L'Imperatore che diede per primo libertà ai cristiani

Ricerche e studi presentati al Convegno internazionale “Costantino il Grande. Alle radici dell’Europa”

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di Antonio Gaspari

ROMA, martedì, 24 aprile 2012 (ZENIT.org).- Costantino è una figura leggendaria, caro a cattolici e cristiani. fondatore di Costantinopoli fu promotore della edificazione di tante chiese importanti, tra cui il complesso basilicale del Santo Sepolcro, a Gerusalemme e la primordiale basilica di San Giovanni in Laterano a Roma

E’ venerato come un santo dagli orientali e ricordato come colui che permise ai cristiani perseguitati di diventare la religione dell’impero.

Diversi e articolati gli interventi che si sono succeduti al convegno internazionale “Costantino il grande. Alle radici dell’Europa”, che si è svolto a Roma dal 18 al 21 aprile.

Poco si sa sulla educazione e formazione del giovane Costantino.

La professoressa Elizabeth DePalma del Dipartimento di Storia dell’Università di Santa Barbara in California ha spiegato che cosa avesse fatto in gioventù Costantino è sconosciuto. Secondo la biografia Origo Constantini Imperatoris (scritta da un autore anonimo attorno all’anno 390), egli fu educato alle lettere e passò il suo tempo nelle corti di Diocleziano e Galerio, imparando l’arte della guerra da suo padre Flavio Valerio Costanzo, meglio noto come Costanzo Cloro imperatore romano nel (305-306) e durante le battaglie in Asia.

Altre fonti parlano dell’influenza dello scrittore, retore e apologeta cristiano Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio, che si trovava nella corte di Diocleziano.

Non ci sono evidenze che indicano che Lattanzio fu il maestro di Costantino nella corte di Diocleziano, è però certo che dal 310 Lattanzio era con Costantino a Treviri come tutor di suo figlio.

Marco Rizzi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ha cercato di capire e illustrare “L’atteggiamento dei cristiani verso il potere e l’impero prima di Costantino”.

Secondo l’insegnamento di San Paolo i cristiani si comportavano come bravi cittadini, rispettavano le leggi dell’impero e pagavano le tasse.

Nel tredicesimo capitolo della Lettera ai Romani San Paolo ha scritto “rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse, le tasse; a chi il timore il timore; a chi l’onore, l’onore”.

Rizzi ha spiegato che “Questa linea di pensiero, che imposta l’atteggiamento cristiano verso il potere attorno all’idea della sottomissione e del lealismo testimoniati dalla preghiera, si snoda senza soluzione di continuità dalla fine del primo secolo sino alla metà del terzo secolo”.

“Anche nel contesto del dibattito che travagliava le chiese sull’atteggiamento da assumere nei periodi di persecuzione, – ha aggiunto il prof. Rizzi – gli insegnamenti dell’epoca non esitavano ad affermare, secondo l’insegnamento Paolino, il dovere dei cristiani di restare sottomessi pure ad un sovrano ingiusto e persecutore, che comunque dovrà rendere conto di sé a Dio nel momento del giudizio”

Per Origene il potere politico viene esercitato nell’ambito di quella dimensione terrena che il cristiano è chiamato a trascendere per attingere già in questa vita alla vera realtà spirituale.

Questo atteggiamento favorì moltissimo l’ingresso dei cristani nella corte imperiale. Tale lealtà era così stimata che Costantino proclamerà il protettorato dei cristiani residenti al di fuori dei suoi diretti dominii all’indomani dell’accesso al potere anche nellapars orientisdell’impero.

Già prima dell’editto di Milano (313) ci fu l’editto di Serdica del 311, in cui l’autorità romana, nella persona di Galerio, accettettò le preghiere dei cristiani, inserendole, nel tradizionale schema teologico-politico romano della pax deorum: “in conformità a quanto da noi disposto, i cristiani sono tenuti a pregare il loro Dio per la salvezza nostra, della respublicae di loro stessi, affinché in ogni modo la respublica si confermi integra ed essi possano vivere sereni nelle loro case”.

Circa il ruolo positivo di questo atteggiamento cristiano è confermato da Sant’Ireneo di Lione, il quale affermò che “il mondo è in pace grazie ai Romani, così che noi possiamo viaggiare senza paura, per terra e per mare, ovunque vogliamo” e – ha sottolineato il prof. Rizzi – “proprio grazie a ciò diffondere il Vangelo, come era accaduto nel suo caso, che lo aveva visto muovere dall’Asia a Roma, alle Gallie”.

Il docente della Cattolica ha concluso affermando che “Bisognerà attendere Agostino e la sua Città di Dio perché si sciolga, almeno in occidente, il nodo così venutosi a stringere tra il cristianesimo e Roma, mentre l’impero secolare di quest’ultima viene derubricato a semplice tappa, forse neppure la più importante, di un disegno provvidenziale e di una storia umana destinati entrambi a proseguire ben oltre il suo tramonto”.

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ZENIT Staff

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