Come è possibile considerare uomo chi non ha il cervello? Non è contraddittorio che per favorire il trapianto di organi si consideri morta una persona per il solo fatto che il suo cervello ha cessato totalmente di funzionare, e che invece l’ embrione sia considerato un individuo vivente anche quando non si è formato il cervello?
Risponde Carlo Casini
L’ argomento è inconsistente, anzi – a ben guardare – rafforza la tesi che il concepito è pienamente un essere umano vivente fin dal momento dell’incontro dello spermatozoo con l’ ovocita. Infatti la morte (totale e reale, non parziale o apparente) del cervello è considerata morte dell’uomo anche quando artificialmente si riesce a far circolare il sangue nel suo corpo e a riempire ritmicamente di aria i suoi polmoni, perché il cervello è la parte che rende un organismo unitario il corpo umano.
Esso unifica e finalizza le varie funzioni. Tant’è vero che la morte è chiamata anche “decomposizione”. Le singole parti possono continuare per qualche tempo a vivere (è noto il fenomeno della crescita della barba e delle unghie anche nei cadaveri), ma l’ uomo, in quanto unità organica, non c’è più.
Se così è, se cioè il dato decisivo per ritenere l’ esistenza di una vita umana individuale è l’ unità organica determinata da un principio unificatore e finalizzatore, allora è evidente che nell’embrione un tale principio unificatore e organizzatore che lo rende un organismo non solo è presente, ma svolge una funzione possente e mirabile tutta proiettata verso il futuro. L’ uomo non è il suo cervello anche se il cervello ne coordina le funzioni vitali. L’ adulto che non ha più cervello non ha più futuro nel mondo visibile: è morto.
Ma l’ embrione che non ha cervello non è equiparabile ad un cadavere perché ha in sé una forza coordinatrice che gli garantisce non solo uno sviluppo vitale straordinario, ma anche un futuro. Egli non è affatto morto. Anzi è particolarmente vivo.