L'esperienza della diffusione della fede nel Cammino Neocatecumenale (Terza e ultima parte)

L’intervento di don Ezechiele Pasotti al convegno internazionale “La primavera della Chiesa e l’azione dello Spirito”

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Pubblichiamo di seguito la terza e ultima parte dell’intervento diDon Ezechiele Pasotti, Prefetto agli Studi al Seminario Diocesano Missionario “Redemptoris Mater” di Roma, al convegno internazionale “La primavera della Chiesa e l’azione dello Spirito”, svoltosi la scorsa settimana a Roma presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.  

***

Nella comunità cristiana trova uno spazio suo, un sostegno particolare, la famiglia, oggi così aggredita, così disgregata. Giorno dopo giorno, sottola Paroladi Dio, può imparare il perdono reciproco, e dal perdono farsi dono dell’uno all’altra… Nasce la gioia del dare la vita, di essere aperti alla vita. Nasce la gioia di trasmettere ai propri figli il dono della fede, come il dono più importante ricevuto da Dio. E dalla famiglia risanata, aperta ai figli, nascono le vocazioni. Per questo il CN si sta mostrando ricco di vocazioni.

A sostegno dei giovani, oggi così delittuosamente attaccati, sono nate dal Cammino alcune esperienze che stanno dando numerosi frutti:

– La preghiera in famiglia: la domenica mattina vede tutta la famiglia – genitori, figli e nonni – raccolta nella preghiera delle Lodi, come un tempo offerto ai genitori per poter trasmettere in modo diretto, semplice, esistenziale la loro fede ai figli, ascoltando le difficoltà che essi hanno in casa e nella scuola e coinvolgendoli nell’incontro esistenziale con Dio.

– La scrutatio mensile della Parola di Dio, in cui – insieme all’incontro con il Signore, in un clima di gioiosa comunione – si viene introdotti poco a poco nei temi morali del Catechismo della Chiesa Cattolica.

– L’esperienza del post-cresima: si basa su alcune intuizioni che Kiko Argüello ha avuto per l’educazione alla fede dei ragazzi che vivono il passaggio dall’adolescenza alla giovinezza e interessa l’età compresa fra i dodici-tredici e i diciotto-diciannove  anni, ovvero un percorso di sei anni. A piccoli gruppi (circa 8 ragazzi/ragazze), accolti nella casa di una famiglia, che fa le veci dei padrini, con un ritmo equilibrato di parola, catechesi, esperienze, liturgie, si accompagnano questi giovani subito dopo la cresima, verso la maturità, verso una catechesi per adulti. E i risultati sono davvero sorprendenti. La percentuale di continuità dopo la Cresima, ad es., si attesta mediamente oltre l’80% di coloro che vi partecipano.

Ma dentro la stessa comunità cristiana si mette in moto una fucina di evangelizzazione. Sono sorti così diversi carismi a servizio della evangelizzazione: oltre ai catechisti, diciamo così, locali (che fanno catechesi nella propria parrocchia o in parrocchie vicine) sono sorti itineranti (cioè catechisti che si offrono per portare l’evangelizzazione in tutto il mondo), famiglie in missione, «missio ad gentes» e «communitates in missionem». Presento brevemente queste due realtà:

– La “missio ad gentes”: Come nasce e cos’è la «missio ad gentes»? Si parte sempre da fatti concreti, non da progetti nati a tavolino… Alcuni Vescovi (cito le prime diocesi che sono state coinvolte: Colonia, Chemnitz, Amsterdam, Avignone, Tolone…), davanti ad agglomerati urbani nuovi, dove interi complessi di anche 50 mila persone nascono in pochi mesi e non hanno – spesso neppure vogliono – alcuna presenza, alcun segno di presenza cristiana o religiosa, o davanti ad intere aree cittadine, dove la parrocchia non è in grado di farsi presenza di Dio (per diversi fatti che sarebbe interessante approfondire, ma in un altro contesto)…, questi Vescovi che erano e sono testimoni dell’opera preziosa delle famiglie in missione, con i loro numerosi figli, hanno chiesto agli Iniziatori del Cammino di aiutarli in qualche modo, coinvolgendo proprio queste stesse famiglie, spesso con figli già grandi, ma molto uniti alla missione dei genitori. Kiko e Carmen, insieme al P. Mario, hanno pensato di rispondere a queste richieste inviando proprio “una comunità cristiana” dentro questi agglomerati: tre o quattro famiglie, ognuna con una decina di figli, un presbitero, con alcune sorelle in aiuto alle famiglie e qualche fratello, si trasferiscono liberamente – senza nessun «impegno» o «voto» religioso – in questi quartieri, trovano case dove vivere e cercano un lavoro per sostenersi economicamente. Si affittano delle sale per potersi riunire, con un’attenzione particolare all’estetica: debbono essere degne della comunità cristiana che celebra i misteri e che accoglie coloro che vengono a cercare Dio: poveri e piccoli, soli, persone distrutte dall’alcol o dal peccato… Anche qui è molto interessante notare che il punto di partenza non è un «tempio», una chiesa o uno spazio religioso, ma la comunità cristiana, il Corpo vivo di Gesù Cristo, aprendo così una mediazione importantissima soprattutto con i più lontani, con coloro che, per la propria storia di allontanamento dalla Chiesa, per lo scandalo che portano in sé contro la Chiesa, per il loro essere «gentili», o per altre ragioni, mai si avvicinerebbero ad un edificio sacro o a dei sacerdoti. Una comunità cristiana, uomini e donne come loro, può diventare quel « cortile dei gentili », quel naturale « cortile di passaggio » per entrare nel tempio di cui ha parlato il Papa Benedetto XVI.[1] I figli, nelle diverse scuole, sono i primi evangelizzatori presso i loro compagni di scuola e la famiglia accoglie spesso questi giovani per un incontro o per una cena; la domenica pomeriggio per le strade, con chitarre e canti, a dire la propria gioia cristiana ; incontri con i vicini di casa…, ogni occasione è buona per parlare di Cristo, per annunciare la vittoria sopra la solitudine e la morte: senza nessuno spirito di proselitismo.

– Le “Communitates in missionem”: Di cosa si tratta? Semplice. Non va in missione solo qualche famgilia della comunità con i figli o un gruppo di famiglie, come nella missio ad gentes, ma tutta la comunità, cioè tutto quel gruppo di fratelli e sorelle che insieme hanno percorso durante numerosi anni le tappe del cammino di iniziazione. Nell’annuncio di Avvento del 2008 (un incontro che Kiko, e poi tutti gli altri catechisti, ha con le proprie comunità per prepararle all’Avvento e al Natale), Kiko ha precisato il senso di questa missione:

“Il Cammino finisce annunziando il Vangelo per il mondo. Una delle novità più grandi è proprio questo che tutta la comunità va in missione. Non vanno alcuni fratelli, va tutta la comunità. E’ una grazia grandissima, è una cosa meravigliosa che Dio vi manda in missione, affidandovi una missione concreta. Molti di questi quartieri dove vanno queste comunità sono quartieri pieni d’immigrati, soprattutto di musulmani, cinesi e rumeni. E dopo c’è moltissima gente che è lontana dalla Chiesa, lontanissima, che non viene. … E’ fantastico poter partire, che il Signore ti dia una missione, morire in missione, invecchiare in missione. E’ una cosa meravigliosa…”.       

Concludo:

Ecco, così come è dal cuore dell’uomo che parte il furto, l’omicidio, la violenza, la perversione, la sessualità fatta mercato…, è dal cuore rinnovato, convertito dell’uomo che parte la missione, l’evangelizzazione: per amore a Cristo e per amore all’uomo.

Per questo riteniamo di fondamentale importanza costituire nelle Parrocchie questi “luoghi” dove ci possiamo fare adulti nella fede, dove possiamo trasmettere la fede ai nostri figli. Dove tanti “piccoli”, lontani dalla Chiesa, schiacciati da una storia troppo pesante, tanti fratelli e sorelle sole, tanti peccatori – e il loro numero aumenta di giorno in giorno – possano essere accolti e accompagnati in un cammino di fede che non esige nulla, ma che dona loro l’esperienza del perdono e della tenerezza di Dio. Le nostre Parrocchie, insieme a tante altre espressioni pastorali, hanno oggi urgenza di aprire questi luoghi di evangelizzazion
e, un vero “laboratorio sacramentale”, come lo chiamò una volta Giovanni Paolo II.

Un cammino di iniziazione cristiana per ritrovare la bellezza cristiana, la speranza della bellezza. La bellezza fatta così “cammino di evangelizzazione e di dialogo”[2].

E questa bellezza, che è Cristo – reso visibile nel corpo della comunità cristiana –, “salverà il mondo”, come ha scritto Dostoevskij[3].

Grazie.

(La seconda parte è stata pubblicata ieri, mercoledì 22 maggio)

*

NOTE

[1] (Benedetto XVI, Discorso a Cardinali, Arcivescovi, Vescovi e Direttori del Governatorato della Città del Vaticano, 21 dicembre 2009).

[2]  Il Pontificio Consiglio della Cultura ha tenuto nel 2006 la sua Assemblea Plenaria sul tema: “Via pulchritudinis”, la bellezza come cammino di evangelizzazione e di dialogo.

[3]  J. Ratzinger, il 20 agosto 2002, scriveva: “Chi non ha conosciuto la molto citata frase di Dostoevskij: ‘La Bellezza ci salverà?’ Ci si dimentica però nella maggior parte dei casi di ricordare che Dostoevskij intende qui la bellezza redentrice di Cristo. Dobbiamo imparare a vederLo. Se noi Lo conosciamo non più solo a parole ma veniamo colpiti dallo strale della sua paradossale bellezza, allora facciamo veramente la Sua conoscenza e sappiamo di Lui non solo per averne sentito parlare da altri. Allora abbiamo incontrato la bellezza della Verità, della Verità redentrice. Nulla ci può portare di più a contatto con la bellezza di Cristo stesso che il mondo del bello creato dalla fede e la luce che risplende sul volto dei Santi, attraverso la quale diventa visibile la Sua propria Luce” (Testo inviato al Meeting di Rimini: Il sentimento delle cose, la contemplazione della bellezza).

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ZENIT Staff

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