L’etica del futuro nell’Enciclica Laudato Si’ (Quarta parte)

Il creato è nelle mani di Dio

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L’io umano ha preso il posto di Dio e decide lui ciò che è bene e ciò che è male. L’essere umano non riconosce quindi i suoi limiti e pensa di poter dominare tutto, non rispettando, ma nuocendo alla società e all’ambiente. Questa antropologia prometeica nega ogni valore alla virtù dell’umiltà, la quale è paragonata da San Tommaso d’Aquino al fondamento di una casa, le cui pareti sono costituite dalle virtù cardinali (prudenza, fortezza, giustizia, temperanza) e il tetto dalle virtù teologali (fede, speranza, carità).

Scrive Francesco: “La sobrietà e l’umiltà non hanno goduto nell’ultimo secolo di una positiva considerazione. Quando però si indebolisce in modo generalizzato l’esercizio di qualche virtù nella vita personale e sociale, ciò finisce col provocare molteplici squilibri, anche ambientali. Per questo non basta più parlare solo dell’integrità degli ecosistemi. Bisogna avere il coraggio di parlare dell’integrità della vita umana, della necessità di promuovere e di coniugare tutti i grandi valori. La scomparsa dell’umiltà, in un essere umano eccessivamente entusiasmato dalla possibilità di dominare tutto senza alcun limite, può solo finire col nuocere alla società e all’ambiente. Non è facile maturare questa sana umiltà e una felice sobrietà se diventiamo autonomi, se escludiamo dalla nostra vita Dio e il nostro io ne occupa il posto, se crediamo che sia la nostra soggettività a determinare ciò che è bene e ciò che è male” [1].

Il mondo ha inscritto in se stesso delle leggi che gli conferiscono un ordine che l’uomo non può misconoscere. È necessario “[…] riconoscere – scrive il Papa – che Dio ha creato il mondo inscrivendo in esso un ordine e un dinamismo che l’essere umano non ha il diritto di ignorare. […]”[2]. Dio ha creato il mondo e lo mantiene continuamente nell’essere, altrimenti sprofonderebbe nel nulla. Il concetto di creazione non è accettato in tutte le culture, infatti è presente soltanto nella rivelazione giudaico-cristiana; infatti la speculazione filosofica greca e tutte le religioni affermano l’eternità della materia.

Il concetto di creazione è esplicitamente espresso nei primi versetti del Genesi “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Gn 1,1) e affermato sul piano razionale-filosofico da San Tommaso non soltanto con l’esposizione delle famose cinque vie, ma anche con dimostrazioni di carattere ontologico: argomento della differenza ontologica, della partecipazione ente-Essere, della gradazione della perfezione dell’essere negli enti.

I cristiani, illuminati dalla fede, sanno che il cosmo è creato da Dio e che quindi in esso sono presenti i segni della potenza, della sapienza, della bellezza del Creatore e hanno quindi il dovere di custodirlo con amore, per cui, afferma Francesco: “[…] vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana”[3].

La cura della natura e dei suoi abitanti è compito non soltanto dei cristiani, ma anche degli appartenenti delle religioni, dal momento che, scrive il Papa, “la maggior parte degli abitanti del pianeta si dichiarano credenti, e questo dovrebbe spingere le religioni ad entrare in un dialogo tra loro orientato alla cura della natura, alla difesa dei poveri, alla costruzione di una rete di rispetto e di fraternità. […]”[4].

Questo dialogo dovrebbe attuarsi anche tra le scienze, le quali tendono a specializzarsi in settori specifici, rischiando di perdere, per quanto riguarda lo studio dell’ambiente, la visione di insieme. Scrive in proposito: “È indispensabile anche un dialogo tra le stesse scienze, dato che ognuna è solita chiudersi nei limiti del proprio linguaggio, e la specializzazione tende a diventare isolamento e assolutizzazione del proprio sapere. Questo impedisce di affrontare in modo adeguato i problemi dell’ambiente”[5].

Il Pontefice riconosce il ruolo insostituibile della scienza e della tecnica per l’analisi dell’ambiente e per la possibilità che esse offrono di migliorare la qualità della vita dell’umanità. Afferma in proposito: “La tecnoscienza, ben orientata, è in grado non solo di produrre cose realmente preziose per migliorare la qualità della vita dell’essere umano, a partire dagli oggetti di uso domestico fino ai grandi mezzi di trasporto, ai ponti, agli edifici, agli spazi pubblici. È anche capace di produrre il bello e di far compiere all’essere umano, immerso nel mondo materiale, il “salto” nell’ambito della bellezza. […]”[6].

Francesco mette però in guardia tutti coloro che assolutizzino il valore conoscitivo delle scienze della natura, non riconoscendo i limiti metodologici del sapere scientifico e pretendendo che quest’ultimo possa comprendere il senso profondo della realtà. Scrive: “Non si può sostenere che le scienze empiriche spieghino completamente la vita, l’intima essenza di tutte le creature e l’insieme della realtà. Questo vorrebbe dire superare indebitamente i loro limitati confini metodologici. Se si riflette con questo quadro ristretto, spariscono la sensibilità estetica, la poesia, e persino la capacità della ragione di cogliere il senso e la finalità delle cose. […]”[7].

Il senso e la finalità delle cose sono colti dalla fede, la quale è “la luce incarnata, che procede dalla vita luminosa di Gesù”[8]. La luce della fede è un dono soprannaturale che proviene da Dio e, come tale, può illuminare la mente dello scienziato e gli può aprire orizzonti di ricerca inesplorati, facendogli comprendere che il mistero del creato non può mai essere racchiuso in un insieme di formule scientifiche.

Afferma in proposito il Papa, citando la Lumen Fidei: “[…] Lo sguardo della scienza riceve così un beneficio dalla fede: questa invita lo scienziato a rimanere aperto alla realtà, in tutta la sua ricchezza inesauribile. La fede risveglia il senso critico, in quanto impedisce alla ricerca di essere soddisfatta nelle sue formule e la aiuta a capire che la natura è sempre più grande. Invitando alla meraviglia davanti al mistero del creato, la fede allarga gli orizzonti della ragione per illuminare meglio il mondo che si schiude agli studi della scienza”[9]. Il cristiano sa che “[…] il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode”[10]

Il credente sa anche, e soprattutto, che l’intero creato è nelle mani della Santa Trinità ed è invitato a pregare il Creatore con la preghiera composta dal Vicario di Cristo, al termine dell’enciclica:

“Signore Dio, Uno e Trino,
comunità stupenda di amore infinito,
insegnaci a contemplarti
nella bellezza dell’universo,
dove tutto ci parla di te.
Risveglia la nostra lode e la nostra gratitudine
per ogni essere che hai creato.
Donaci la grazia di sentirci intimamente uniti
con tutto ciò che esiste.
Dio d’amore, mostraci il nostro posto in questo mondo
come strumenti del tuo affetto
per tutti gli esseri di questa terra,
perché nemmeno uno di essi è dimenticato da te.
Illumina i padroni del pot
ere e del denaro
perché non cadano nel peccato dell’indifferenza,
amino il bene comune, promuovano i deboli,
e abbiano cura di questo mondo che abitiamo.
I poveri e la terra stanno gridando:
Signore, prendi noi col tuo potere e la tua luce,
per proteggere ogni vita,
per preparare un futuro migliore,
affinché venga il tuo Regno 
di giustizia, di pace, di amore e di bellezza.
Laudato si’!
Amen”.

[Per leggere la terza parte cliccare qui]

*

NOTE

[1] Ibidem, n. 224.

[2] Ibidem, n. 221. Il corsivo è mio.

[3] Ibidem, n. 217.

[4] Ibidem, n. 201.

[5] Ibidem.

[6] Ibidem, n. 103.

[7] Ibidem, n. 199.

[8] Ibidem. Nota 16.

[9] Ibidem.

[10] Ibidem, n. 12.

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Maurizio Moscone

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