"L'esistenza delle confraternite dimostra che la fede non è un'entità astratta"

Intervista a Maurizio Bartocci, presidente della confraternita Sant’Ignazio d’Antiochia e Santa Maria Regina dello Statuario

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Quindici uomini vestiti con una lunga tunica celeste sormontata da una mozzetta rossa. È comprensibile, chi senza conoscerli li vede passare durante una cerimonia è indotto a pensare si tratti di un drappello di sacerdoti di qualche poco noto ordine. Nel Terzo Millennio, del resto, che senso avrebbe per un gruppo di laici indossare panni che sembrano riesumati da epoche sepolte dall’incedere frenetico dei tempi moderni?

A questa e ad altre domande risponde Maurizio Bartocci, presidente dell’Associazione privata di fedeli – in attesa del riconoscimento di Confraternita da parte del Vicariato – Sant’Ignazio d’Antiochia e Santa Maria Regina dello Statuario. Romano, classe ’63, da oltre trent’anni Maurizio è animatore e catechista di Sant’Ignazio d’Antiochia, la parrocchia del suo quartiere, lo Statuario. Un anno fa ha deciso di costituire, insieme ad altri fedeli e al supporto del parroco don Gilberto Serpi e di don Richard Farrugia, quest’ennesima comunità che vivacizza ulteriormente una già fervente realtà parrocchiale. Intervistato da un suo confratello, segretario della medesima Associazione, Maurizio Bartocci ne racconta a ZENIT caratteristiche e obiettivi, oltre a illustrare il programma degli eventi in onore del patrono Sant’Ignazio d’Antiochia.

Caro Maurizio, benché ZENIT si è già occupata della nostra realtà, vuoi raccontare brevemente come si è giunti alla nascita dell’Associazione privata di fedeli Sant’Ignazio d’Antiochia e Santa Maria Regina dello Statuario?

Una tradizione del nostro quartiere prevede che ogni anno, il 31 maggio, venga portata in processione una statua della Vergine cui siamo molti devoti. Un paio d’anni fa, per meglio organizzare il solenne evento, alcuni fedeli hanno proposto di formare una squadra di uomini addetta a caricarsi in spalla la macchina su cui poggia la statua. Alla proposta è seguito un passaparola che ha mietuto un buon numero di volontari. Ecco, l’entusiasmo suscitato tra quei volontari è stato il propulsore di questa realtà. Abbiamo deciso quindi di incontrarci più spesso e di garantire un contributo costante di servizio alle varie attività della parrocchia. La confraternita ci sembrava il contenitore che meglio potesse aderire alle nostre prerogative. Ora, in attesa che l’iter d’approvazione si completi, ufficialmente ci chiamiamo Associazione privata di fedeli, sebbene tra noi ci sentiamo già dei confratelli.

Ha ancora senso proporre realtà che affondano le proprie radici molto indietro nel tempo?

Certo che sì! Oggi più che mai, in tempi di crisi spirituale prima ancora che economica, si rende necessario per l’uomo riscoprire il valore della fede. Abbiamo visto come un diffuso individualismo, nel corso degli anni, ha isolato le persone, ha sgretolato le comunità umane, talvolta persino spezzando l’unità familiare. Ebbene, la fede in Dio è l’unico cemento capace di rimarginare queste ferite laceranti nella società. E l’esistenza di comunità come le confraternite dimostra che la fede non può essere un’entità astratta, bensì è vita vissuta pienamente, in comunione con gli altri e al servizio della società. La bellezza della fede sta proprio qui! Durante le nostre processioni non facciamo altro che rendere grazie per questo dono, esibendo abiti sì antichi, ma proprio per questo ricchi di fascino. La tunica è celeste in onore di Maria, la mozzetta è invece rossa come il sangue del martire e nostro patrono, Sant’Ignazio di Antiochia.

A proposito di Sant’Ignazio di Antiochia. Come può un martire del II secolo essere ancora attuale?

Basta leggere le sette lettere che Sant’Ignazio d’Antiochia scrisse durante il viaggio che lo condusse a Roma, dove subì il martirio, per rendersi conto dell’attualità del suo messaggio. Gli inviti all’unità dei cristiani, alla concordia, alla coerenza, a far prevalere la misericordia e il perdono anche quando appare più facile covare sentimenti di vendetta sembrano rivolti a noi, uomini del Terzo Millennio. Sant’Ignazio affronta, con una forte carica di amore per Cristo, questioni profonde, che interrogano gli uomini d’ogni tempo.

Giovedì prossimo ricorre la sua memoria liturgica. Quali iniziative ci sono in programma?

Già oggi, 16 ottobre, si avrà un primo evento in suo onore. Alle ore 18.00 verrà esposta la sua reliquia, custodita in chiesa sotto il vecchio altare, e verranno celebrati i Primi Vespri della Solennità seguiti dalla Santa Messa pre-festiva. Giovedì poi, vi sarà la Santa Messa della Solennità presieduta da mons. Giuseppe Marciante, vescovo ausiliare di Roma Est. Per noi confratelli sarà un momento importante, poiché il vescovo benedirà il nostro stendardo. Altro momento carico d’intensità sarà la processione di domenica, con inizio alle ore 17.00, che passerà per le vie del quartiere. Avremo l’onore di portare la reliquia del Santo. Al termine, Santa Messa e proseguimento laico della festa, con una cena fraterna aperta a tutto il quartiere in una sala polivalente della parrocchia. Insomma, non mancano gli impegni ma noi siamo pronti ad affrontarli proprio con la scocca che ci ha spiritualmente consegnato il nostro patrono.

A cosa ti riferisci?

A un passaggio della “Lettera a Policarpo” in cui Sant’Ignazio d’Antiochia dice: “Conservate il vostro battesimo come scudo, la fede come elmo, l’amore come lancia, la pazienza come armatura”.

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Federico Cenci

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