L'embrione costruisce se stesso nel grembo materno

Il dossier completo di un gruppo di professori universitari cattolici spagnoli sull’aborto

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di Nieves San Martín

CORDOBA, venerdì, 17 novembre 2011 (ZENIT.org) – In Spagna, un gruppo di professori dell’Università Cattolica di Cordoba ha pubblicato un rapporto sull’aborto nell’Andalusia. Il testo, che è disponibile per intero sul sito della diocesi di Cordoba (*), è un vero e proprio vademecum, che permette di formare un giudizio su un tema tanto fondamentale.

Il documento affronta il tema da vari punti di vista: medico, bioetico, giuridico, economico e il magistero della Chiesa. Concentrandosi su questo ultimo punto, la diocesi di Cordoba ha appoggiato l’iniziativa, essendo l’aborto “un problema fondamentale, di grande impatto sociale e di rilevanza primordiale”.

Gli autori hanno analizzato in primo luogo la letteratura medica e scientifica, ripercorrendo la gestazione e lo sviluppo nella specie umana nei suoi vari stadi. Hanno esaminato poi l’aspetto giuridico, morale, filosofico e teologico. Infine, il rapporto offre anche un’analisi dell’attività economica attorno all’aborto in Andalusia, paragonando la situazione con il resto della Spagna.

Il documento offre una serie di conclusioni finali che possono essere molto illuminanti per i cattolici e permettono al grande pubblico di formarsi un’opinione informata sull’argomento.

Dal punto di vista medico e bioetico, affermano gli autori, “ci muoviamo sul piano dei valori oggettivi e la verità oggettiva, senza formare un giudizio sulle responsabilità soggettive”.

Il rapporto, che conferma “il carattere umano dell’embrione”, constata che la gestazione umana è un “processo continuo” e che “sin dal momento del concepimento, lo zigote è una nuova entità biologica”.

“Dal momento che lo sviluppo è ininterrotto e non richiede alcun ulteriore intervento che lo provochi, bisogna dire che la nuova entità costituisce un nuovo individuo umano”, continua il rapporto. “Il processo è un continuo sin dalla fecondazione, per cui non si può utilizzare il termine ‘pre-embrione’ per riferirsi ad uno stadio precedente a quello dell’embrione”.

“Dal punto di vista scientifico non si può negare che nella formazione del nuovo concepito (…) è in atto un determinismo orientato verso una finalità proiettata”, ribadiscono gli autori. “Possiamo dire, scientificamente, che l’embrione, all’interno della madre costruisce se stesso”.

“Sia l’embrione fecondato nel grembo della madre, come quelli fecondati in vitro non sono una ‘personalità potenziale’, ma posseggono ‘personalità con sviluppo potenziale’: già sono essere umani”, ribadiscono gli autori, ricordando che “non è l’annidamento che fa sì che l’embrione sia embrione”.

È già un essere umano

“L’embrione non è un essere umano in potenza: l’embrione è in potenza un bambino, o un adulto, o anziano, ma non è in potenza un individuo umano, ma lo è già in atto”, così scrivono gli accademici, che riaffermano il principio etico primum non nuocere o “l’obbligo di non causare intenzionalmente danno”.

Ricordano che nel Codice Deontologico spagnolo del 1999 il medico viene definito come “servitore della vita” e viene affermato che “l’essere umano embrio-fetale malato va curato secondo le stesse norme etiche degli altri pazienti”. Questo vale ancora di più quando l’embrione non è malato, ma vivo e si sta sviluppando nel grembo materno.

Il rapporto registra anche l’esistenza di “una mentalità antinatalista e abortista, che ha trovato nelle teorie neo-malthusiane e ecologiste un sostegno per affermare la necessità di un controllo delle nascite (incluso l’aborto come mezzo)”. Si tratta secondo gli autori di una mentalità “profondamente radicata nei responsabili politici ed amministrativi dell’Andalusia, che favoriscono direttamente o indirettamente un commercio molto lucrativo”.

Da una prospettiva giuridica, gli autori analizzano poi le leggi sull’aborto del 1985 e quella del 2010, che è “assolutamente inaccettabile”, perché basata su un criterio fornito dalla Corte costituzionale, che ha “spersonalizzato l’essere umano concepito e non nato”.

Gli autori osservano che la legge del 2010 non ha ricevuto il beneplacito da vari organismi giudiziari, fra cui il Consiglio di Stato e il Consiglio Generale del Potere Giudiziario, poiché presentava “multipli difetti tecnici” ed era in contraddizione con la lettera e lo spirito della legge spagnola.  

Inoltre, la norma “inverte il concetto di reato nel caso dell’aborto”, convertendolo persino in un diritto, “il che è totalmente incompatibile con qualsiasi logica del Sistema giuridico”.

Inspirata dai “principi di una ideologia di genere, di matrice ed origine marxista”, la norma lascia esclusivamente alla donna incinta la decisione, anche se l’essere umano necessita per il suo concepimento e sviluppo intrauterino la partecipazione del maschio e della donna. “Quindi – osserva il rapporto – ogni responsabilità ricade su entrambi in quanto progenitori”.

Il testo, che permette anche alle minorenni di prendere la decisione, che “è contraddittorio ed incoerente con l’intero sistema legale spagnolo”, introduce poi “il concetto e la filosofia di vita senza valore vitale, la base del tristemente noto programma  Lebensunwertes Leben di epoca nazista”.

Fatturato di oltre 100 milioni in Andalusia

Sul piano economico, gli autori osservano che l’Andalusia è l’unica comunità autonoma che include l’aborto tra le prestazioni sanitarie e che garantendo l’accesso alla prassi attraverso strutture private convenzionate elude l’obiezione di coscienza nel settore pubblico.

Secondo il rapporto, le entrate stimate legate all’aborto sono aumentate nel periodo 1999-2008 con una media annuale del 12,62%. O in cifre assolute, le entrate stimate per il 2008 oscillano fra i 9.323.211 e i 13.041.550. Nella sua totalità, l’industria dell’aborto ha fatturato in Andalusia dagli 82.294.104 ai 102.832.832 di euro.

[Traduzione a cura di Paul De Maeyer] 

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ZENIT Staff

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