L'intero patrimonio della Faac alla diocesi di Bologna

Le disposizioni testamentarie del presidente dell’azienda, famosa per la produzione di cancelli automatici

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di Salvatore Cernuzio

ROMA, domenica, 1° aprile 2012 (ZENIT.org) – La Chiesa diocesana di Bologna è “vivamente riconoscente a Michelangelo Manini – presidente della Faac – che ha voluto lasciarla erede di tutti i suoi beni” secondo le disposizioni dello stesso imprenditore nel testamento aperto giovedì 29 marzo.

Il proprietario dell’azienda bolognese – scomparso a soli 50 anni, il 17 marzo scorso, dopo una lunga malattia – ha deciso, infatti, di lasciare alla diocesi felsinea tutto il suo patrimonio, comprese le quote di controllo dell’azienda, vero e proprio colosso in tutto il mondo nella produzione dei cancelli automatici.

Giovedì mattina l’apertura del testamento dell’imprenditore scomparso contenente la considerevole eredità. Il documento sarebbe stato redatto dallo stesso Manini venti anni fa, precisamente nel 1992, e mai revocato o modificato; testimonianza, quindi, di una scelta ben ponderata e ben maturata.

La notizia è stata accolta con grande sorpresa, dato che fino a ieri il nome di Manini non risultava nell’elenco dei benefattori della Chiesa.Ma per l’Arcidiocesi di Bologna la sorpresa più grande è stata sicuramente apprendere di aver ricevuto in eredità un’azienda che ha chiuso il 2011 con un fatturato di 214 milioni di euro e può contare su 12 stabilimenti in Europa e 24 filiali commerciali.

La Faac, creata dall’intuizione del padre Giuseppe Manini nel 1965, vanta, infatti, oltre mille dipendenti e una notorietà a livello planetario, anche grazie a un celebre spot pubblicitario di fine Anni ’80 in cui una Ferrari sfrecciava nel deserto e apriva, a distanza, quasi per magia, un cancello guardato a vista da un leone. Da poco essa ha acquisito anche una società svizzera, trasferendone la produzione nello stabilmento di Zola Predosa.

Un’eredità impegnativa: la decisione, infatti, è destinata ad avere comunque degli effetti sull’assetto dell’azienda bolognese. Manini, infatti, non si occupava in prima persona della gestione, che aveva delegato al management; i dirigenti, quindi, dovranno ora misurarsi con una proprietà totalmente diversa da quella che ha caratterizzato la vita dell’azienda fino a qualche settimana fa.

L’Arcidiocesi di Bologna ha espresso la propria gratitudine per il nobile gesto con una nota, emessa sabato 31 marzo, in cui si legge: “Nel rigoroso rispetto delle leggi dello Stato, la Chiesa di Bologna utilizzerà quei beni, così provvidenzialmente pervenutile, conformemente  alle indicazioni della dottrina Sociale della Chiesa, alle norme del Diritto canonico, alla prassi plurisecolare della sollecitudine verso le necessità della comunità umana, secondo il comandamento evangelico della carità”. 

La Curia avrebbe, inoltre, già provveduto a nominare un proprio delegato all’interno del consiglio di amministrazione: l’avvocato Andrea Moschetti, stretto collaboratore dell’economo dell’Arcidiocesi, monsignor Gian Luigi Nuvoli. «E’ la prima volta che una diocesi diventa proprietaria di una multinazionale – ha dichiarato Moschetti – ma l’intenzione è quella di andare avanti nella direzione tracciata da Michelangelo Manini».

La scomparsa del numero uno della Faac ha lasciato il segno anche nel tessuto di Zola Predosa, quartier generale dell’azienda sin dal 1979, ovvero l’anno in cui iniziò anche la costituzione di consociate all’estero, la prima delle quali in Svizzera. Nelle ore successive all’addio del proprietario della Faac, il sindaco della cittadina bolognese, Stefano Fiorini, non aveva nascosto il cordoglio e il rammarico, personale e dell’intera comunità, per la sua morte.

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ZENIT Staff

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