L'Istat dice che il non-profit è cresciuto del 28%

Ma non è tutto oro quello che sembra brillare

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Lo scorso 11 luglio a Roma sono stati presentati i risultati del 9° Censimento Istat su Industria e servizi, Istituzioni pubbliche e Non-Profit.

Lo studio dell’Istat documenta che il non profit è cresciuto del 28%. Ma per comprendere il reale stato di salute del non-profit in Italia, dobbiamo leggere tra le righe del Censimento.

Ma procediamo con ordine.

L’Istat ha sottolineato come il settore più dinamico dell’ultimo decennio sia stato il non-profit: le istituzioni del comparto sono aumentate del 28% e gli addetti del 39,4% con 4,7 milioni di volontari.

Molti operatori, specialisti, politici, hanno evidenziato come l’economia civile sia uno dei pochi settori economici ed occupazionali positivi in Italia.

A mio avviso, queste affermazione non sono del tutto vere.

A 12 anni dal primo censimento delle Istituzioni non-profit, non c’è da essere molto felici!

Anche il ministro per la Pubblica amministrazione, Gianpiero D’Alia, commentando i dati dell’Istat ha dichiarato: “Ci fa piacere che la realtà del non-profit abbia spazio rilevante e sia utile a tenere insieme un Paese che deve uscire, speriamo presto, dalle sue difficoltà”.

Purtroppo i dati vanno letti in maniera sinottica per comprendere i vari risvolti.

Il ministro si è detto contento perchè il settore del non profit è in crescita di fatturato e occupazione.

Da una attenta lettura pero’ vediamo che se, da una parte, diminuisce l’occupazione dipendente nell’istruzione e nella sanità e assistenza sociale pubblica (rispettivamente -10,3% e -8,6%), dall’altra aumenta contestualmente nelle stesse attività economiche il numero degli addetti nel non profit (+78mila nell’istruzione, +123mila nella sanità e assistenza sociale) e nelle imprese (rispettivamente +13mila e +148mila). Una conferma del progressivo ampliamento dei servizi di mercato al mondo d non profit, sottolinea l’Istat.

Questo dato va letto sotto due aspetti: sicuramente positivo è il dimagrimento della macchina pubblica con tutte le sue inefficienze che spesso alimenta corruzione e clientelismo e costi fuori controllo.

Pertanto che la macchina pubblica debba dimagrire, è cosa scontata, se vogliamo rispondere davvero ai bisogni dei portatori dei bisogni e non a quello delle lobby di politici e di interessi alimentando inoltre il debito pubblico, scaricandolo sulle generazioni future.

L’aspetto negativo: affermare che i dati Istat, testimoniano la crescita dell’economia civile e della sussidiarietà negli ultimi anni, mi sembra un’operazione strumentale.

Mi domando di quale economia civile e sussidiarietà stiamo parlando?

Leggendo i numeri, come detto in maniera sinottica, emerge chiaramente che ci troviamo di fronte a semplici politiche di esternalizzazione anche brutali dei servizi di pubblica utilità. Eccone alcuni le prove:

i numeri, come abbiamo dimostrato sopra, segnalano che alla decrescita dell’occupazione dal pubblico (nel sociale in generale) aumenta il numero degli addetti (negli stessi settori) nel privato sociale e nel for-profit puro.

Si deve parlare di esternalizzazione brutale, perché queste politiche, non sono accompagnata da co-progettazione tra pubblico e mondo dell’economia civile.

I servizi sociali vengono assegnati con la sola logica del massimo ribasso a spese dei portatori di bisogno, dei lavoratori del non-profit e delle stesse imprese.

Si deve parlare di esternalizzazioni brutali, quando queste scelte politiche vengono prese senza nessuna sperimentazione e programmazione; stesso discorso riguarda la mancanza di investimenti per far crescere le imprese del non-profit (anzi, il settore vanta crediti dalla PA per circa 7 miliardi!); i finanziamenti pubblici negli ultimi  6 anni, si sono ridotti del 78%.

Improvvisazione:

– il 5 per mille la forma più elevata di sussidiarietà in due anni ha subito un taglio di euro 172 milioni (si tratta di tagli che incidono sulla coesione e sull’innovazione sociale);

– negli ultimi 10 anni, l’unica innovazione giuridica che è stata fatta, è una legge sull’impresa sociale che ci taglierà fuori dai fondi europei per l’imprenditoria sociale;

– manca una razionalizzazione di dottrina giuridica: si pensi che l’architrave è ancora il codice civile che risale 1942 e che non vede altro che Stato e mercato e non conosce i corpi intermedi.

La lista delle disfunzioni potrebbe continuare, ma mi fermo qui per non annoiare.

Credo di aver offerto riflessioni sufficienti per poter dire che c’è poco da festeggiare per il mondo del non profit.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Carmine Tabarro

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione