L'attacco della Svezia all'obiezione di coscienza finisce di fronte al Consiglio d'Europa

Il caso è scoppiato dopo il licenziamento di un’ostetrica anti-abortista, riabilitata a condizione di una rieducazione sui “diritti”

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La Svezia, paese spesso identificato con la tutela dei diritti umani, è diventato negli ultimi anni uno dei più aggressivi violatori a livello mondiale della libertà di coscienza dei medici in merito all’aborto.

Emblematico è il recente caso dell’ostetrica Ellinor Grimmark che, non solo è stata licenziata per la sua difesa della vita umana dal concepimento, ma le è stata data la possibilità di una reintegrazione, a condizione di sottoporsi a un ciclo di counseling psicologico affinché si convincesse ad accettare l’aborto come “diritto”.

Alliance Defending Freedom ha assistito il team legale della signora Grimmark in Svezia, nella difesa della sua obiezione di coscienza, in uno dei pochi paesi europei privi di una protezione esplicita in tali ambiti occupazionali.

La stessa Grimmark ha sottolineato di essere diventata ostetrica, proprio perché ama i bambini e perché vuole farli venire al mondo, piuttosto che impedire loro di nascere.

Il risultato di tale sistematica negazione dell’obiezione di coscienza ai membri del personale sanitario, come emerge dal caso Grimmark, è stato quello di una denuncia collettiva espressa contro la Svezia dal Comitato Europeo per i Diritti Sociali.

Il Comitato, che fa parte del Consiglio d’Europa, è incaricato della supervisione degli impegni della Carta Sociale Europea, cui la Svezia ha aderito. Tra le prescrizioni della Carta Sociale Europea, vi sono articoli concernenti la salute e i diritti del lavoro, compresi quelli relativi all’obiezione di coscienza. Alliance Defending Freedom è il terzo soggetto ammesso dal Comitato e vi sarà stabilito nelle prossime settimane.

Il disprezzo per la vita da parte della Svezia traspariva nella risposta scritta al Comitato, dove al paragrafo 93 delle loro Osservazioni Scritte, affermarono che la vitalità del feto non può essere determinata fino alla nascita e che, anche laddove un aborto tardivo permettesse la respirazione e i movimenti riflessivi, il bambino non-nato ancora non poteva essere considerato vitale.

Il caso ha suscitato ampia attenzione da parte dei media svedesi. E nelle settimane che portano alla decisione del Comitato, non può essere ignorato che l’obiezione di coscienza è riconosciuta come diritto umano fondamentale a livello internazionale.

Nessuno può essere forzato contro la propria volontà ad eseguire una pratica considerata alla stregua di un omicidio. E nessuno può essere forzato a scegliere tra la propria fede e la propria professione. Non vanno nemmeno dimenticate le pazienti stesse, le donne incinte che possono desiderare qualcuno che si prenda cura di loro e che condivida con loro il valore della vita.

Permettere ad un intero paese di negare per legge l’obiezione di coscienza al personale medico in base ai propri principi, svuoterebbe un intero sistema sanitario di medici competenti ed attenti che ambiscono soltanto a tutelare la vita. Questo stato di cose non può essere messo in sordina.

***

Roger Kiska è consulente legale di Alliance Defending Freedom a Vienna.

Alliance Defending Freedom è una organizzazione legale internazionale che difende la libertà religiosa, la sacralità della vita, il matrimonio e la famiglia.

[Traduzione dall’inglese a cura di Luca Marcolivio]

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Roger Kiska

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