L’Egitto e la lunga strada del cambiamento (parte III)

Il Vescovo di Luxor Zakaria sulle relazioni tra islam e Vaticano

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di Emil Ameen

LUXOR (Egitto), venerdì, 29 luglio 2011 (ZENIT.org).- Anche se l’Egitto sta attraversando un periodo turbolento e di cambiamenti, la Nazione non solo sopravvivrà, ma migliorerà, afferma il Vescovo copto cattolico di Luxor.

Il Vescovo Youhannes Zakaria, 61 anni, ha detto a ZENIT che “la civiltà egiziana ha superato tutte le difficoltà e sofferenze nell’arco della sua lunga storia che si estende per migliaia di anni”, e che dopo questo “delicato periodo storico l’Egitto trionferà e migliorerà grazie allo spirito egiziano
profondamente radicato nei cuori di tutti gli egiziani e grazie al coraggio e all’entusiasmo di tutti i suoi cittadini”.

Il presule lo ha affermato in un’intervista in tre parti sulla situazione attuale in Egitto dopo la rivoluzione del 25 gennaio che ha abbattuto il regime di Mubarak. Le prime due parti dell’intervista sono state pubblicate mercoledì 27 luglio e giovedì 28 luglio.

Iniziano a sentirsi voci che chiedono al Vaticano di intervenire per proteggere i copti d’Egitto. Come spiega questo fenomeno, soprattutto considerando che il Vaticano non ha truppe miliare o eserciti, come disse Stalin una volta?

Mons. Zakaria: Personalmente non accetto quella che viene chiamata protezione estera dei copti. I copti che vivono nella diaspora e fanno questo appello dovrebbero conoscere i pericoli insiti in questa richiesta e i danni che ne conseguono per gli stessi interessi dei copti che vivono in Egitto vicino ai loro fratelli musulmani.

Il Santo Padre Benedetto XVI, che è a capo della Santa Sede, uno Stato spirituale che non ha un esercito regolare come gli altri Stati, non si risparmia nel pregare per i cristiani e i non cristiani in tutto il mondo, soprattutto quando vi sono catastrofi naturali che li affliggono o quando vivono in condizioni dolorose e difficili.

Recentemente il Santo Padre ha citato i tragici incidenti che hanno riguardato i fedeli della Chiesa in Iraq, Egitto e Pakistan, e ha chiesto a tutti di unirsi a lui nel pregare per loro. Ha anche chiesto ai responsabili di quei Paesi di assicurare maggiore attenzione e assistenza per quelle persone. Questa richiesta non è da considerare un’interferenza negli affari interni nazionali, ma un messaggio di amore e di sostegno, in aiuto all’uomo oppresso e ferito dal suo fratello.

Riguardo al rapporto con lo sceicco di al-Azhar, dott. Attayeb – che appartiene geograficamente a Luxor –, secondo lei si sta avvicinando ai salafiti, avendo posto fine ai suoi rapporti di dialogo con il Vaticano?

Mons. Zakaria: Credo che questo tema richieda maggiore pazienza, tempo e dialogo reciproco, perché le due parti si comprendano tra loro. A mio avviso, l’insistenza a riprendere il dialogo a tutti i costi non aiuta. Credo anche che alcune dichiarazioni fatte qua e là sull’argomento, e spiegate dagli organi di stampa secondo i loro interessi e le loro politiche, fanno più male che bene nel tentativo di migliorare i rapporti tra la Santa Sede e la moschea di al-Azhar.

Con tutto il rispetto e l’apprezzamento per tutti, vorrei spiegare che l’auspicato dialogo non è un dialogo tra il Santo Padre Benedetto XVI e il Grande Imam di al-Azhar, dott. Attayeb, ma è un dialogo tra la Santa Sede, con tutto ciò che rappresenta di profondo patrimonio cristiano, e al-Azhar, con tutto ciò che rappresenta di autentica disponibilità islamica.

Auspico che le due parti tornino a comunicare subito e che il dialogo possa essere ripreso presto, perché rompere i legami e porre fine al dialogo reca danno a entrambi senza portare loro alcun bene.

In seguito alla visita a Papa Benedetto XVI del dott. Nabil al-Arabi, Ministro degli Esteri egiziano e attuale Segretario generale della Lega araba, e in seguito alla notizia che i rapporti fra Il Cairo e il Vaticano sono buoni, cosa impedisce la ripresa del dialogo?

Mons. Zakaria: Dopo il martirio dei copti nella Chiesa dei Santi ad Alessandria, il Santo Padre Benedetto XVI ha denunciato l’accaduto come atto terroristico e ha fatto appello al Governo egiziano e ai Governi del Medio Oriente perché assicurino maggiore attenzione e protezione alla minoranza cristiana in questo Paese. Purtroppo lo scorso Governo egiziano non ha compreso il messaggio del Papa e l’ha considerato un’interferenza negli affari interni dell’Egitto. Come protesta contro questa interferenza, il Ministro degli Affari Esteri egiziano ha richiamato al Cairo il suo ambasciatore presso la Santa Sede per consultazioni.

Al contempo, la maggior parte dei leader del mondo ha denunciato l’attentato alla chiesa di Alessandria e ha chiesto ai Governi del Medio Oriente di proteggere la minoranza cristiana. Ma il Governo egiziano non ha reagito a questi appelli come ha fatto contro le parole del Santo Padre.

Dopo che l’ambasciatore egiziano è tornato a Roma per riprendere la sua missione presso la Santa Sede e dopo il rovesciamento di Mubarak e i cambiamenti nel Governo egiziano, il Ministro degli Esteri egiziano ha fatto visita alla Santa Sede, si è incontrato con il Santo Padre e ha parlato con lui dei modi per promuovere stretti rapporti bilaterali tra la Repubblica araba d’Egitto e lo Stato del Vaticano.

Egli lo ha anche informato degli ultimi sviluppi sulla scena egiziana, dopo la rivoluzione dei giovani e il cambio di regime in Egitto. Pertanto, i rapporti fra la Repubblica araba d’Egitto e la Santa Sede sono tornati alla normalità, e le due parti hanno ritenuto che il recente passato fosse risultato di un’incomprensione in un contesto sensibile.

Dopo la visita del Ministro degli Esteri egiziano alla Santa Sede e la visita del Segretario della Commissione del Vaticano per il dialogo fra cristianesimo e islam all’imam di al-Azhar al Cairo, si pensava che il dialogo fra le due parti riprendesse. Ma purtroppo, dopo un incontro del senato accademico di al-Azhar, il Grande Imam ha dichiarato la posticipazione della ripresa del dialogo fra al-Azhar e la Santa Sede.

Due decenni fa, Samuel Huntington parlava di uno scontro di civiltà che si verificherebbe per motivi religiosi. Il passaggio dalla “primavera araba” alla “primavera fondamentalista” rappresenta il compimento di questa profezia?

Mons. Zakaria: Dopo il crollo e il fallimento del comunismo, la disintegrazione dell’Unione Sovietica, la liberazione dei Paesi dell’Europa orientale, la dissoluzione del Patto di Varsavia e la fine della Guerra fredda tra Est e Ovest, i Paesi occidentali dovevano trovare un’alternativa alla
competizione e al conflitto, per continuare a diffondere la loro influenza politica e a mostrare la loro forza militare.

Lo scontro tra Est e Ovest è iniziato con un aumento degli atti terroristici da parte di alcuni gruppi islamici, che ha portato alla guerra per la liberazione del Kuwait e alle guerre in Iraq, Afghanistan e
Somalia. Queste guerre, che puntano all’eliminazione del terrorismo internazionale, sono ancora considerate da alcuni come una guerra tra l’Occidente cristiano e l’Oriente musulmano. Altri pensano di vederci lo scontro di civiltà che scaturisce da motivi religiosi, come ha scritto Samuel Huntington nel suo libro “Lo scontro delle civiltà”.

Mi auguro che questa rivoluzione dei giovani contro le ingiustizie e la corruzione delle dittature, l’avvio della rivoluzione della primavera araba e la fioritura della libertà portino al coronamento del sogno di un Paese democratico e civile, e di una società ideale basata sull’amore e la pace, una società che raduna tutti i cittadini senza discriminazioni religiose o confessionali, e in cui tutti sono fratelli che si amano e si aiutano per il bene e il benessere del loro Paese.

Infine, tra pessimismo e ottimismo, qual è la sua sensazione? E qual è il suo consiglio per
tutti gli egiziani, musulmani e copti, in questo momento cruciale che l’Egitto sta attraversando?

Mons. Zakaria: Come cittadino egiziano che ha studiato approfonditamente la storia egiziana delle civiltà che si estendono dai secoli passati fino ad oggi, mi sento ottimista riguardo alla capacità della gente d’Egitto, con tutti i loro membri e categorie, i musulmani e i cristiani, di superare tutte le crisi che ostacolano la costruzione di uno Stato moderno e sviluppato, perché l’Egitto assuma la sua posizione tra i Paesi civilizzati e moderni del mondo.

La civiltà egiziana ha superato tutte le difficoltà e sofferenze nell’arco della sua lunga storia che si estende per migliaia di anni, e il genio egiziano è riuscito a trionfare su tutte le forze di occupazione, ingiustizia e oppressione. Allo stesso modo, in questo delicato periodo storico l’Egitto trionferà e migliorerà grazie allo spirito egiziano profondamente radicato nei cuori di tutti gli egiziani e grazie al coraggio e all’entusiasmo di tutti i suoi cittadini.

E come cristiano che crede nella pace e vive secondo la forza dell’amore e della fede, io tendo all’ottimismo.

È ottimismo, anche se è abbinato a una cautela dovuta alle difficoltà del cammino di libertà e a una grande attenzione per ciò che ostacola la costruzione di uno Stato moderno e il raggiungimento di una vita migliore e di un futuro splendido per tutti gli egiziani.

Il mio consiglio per tutti i miei compatrioti è di collaborare nel lavoro e nella costruzione, di mettere da parte ciò che ci separa e di cercare di instaurare una società di amore e di pace.

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ZENIT Staff

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