L'editto di Milano e la libertà religiosa

Dal 17 al 18 maggio si è svolto ad Istanbul un seminario sul tema, organizzato dal Patriarcato ecumenico in collaborazione con il CCEE

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Un seminario sulla libertà religiosa, organizzato dal Patriarcato ecumenico in collaborazione con il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, si è tenuto a Istanbul, in Turchia, il 17-18 maggio 2013. Sua Santità il Patriarca ecumenico Bartolomeo ha ufficialmente aperto il seminario pronunciando il discorso programmatico, e Sua Santità Papa Francesco ha indirizzato un messaggio formale ai partecipanti.

I delegati hanno ricordato e pregato per le due vescovi siriani di Aleppo rapiti quasi un mese fa, il Metropolita greco ortodosso Boulos Yazigi e il Metropolita Siro-Ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim.

Il Metropolita Emmanuel di Francia (Patriarcato ecumenico) e il Card. Péter Erdö (CCEE) hanno moderato insieme i lavori. Il testo che segue è un breve comunicato prodotto da questo seminario internazionale e interconfessionale che ha visto la partecipazione di vescovi ad alto livello, studiosi e delegati. 

Tenendo presenti le prime radici cristiane della libertà religiosa e la novità pionieristica dell’accordo tra gli imperatori Costantino e Licinio del 313, noto come l’”Editto di Milano”, vale a dire: che la libertà di religione è intrinseca in ogni persona umana, in quanto creata da Dio; che la libertà religiosa implica che il potere politico non può mai essere identificato con un credo religioso specifico ad esclusione di altri, al contrario è tenuto a schierarsi dalla parte della giustizia, della pace, della libertà e della solidarietà tra tutti i cittadini; che lo Stato deve riconoscere l’esistenza di un orizzonte della legge divina, che ogni comunità stabilisce secondo le proprie convinzioni,

Tanto la Chiesa cattolica quanto le Chiese ortodosse considerano la libertà religiosa come un prezioso fondamento e una sacra aspirazione della loro dottrina sociale e disciplina canonica.La libertà religiosa, inclusa la libertà di culto, è intesa come la libertà di ogni persona di professare la propria religione senza costrizione da parte dello Stato o di altri individui o istituzioni. In questo senso, la libertà religiosa è anche intesa come libertà delle comunità religiose e delle altre organizzazioni religiose di praticare il culto pubblico, l’istruzione e l’attività caritativa.Stato e Chiesa sono distinti ma non scollegati fra loro. La reciproca indipendenza e autonomia, nonché la cooperazione tra Stato e Chiesa, sono principi fondamentali delle relazioni Chiesa-Stato. Lo Stato deve rispettare la libertà religiosa di tutti i credenti e delle loro comunità nel promuovere un ordine sociale basato sulla giustizia. Nei contesti in cui una religione specifica gode di una protezione di favore da parte dello Stato, la libertà religiosa delle minoranze deve essere garantita. Lo Stato non deve favorire il proselitismo a favore di un credo specifico. Esso ha l’obbligo di tutelare il bene comune e l’armonia tra i cittadini delle diverse credenze.

Le nostre Chiese sostengono la Convenzione per i diritti civili e politici delle Nazioni Unite del 1966, in cui si afferma la responsabilità delle autorità pubbliche nei confronti del pubblico esercizio della libertà religiosa: “La libertà di manifestare la propria religione o le proprie convinzioni può essere soggetta unicamente alle limitazioni prescritte dalla legge che sono necessarie per tutelare la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico, la salute, la morale, i diritti e le libertà fondamentali degli altri” (articolo 18 § 3).

La stessa Convenzione (articolo 18 § 4), definisce la libertà religiosa includendovi il diritto di ogni comunità di fede di gestire delle scuole confessionali, al fine di educare i propri membri sulla base dei propri valori e credenze religiose. La stessa tutela si applica all’amministrazione di ogni Chiesa e comunità religiosa, all’estensione della parità di diritti in materia di attività di beneficenza e di assistenza sociale, così come alla garanzia di protezione per legge delle proprietà religiose.

Papa Francesco ha sottolineato che “la testimonianza comune dei discepoli di Cristo in Europa dovrebbe contribuire a diffondere la buona novella della salvezza fino alle estremità della terra, invitando le autorità civili in tutto il mondo, alla luce dello storico Decreto di Costantino, a rispettare il diritto dei credenti di praticare liberamente il culto e di esprimere pubblicamente la loro fede”. Allo stesso tempo, Sua Santità “ha invitato tutti i cittadini europei a riconoscere il ruolo che il cristianesimo ha avuto nel formare la nostra cultura, e a rimanere aperto al contributo continuo che i credenti cristiani possono apportare in questo campo”.

Infine, il Patriarca ecumenico Bartolomeo ha ricordato che “i diritti umani fondamentali, per i quali si adoperano tutti i popoli e le società, ma che sono spesso percepiti in un senso di retribuzione che non assomiglia allo spirito del Vangelo o al cristianesimo, comprendono i valori spirituali che l’Imperatore Costantino aveva seminato all’interno del governo e delle strutture del suo impero perché aveva riconosciuto e previsto che questo era l’unico modo di assicurare il progresso e preservare la pace”. Sua Santità ha così concluso: “Si tratta essenzialmente degli stessi valori che il mondo moderno ha ereditato, salvo che i titoli sono stati modificati, e l’umanità ora dichiara formalmente che non crede in Dio e che l’ora del cristianesimo è passata. Tuttavia, nonostante queste ostentate affermazioni, il cristianesimo e la Verità non solo non sono obsoleti, ma in realtà vivono una maturazione crescente”.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione