L'enciclica e il viaggio a Lampedusa: i due eventi di Papa Francesco

Il 5 luglio, la pubblicazione di “Lumen fidei”, il documento scritto a quattro mani con Benedetto XVI. Lunedì 8, il primo viaggio in Sicilia nella parrocchia degli emigrati

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Due sono gli avvenimenti che caratterizzano i primi giorni del mese di luglio e precisamente il 5 luglio, data della pubblicazione della “Lumen Fidei”: la prima enciclica di Papa Francesco, l’ultima di BenedettoXVI  Il documento scritto “a quattro mani” conclude la serie delle tre encicliche del Papa emerito dedicate alle virtù cardinali: Caritas in veritate”, “Deus caritas est”, “Spe salvi” ed ora “Lumen fidei”

E’ un documento forte, scritto da Papa Benedetto, al quale Papa Francesco ha aggiunto alcune parti e la Luce della fede è il nuovo faro che illumina il cammino della Chiesa nel mondo e traccia un nuovo fascio di luce sul sentiero della Chiesa, così come appare in tanti dipinti, dove l’immagine della Basilica di San Pietro, simbolo della cristianità, irradia una raggiera di luce che illumina il mondo intero.

“La Fede senza le opere è morta” e senza gesti concreti resta inerte e infruttuosa, ed ecco che Papa Francesco fa seguire alla magistrale enciclica un gesto particolare di attenzione e di presenza della Chiesa a favore degli ultimi, che alcuni definiscono di “scelta politica” o meglio di vera “scelta cristiana”.

Il Papa, argentino, latino americano, “chiamato dalla fine del mondo”, da Padre e Pastore, lunedì 8 luglio, si rende vicino e presente a quella porzione di umanità che sono i profughi e gli immigrati che giungono a Lampedusa, in cerca di riscatto sociale e di fortuna economica.

In occasione della Pasqua il parroco  di San Gerlando di Lampedusa, Don  Stefano Nastasi,  anch’egli figlio di emigrati, che aveva già fatto dono a Papa Benedetto XVI di una croce fatta col legno di una barca, ha inviato una lettera a Papa Francesco chiedendo: “Venga in mezzo a noi e sarà Padre tra i figli”.

Don Nastasi, in un’intervista a Radio Vaticana, ha dichiarato che essendo anch’egli figlio di emigrati in Italia , ha sentito forte la vicinanza con Papa Francesco, figlio di emigrati in Argentina  e nel messaggio pasquale Urbi et Orbi, nel quale Papa Francesco  ha invocato la pace per il Medio Oriente, in particolare tra Israeliani e Palestinesi, oltre che per l’amata Siria, auspicando che “si superino le divergenze e maturi un rinnovato spirito di conciliazione” da parroco di Lampedusa si è sentito coinvolto nella preghiera del Papa, insieme alla sua gente.

L’invito a visitare  Lampedusa, estremo lembo di terra che corrisponde alla periferia dell’Italia, confine tra l’Europa e l’Africa, viene adesso accolto  e l’aver scelto Lampedusa come “prima uscita” in Italia è un gesto che resta nella storia di questo Papa, Parroco del mondo, che va in cerca delle pecorelle smarrite e, una volta trovate, le porta sulle spalle e ne assume l’odore.

Inserito tra i gesti innovativi di Papa Francesco compiuti in questi primi cento giorni di pontificato, il viaggio a Lampedusa ed il gesto di gettare dei fiori nel mare, dove sono morte numerose vittime innocenti della miseria e della speranza, lascerà un segno ed è esso stesso un segno di grande umanità e spirituale paternità, pensando anche che molte delle vittime del mare, sono musulmani.   

Papa Francesco, “profondamente toccato dal recente naufragio di un’imbarcazione che trasportava migranti provenienti dall’Africa, ultimo di una serie di analoghe tragedie” si legge nella nota dell’Ufficio Stampa, “intende pregare per coloro che hanno perso la vita in mare, visitare i superstiti e i profughi presenti, incoraggiare gli abitanti dell’isola e fare appello alla responsabilità di tutti affinché ci si prenda cura di questi fratelli e sorelle in estremo bisogno”.

Commentando queste parole il Sindaco di Lampedusa, Giuseppina Nicolini, ha detto: Finalmente il mondo si accorgerà di noi. Nessuno, dopo la visita del Papa a Lampedusa, potrà più chiudere gli occhi su questo dramma”.

Il Papa degli ultimi, che porta nel suo cuore di Padre e di Pastore le periferie del mondo, come spesso ha ripetuto nei suoi discorsi, incontra gli ultimi tra gli ultimi e porta un raggio di “lumen fidei” a testimoniare che la Chiesa è presente e viva tra la gente e senza distinzione accoglie tutti nell’universalità del suo abbraccio spirituale.

La visita annunciata nella “forma più discreta possibile”, sarà breve e si svolgerà dalle ore 8 alle ore 14, quasi una mattinata di lavoro, una “visita personale e di cortesia” con una breve sosta per la Messa parrocchiale.

La sola presenza dell’Arcivescovo di Agrigento, mons. Francesco Montenegro, e del Sindaco di Lampedusa, senza altre autorità, assegnano all’evento una dimensione di riservatezza e di grande rispetto per i profughi e gli immigrati.

L’invito di Papa Francesco che si legge nell’enciclica”a lasciarsi condurre dallo Spirito Santo,a non aver paura di ‘uscire’ da sé per annunciareil Vangelo,confidando soprattutto nella presenza misericordiosa di Dio che ci guidae continuerà ad incoraggiarela comunità ecclesiale “trova a distanza di pochi giorni immediata applicazione.

“Occorre lasciarsi trasformare da Lui perché il nostro annuncio avvenga con la parola sempre accompagnata da semplicità di vita, da spirito di preghiera, da carità verso tutti, specialmente i piccoli e i poveri, da umiltà e distacco da sé, da santità di vita. Solo così sarà veramente fecondo!”.

L’incontro e l’abbraccio con i profughi, come già la lavanda dei piedi ai giovani carcerati,  le prolungate carezze e attenzioni rivolte agli ammalati al termine delle udienze e delle celebrazioni in Piazza San Pietro rendono ancora una volta visibile lo stile e la particolare attenzione per i deboli e i sofferenti che Papa Francesco ha riservato ieri a Buenos Aires ed ora per tutti i fedeli della grande “parrocchia del mondo”

La carezza di Papa Francesco per i profughi e gli immigrati di Lampedusa costituirà l’icona dell’estate e lascerà un segno, quasi un silenzioso e forte  richiamo a quanti hanno la responsabilità di dare soluzione e sostegno a questa grave tragedia umana dei nostri giorni.

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Giuseppe Adernò

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