbligatoriamente dai datori di lavoro la copertura assicurativa per ottenere mezzi volti al controllo delle nascite, tra cui, oltre ai contraccettivi e alla sterilizzazione, mezzi indiscutibilmente abortivi come spirale e pillole dei 5 giorni dopo e indirettamente gli interventi di aborto aggirando nella sostanza l’emendamento Hyde che proibisce il finanziamento federale di piani assicurativi a copertura dell’aborto.

Se peraltro qualcuno avesse dei dubbi sull’intento contro la vita dell’attuale amministrazione americana non ha che da prendere nota dell’annunciato veto da parte di Obama nei confronti del Protect Life Act, una legge approvata alla Camera controllata dai repubblicani espressamente scritto per impedire il finanziamento degli aborti reso possibile dalla riforma sanitaria di Obama.

A fronte della netta presa di posizione della Conferenza Episcopale Americana, l’amministrazione che sta alla Casa Bianca ha avviato l’antica tattica del bastone e della carota. Sono stati mandati avanti due tra quelli che si dichiarano cattolici: e cioè il vice-presidente Joe Biden e il sottosegretario alla salute Kathleen Sebelius.

Biden ha proposto che il pagamento dei servizi contraccettivi e abortivi non avvenga direttamente da parte degli istituti cattolici, ma sia a carico delle assicurazioni. Si tratta in realtà di una semplice partita di giro che non tiene peraltro conto che gli istituti cattolici spesso si servono di assicurazioni ugualmente cattoliche.

Il sottosegretario alla salute Kathleen Sebelius si dice  cattolica favorevole all’aborto, ha ricevuto finanziamenti dalla più grande organizzazione abortista d’America, la Planned Parenthood, da governatrice del Kansas pose il veto sul progetto di legge n. 389 volta a limitare gli aborti tardivi ed è stata ammonita sia dall’Arcivescovo di Kansas City Naumann che dal Cardinale Raymond Leo Burke a non ricevere la Comunione.

La Sebelius ha detto che non vi saranno altri emendamenti e la legge entrerà comunque in vigore nell’agosto 2013. Perché questa questione dovrebbe attirare la nostra attenzione?

In questa battaglia la Chiesa difende almeno tre beni preziosi: innanzitutto la libertà di vivere secondo la propria fede: la normativa obbligherebbe infatti la Chiesa americana a scegliere tra il piegarsi al principe e pagare pillole, spirali e aborti ai propri dipendenti, oppure svendere e chiudere scuole, università, asili, ospedali e tutto il corredo di attività nate dall’impegno della Chiesa e dei suoi uomini per la realizzazione di una società migliore.

Il secondo bene difeso in questa circostanza dalla Chiesa è quello della vita, aggredita dalla progettata ulteriore diffusione di strumenti intrinsecamente abortivi.

Il terzo bene che la Chiesa sta difendendo è quello della retta ragione e della vera scienza. Sembrerà incredibile al lettore, ma il rapporto dell’Institute of Medicine che è servito da base scientifica dell’Obamacare, sostiene che la contraccezione riduce le gravidanze indesiderate citando a pagina 105 la miseria di sole due pubblicazioni citate.

La prima non è neppure uno studio peer-review, ma un semplice pamphlet del Guttmacher Institute, l’ente di ricerca legato a doppio filo alla Planned Parenthood. In un paio di grafici molto riduttivi si vorrebbe attestare che grazie all’incremento della contraccezione in America e in Russia vi è una riduzione degl aborti.

Nel grafico riguardante gli USA un modesto incremento del 5% della contraccezione dovrebbe essere riuscito  a ridurre gli aborti di un terzo. In Russia invece gli aborti sembrano sì diminuire, ma solo perché il sistema di rilevamento statistico fa acqua da tutte le parti; come confermatomi anche da una collega russa durante la pausa di un convegno.  

Sembra che in Russia si possa abortire tranquillamente nelle palestre senza che l’intervento venga minimamente registrato. Peraltro la pubblicazione in questione ha come prima autrice Heather D. Boonstra, ricercatrice del Guttmacher Institute sul cui sito si legge essere la “responsabile della promozione dell’agenda dell’istituto sulla salute sessuale e riproduttiva nelle leggi e regolamenti federali”. Insomma, come dire che farsi “succhiare il sangue fa bene alla salute” sulla base del diario di Dracula.

Il secondo studio citato è firmato dal professor John Santelli, un pediatra noto per i suoi studi sui comportamenti riproduttivi dei giovani. Il prof. Santelli è uno degli esperti presentati dalla Planned Parenthood all’Alta Corte di Anchorage per bocciare l’obbligo d’informare i genitori in caso di aborto da parte del minore.

Ma la cosa ancor più stupefacente del rapporto scientifico ispiratore delle mosse dell’amministrazione americana è che esso tace una moltitudine di studi che smentiscono la tesi che si intende avallare.

Si possono citare almeno due revisioni: Inamura e collaboratori dopo avere esaminato 4444 abstract e 200 lavori per intero affermano sull’European Journal of Public Health del Dicembre 2007 che “Non esiste relazione significativa tra le gravidanze e conoscere il momento in cui va assunta la contraccezione d’emergenza, l’accesso alla contraccezione e ai servizi di salute sessuale […] 5 studi hanno esplorato la relazione tra l’accessibilità ai servizi e le gravidanze tra le adolescenti. Questi studi suggeriscono principalmente che da solo il migliore accesso può non ridurre le gravidanze delle adolescenti”.

Douglas Kirby, scrivendo proprio nel Marzo 2008 su una delle due riviste edite dal Guttmacher Institute, ha invece valutato i programmi volti ad incrementare l’uso della contraccezione tra le donne adulte, concludendo che “nessuno degli interventi ha ridotto i tassi di gravidanza”.

Se la commissione dell’Institute of Medicine nella tabella a pagina 10 raccomanda al Governo americano “ogni tipo di metodo contraccettivo approvato dalla FDA e di procedura di sterilizzazione”, risulta quantomeno strano che nell’apposita colonna non indichi alcun livello di evidenza a sostegno di tale raccomandazione.

Costringere la Chiesa a finanziare la limitazione delle nascite per tutelare la salute delle donne è quindi istanza assai propagandata, ma semplicemente non è supportata dalla scienza. Al di là dei titoli e delle fantasiose conclusioni, la corretta elaborazione degli stessi dati forniti dal Guttmacher Istitute dimostra infatti che il finanziamento dei contraccettivi per ridurre le gravidanze indesiderate e gli aborti equivale a buttare via denaro pubblico.

Ma ormai siamo in piena epoca di delirio, l’età a cui ci preparava Gilbert Keith Chersterton, quando scriveva: “fuochi verranno accesi per testimoniare che due più due fa quattro”. È confortante vedere la tenacia e la fermezza con cui la Chiesa americana sostenuta dalla Chiesa Universale sta difendendo il bene della vita e il diritto alla libertà religiosa, la determinazione a non lasciarsi isolare, ma anzi a riunire in questa lotta le chiese riformate.

A noi il compito di pregare perché la Chiesa d’America non retroceda di fronte ai lupi.

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ZENIT Staff

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