L'essere umano è semplicemente un animale più sviluppato di una scimmia?

Chi è l’uomo? La questione antropologica secondo Maurizio Moscone [I/IV]

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di Maurizio Moscone

ROMA, sabato, 22 settembre 2012 (ZENIT.org). Ha ancora senso oggi porsi la domanda circa l’essere dell’uomo? Oppure è un quesito obsoleto che la cultura occidentale espunge dal suo lessico corrente, concordando sostanzialmente con la sentenza di Nietzsche, secondo cui l’uomo è il suo corpo? Così scrive il filosofo in Così parlò Zarathustra: “L’uomo desto e cosciente dice: Io sono corpo e null’altro all’infuori di ciò, e l’anima è solo una parola per qualche cosa di corpo”.(1)

“L’uomo è il suo corpo”, proclama Nietzsche, e così ripete una lunga schiera di filosofi che influenza la cultura odierna più di quanto comunemente si creda.

L’uomo, questo corpo vivente più intelligente di una scimmia ma ad essa identico in quanto realtà puramente materiale, sarebbe, secondo Monod, un incidente di percorso nella storia dell’evoluzione biologica (2), il frutto del puro caso, essendo la vita umana l’effetto fortuito di un gioco casuale, come è casuale la combinazione dei numeri alla roulette. Scrive il biologo: “L’universo non stava per partorire la vita né la biosfera l’uomo. Il nostro numero è uscito alla roulette: perché dunque non dovremmo avvertire l’eccezionalità della nostra condizione, proprio allo stesso modo di colui che ha appena vinto un miliardo?”(3).

L’uomo, gettato nel cieco gioco dell’esistenza(4), si sente un ente tra gli enti, una “cosa” tra le tante; “sa finalmente – afferma Monod – di essere solo nell’immensità dell’Universo da cui è emerso per caso”(5) e non avverte alcuna differenza qualitativa tra sé e gli animali, con i quali si sente tanto affine che viene auspicata, da zoologi e biologi americani, una legislazione che riconosca gli stessi diritti per gli esseri umani e alcuni primati come i gorilla, gli scimpanzé e gli oranghi.

Il movimento animalista si afferma sempre di più in Occidente, come testimonia anche il successo, soprattutto nei paesi anglosassoni, del volume Il Progetto Grande Scimmia. Eguaglianza oltre i confini della specie umana, nel quale viene proposta una carta dei diritti dei primati e sostenuta l’identità ontologica tra scimmie e uomini. I curatori e gli autori del libro sopra menzionato, che dedica la sezione quinta alle “scimmie come persone”(6), hanno sottoscritto una “Dichiarazione sui grandi antropoidi”(7) nella quale viene richiesta, “per tutti i grandi antropoidi”, la tutela del “diritto alla vita” e della “protezione della libertà individuale”(8). E’ scritto nella dichiarazione: “Noi richiediamo che la comunità degli eguali venga estesa fino a includere tutti i grandi antropoidi: esseri umani, scimpanzé, gorilla e oranghi.

«La comunità degli eguali» è la comunità morale all’interno della quale noi accettiamo che certi principi o diritti morali fondamentali governino le nostre relazioni reciproche e siano tutelabili giuridicamente”(9).

Singer, uno dei massimi teorici dell’animalismo, afferma in un’intervista: “Scimpanzé, gorilla e oranghi hanno una complessa e ricca vita emozionale; sviluppano strette e durature relazioni inter-individuali, hanno una memoria di lungo periodo e sono autoconsapevoli; possono risolvere problemi molto complessi, che chiaramente richiedono riflessione; e possono soffrire sia fisicamente che psicologicamente. In una parola, sono persone“(10).

Se, come scrive Corbey, “l’idea tradizionale di una nostra esclusiva dignità – in quanto unici esseri creati da Dio a sua immagine – ha decisamente perso terreno”(11) e l’essere umano è soltanto un animale più evoluto degli altri sul piano bio-psichico, ha veramente senso la battaglia ideale che alcuni uomini intraprendono oggi per difendere la vita umana dal concepimento alla morte? Oppure tale battaglia è il retaggio di una visione del mondo arcaica, che considera il cosmo come una creazione divina di carattere gerarchico al cui apice sarebbe posto l’essere umano, la cui vita sarebbe sacra per la presenza in lui di un soffio di Dio? E si può ancora oggi, alle soglie del terzo millennio, parlare di Dio? Questo termine non è forse il retaggio di un passato che si perde nella notte dei tempi, usato da alcune filosofie e religioni antiche per designare i sogni e le fantasie di un’umanità ancora infantile e insicura che non possedeva le scienze e le tecniche odierne per conoscere, controllare e dominare la natura?

*

NOTE

1) F.NIETZSCHE, Così parlò Zarathustra, Presentazione di R.Cantoni, Mursia, Milano 1965, p.37.

2) Scrive Monod: “soltanto il caso è all’origine di ogni novità, di ogni creazione nella biosfera. Il caso puro, il solo caso, libertà assoluta ma cieca, alla radice stessa del prodigioso edificio dell’evoluzione”(J.MONOD, Il caso e la necessità. Saggio sulla filosofia naturale della biologia contemporanea, Mondadori, Milano 1979, III ed., p.113. Il corsivo è nel testo. Così anche in seguito, salvo diversa indicazione).

3) Ibidem, pp.141-142.

4) Scrive Monod: “Da un gioco completamente cieco tutto per definizione può derivare” (ibidem, p.100).

5) Ibidem, p.172.

6) Cfr. P.CAVALIERI, P.SINGER (a cura di), Il progetto grande scimmia. Eguaglianza oltre i confini della specie umana, Theoria, Roma-Napoli 1994, pp.273-331.

7) Cfr. ibidem, pp.7-10.

8) Cfr. ibidem.

9) Ibidem, p.7. Riguardo al diritto alla vita, Miller scrive: “Uccidere uno scimpanzé, un gorilla o un orango deve essere considerato un omicidio esattamente come e quando viene considerata tale l’uccisione di un umano”(ibidem, p.282).

I curatori del libro, Cavalieri e Singer, auspicano che venga istituito un organismo internazionale “in grado di svolgere il complesso compito di vigilare sull’implementazione di una dichiarazione dei diritti dei grandi antropoidi – dovunque possano trovarsi.

La creazione di tale organismo internazionale per l’estensione della cittadinanza morale a tutti i grandi antropoidi non sarà un’impresa facile. Se portata a termine, essa avrà un immediato valore pratico per gli scimpanzé, i gorilla e gli oranghi in tutto il mondo. Forse ancora più grande sarà tuttavia il suo valore in quanto concretamente simbolo del primo varco nella barriera di specie”(ibidem, p.372).

10) P.SINGER, Le loro emozioni, i nostri sentimenti, Intervista di L.Adami, in “Unità”, 25/11/1994, Cultura e Società, p.3. Il corsivo è mio.

Considerazioni analoghe troviamo anche nella sezione sedicesima del Trattato sulla natura umana di Hume, il quale, come è noto, svegliò Kant dal “sonno dogmatico”. Scrive l’empirista inglese: “E’ ridicolo negare una verità evidente, così come affaticarsi troppo a difenderla. Nessuna verità sembra a me più evidente di quella che le bestie sono dotate di pensiero e di ragione al pari degli uomini: gli argomenti sono a questo proposito così chiari, che non sfuggono neppure agli stupidi e agli ignoranti” (D.HUME, Trattato sulla natura umana, in S.ZAGHI (a cura di), Il “Trattato sulla natura umana” di Hume e il problema della causalità nel XVII e XVIII secolo, Paravia, Torino 1994, pp.188-189).

11) R.CORBEY, Ambigue scimmie, in P.CAVALIERI, P.SINGER (a cura di), Il progetto grande scimmia. Eguaglianza oltre i confini della specie umana, cit., p.158.

In Spagna è stato presentato un progetto di legge, ispirato al pensiero di Singer (consigliere di Zapatero), con il quale si intendeva estendere i diritti della persone umane alle scimmie. La caduta del Governo ha evitato la possibile approvazione.

[La seconda parte verrà pubblicata sabato 29 settembre]

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ZENIT Staff

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