L'invito

di monsignor Orani João Tempesta*

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RIO DE JANEIRO, martedì, 11 ottobre 2011 (ZENIT.org).- In questo fine settimana, la Parola di Dio ci ha invitati a riflettere sulla nostra volontà di far parte del “banchetto” della parabola che Gesù racconta paragonando il Regno dei Cieli alla storia del re che ha preparato la festa di nozze del figlio. E’ stato letto anche il testo di Isaia, che annuncia: “Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli (…) un banchetto”, “eliminerà la morte per sempre”, “asciugherà le lacrime su ogni volto”.

Gesù racconta la parabola delle nozze: un invito alla gioia e alla vita di Dio, che è l’amore e, quindi, comunione. La constatazione, però, è che i destinatari dell’invito lo rifiutano, per camminare in vie diverse da quelle stabilite da Dio, ciascuno adducendo una scusa. Nel frattempo, non per questo il banchetto viene cancellato, sarà sempre lì per celebrare il matrimonio mistico, destinato a durare per sempre, tra l’uomo che ascolta l’invito alla salvezza e il suo Creatore.

In seguito, dice la parabola, il re ordina ai suoi servi di andare a ogni angolo e strada della città per invitare alla festa chi incontreranno: “Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete chiamateli alle nozze”.

Cristo ci dice che Dio ha dato al popolo eletto, come primo destinatario, il dono della comunione e della salvezza attraverso l’invio del Figlio, Gesù di Nazareth, che essi hanno ignorato, respinto e condannato, e da allora quella stessa salvezza è offerta, di nuovo, a tutti gli altri uomini, qualunque sia la loro cultura e la condizione sociale alla quale appartengono: siano essi ricchi o poveri, in particolare gli ultimi, gli emarginati, perché nessuno è escluso dall’amore di Dio, tranne quelli che rifiutano questo amore.

E’ ciò che leggiamo alla fine della parabola, quando si dice che la sala era piena per la presenza di tutti coloro che hanno accettato l’invito, ma tra loro c’era una persona sprovvista di “abito nuziale” o vestito della festa, condizione essenziale per prendere parte al banchetto.

E’ un simbolismo chiaro, che rappresenta il segno di una disposizione interiore alla comunione con Dio – accettando di far parte del Regno.

Viviamo in un mondo diviso, in cui esistono dispute, malvagità, violenze, rancori, vendette, corruzione, falsità, incoerenze, omissioni che rendono infelice la relazione umana e la persona stessa. Nulla, però, è impossibile a Dio! Ecco che Egli esorta, nel suo dialogo con noi, proponendo un banchetto pieno di vivande per tutti i popoli. Egli lacera il velo che copre il nostro volto e non permette di vedere e portare nella realtà pratica la vera comunione. Egli asciugherà le nostre lacrime e farà scomparire la condizione di disgrazia del suo popolo. Possiamo quindi anche noi esplodere nella gioia più piena e intensa: “Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poiché la mano del Signore si poserà su questo monte”.

San Paolo, nella seconda lettura di questa domenica, gioisce perché i suoi fratelli hanno preso parte alle sue difficoltà per ottenere un segno concreto del suo amore, e promette loro una ricompensa non umana. “Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù. Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen”.

L’invito del Vangelo al banchetto è di natura escatologica, cioè riguarda la fine dei tempi. Si rappresentano le nozze nel regno di Dio e l’obiettivo finale, con il premio che ci attende. Abbiamo ancora scuse per non partecipare alle nozze? Le questioni del mondo devono ancora prevalere sulle cose di Dio? O aspettiamo di entrare senza l’abito nuziale? Ciascuno di noi è chiamato a dare la propria risposta con il cuore aperto all’esperienza di accogliere l’invito che è rivolto a tutti noi. E lì ci rallegreremo ed esulteremo per la sua salvezza, e saremo tra quanti, oltre che chiamati, sono anche stati scelti.

(…) La vita e i suoi ritmi frenetici a volte diventano cospirazioni tra noi e ci distraggono dai veri beni, illudendoci con la transitorietà dei beni del tempo presente. L’invito al “banchetto” e a indossare l’abito della festa continuerà sempre ad echeggiare per tutti coloro che vedranno questo segno sul monte. Il Cristo che ci accoglie, dal Corcovado [il monte su cui si erge la statua di Cristo che domina la città di Rio de Janeiro, ndt.], ci chiama a cercare i beni eterni e a non illuderci con il possesso, il potere, il piacere e la gloria transitoria del mondo. Cerchiamo ciò che è fondamentale e lasciamo che Cristo sia il Redentore della nostra vita!

* Monsignor Orani João Tempesta è Arcivescovo di Rio de Janeiro (Brasile)

[Traduzione dal portoghese di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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