L'embrione: uno di noi

Da sempre i cristiani salvano i bambini

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di Maurizio Moscone

ROMA, sabato, 7 aprile 2012 (ZENIT.org).- «Sono andati perduti 94 embrioni, 130 ovociti e 5 campioni di liquido seminale [a causa] di un innalzamento della temperatura con azzeramento del livello di azoto e lo svuotamento del serbatoio». Queste sono le dichiarazioni rilasciate dal centro di Procreazione medicalmente assistita per spiegare quanto è accaduto nell’ospedale San Filippo Neri di Roma agli inizi del mese di aprile.

I quotidiani hanno sottolineato che l’incidente ha danneggiato le coppie a cui erano destinate gli embrioni e ad esse la Fondazione Antinori ha promesso la procreazione assistita gratis.

Ci si è preoccupati dei futuri genitori adottivi, ma chi si è preoccupato dei figli?

Qualcuno può chiedersi: perché chiamarli figli, se, come afferma Singer in Etica Pratica: «I feti, i bambini appena nati e i disabili sono non-persone, meno coscienti e razionali di certi animali non umani. E’ legittimo ucciderli».

Singer è uno dei “filosofi” e bioeticisti più famosi al mondo e non è l’unico a sostenere queste tesi.

Engelhardt afferma in The foundations of Bioethics: “Non tutti gli esseri umani sono persone. I feti, gli infanti, i ritardati mentali gravi e coloro che sono in coma senza speranza costituiscono esempi di non persone”.

Parfit sostiene che “bambini piccoli e i vecchi con gravi deficit mentali non sono persone […] e non lo sono neanche quanti sono temporaneamente privi di coscienza”.

Questi sedicenti filosofi hanno un grande seguito non soltanto tra gli intellettuali, ma anche tra i politici. Singer, ad esempio, è stato consigliere dell’ex presidente spagnolo Zapatero, il cui governo ha presentato un progetto di legge, ispirato al suo pensiero, secondo il quale i diritti delle persone veniva esteso alle scimmie.

Il progetto non è stato approvato per la caduta del governo.

Per il bioeticista ifeti, i bambini appena nati e i disabili sono non-persone, mentre le scimmie antropomorfe sono persone.

Infatti così afferma Singer in un’intervista rilasciata all’“Unità” nel 1994: “Scimpanzé, gorilla e oranghihanno una complessa e ricca vita emozionale; sviluppano strette e durature relazioni inter-individuali, hanno una memoria di lungo periodo e sono autoconsapevoli; possono risolvere problemi molto complessi, che chiaramente richiedono riflessione; e possono soffrire sia fisicamente che psicologicamente. In una parola sono persone [sic]”.

Secondo il “filosofo” le scimmie antropomorfe sono persone perché sono individui coscienti, mentre i feti, i bambini appena nati e i disabili sono non-persone perché sono individui privi di coscienza.

Il discrimine tra la non-persona e la persona è quindi la coscienza: se un animale o un essere umano è privo di coscienza è una non-persona, se invece è cosciente è persona.

Spaemann sostiene, in Persone. Sulla differenza tra “qualcosa” e “qualcuno”, che questo modo di pensare trae le proprie origini nella filosofia moderna, in particolare nel pensiero di Cartesio che identificava la persona con l’attività pensante e quindi con la coscienza.

Infatti il filosofo si chiede nelle Meditazioni metafisiche: “Che cosa sono dunque io?” e risponde “una cosa che pensa”.

Posizioni analoghe le ritroviamo in Locke, secondo il quale “senza coscienza non c’è persona” (Saggio sull’intelletto umano), egli distingue l’idea di uomo dall’idea di persona, la quale implica l’autocoscienza.

Analogamente Kant, nella Metafisica dei Costumi, distingue l’essere umano come animale razionale, istintivo e passionale (homo phaenomenon) e l’essere umano come persona, spirituale e morale (homo noumenon).

Infine Hegel, nella Fenomenologia dello spirito, identifica l’esistenza della persona con la comparsa della coscienza individuale.

La filosofia moderna ha sicuramente alimentato il modo di pensare degli odierni bioeticisti che considerano i feti umani come cose e non come persone, senza argomentare le loro tesi, come invece facevano i filosofi prima menzionati.

Ciò che accomuna il loro pensiero è un’ideologia neo-pagana, nostalgica del mondo pre-cristiano.

Infatti scrive Singer in Etica Pratica, “Se ritorniamo alle origini della civiltà occidentale, ai tempi dei Greci e dei Romani, troviamo […] che l’appartenenza alla specie homo sapiens non era sufficiente a garantire la protezione della propria vita”.

Il filosofo Rorty afferma, in Objectivity, Relativism and Truth: «Se si guarda ad un bambino come ad un essere umano, nonostante la mancanza di elementari relazioni sociali e culturali, questo è dovuto soltanto all’influenza della tradizione ebraico-cristiana e alla sua specifica concezione di persona umana».

E’ vero, è stato il Cristianesimo ad affermare la dignità della persona umana dal concepimento alla morte naturale.

Infatti si legge nella Lettera a Diogneto (II secolo), i cristiani “si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati”, perché “è già uomo colui che lo sarà”, sentenziava Tertulliano.

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ZENIT Staff

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