"L'amore richiede opere"

Omelia di mons. Cavina nella Messa celebrata per ringraziare le Guardie Svizzere per il loro servizio nel post-sisma

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CARPI, 7 novembre 2012 (ZENIT.org).- Riprendiamo il testo dell’omelia pronunciata il 3 novembre scorso da monsignor Francesco Cavina, vescovo della diocesi di Carpi, nella messa celebrata presso la chiese della Sagra, per ringraziare le Guardie Svizzere per il loro servizio nel post-sisma.

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La nostra celebrazione eucaristica è allietata questa sera dalla presenza di una delegazione della “Guardia Svizzera Pontificia” in rappresentanza delle circa 60 Guardie che nel periodo di emergenza del terremoto con generosità e animati da un profondo spirito di carità cristiana si sono prodigate per la sicurezza dell’Ospedale civile e per mettere al sicuro le opere d’arte ed il mobilio del Palazzo vescovile.

Ringrazio il Colonnello Anrig Daniel, Mons. De Reemy Alain ed il Capitano Lorenzo Merga, che accompagnando i Sottoufficiali e gli Alabardieri hanno voluto onorarci della loro presenza.

Con voi vorrei soffermarmi sul Ps responsoriale, il Salmo 17, che il re Davide compone per ringraziare Dio dei molti aiuti ricevuti nel corso della vita. Dio è stato per lui amore, alleato, difesa. Ciascuno di noi può ripetere queste stesse parole perché ciò che è determinante nella nostra vita, ciò che allontana ogni tenebra e tristezza è la certezza che Dio ci ama. L’Incarnazione del Figlio di Dio è la rivelazione suprema dell’amore di Dio per ciascuno di noi. Scrive S. Tommaso: “Ascolta come sei stato amato, brutto, deforme, prima ancora che in te ci fosse alcunchè di meritevole d’amore. Sei stato amato prima che diventassi degno di essere amato”. Ma c’è ancora di più. Perché possiamo ri-amare “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”.

Come non corrispondere ad un amore così grande? L’amore richiede opere perché esse sono la manifestazione dell’affetto del nostro cuore. Le belle parole da sole non sono sufficienti per esprimere il nostro attaccamento al Signore. Amiamo il Signore osservando i comandamenti, evitando ogni occasione di peccato, vivendo la carità verso il prossimo, compiendo verso il Signore anche quei gesti che possono sembrare piccoli, ma che manifestano delicatezza e attenzione verso di Lui, quale ad es. una genuflessione ben fatta davanti al Santissimo.

Al riguardo, permettetemi di ricordare un episodio. Le domeniche che siete stati in mezzo a noi abbiamo celebrato l’Eucarestia nel parco dell’ospedale. Erano presenti medici, personale sanitario, fedeli e anche giovani. Una domenica celebrando in una struttura provvisoria, dove naturalmente mancavano i banchi, ho notato con sorpresa e compiacimento che un gruppo di giovani al momento della consacrazione si sono inginocchiati per terra. Terminata la Messa ho chiesto di poterli incontrare e ho manifestato loro la mia meraviglia per l’insolito gesto e ho chiesto: “Ma chi è stato ad educarvi così bene? Considerato che tutti gli altri sono rimasti in piedi se non seduti?”.

La risposta è stata incredibile. “Nessuno! Tuttavia una domenica abbiamo partecipato alla Messa con le Guardie Svizzere e abbiamo notato che davanti a Gesù si sono messi in ginocchio, addirittura sui sassi. Parlandone, poi tra di noi abbiamo capito che l’atteggiamento delle Guardie manifestava il loro amore verso il Signore presente nell’Eucarestia. E’ come se Gesù per mezzo loro ci avesse chiesto, nonostante le nostre innegabili incoerenze, “Mi amate voi?’”. Quando si fa una dichiarazione d’amore ci si inginocchia davanti alla persona amata.  Ebbene abbiamo capito, senza tante prediche, che stare in ginocchio davanti a Gesù è una dichiarazione d’amore”.

Care Guardie la vostra presenza in mezzo a noi è stata non solo un gesto di solidarietà verso dei fratelli nella sofferenza ed in necessità, ma con la vostra riconosciuta ed apprezzata professionalità, discrezione, serietà unite ad una fede semplice e concreta avete lasciato un ricordo indelebile nelle persone, qui rappresentate dalle istituzioni civili e militari, che ringrazio per la loro presenza. Un ricordo che fa onore alla tradizione di leale e fedele servizio al Santo Padre e alla Sede Apostolica, che caratterizza il vostro Corpo da oltre 500 anni.  

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ZENIT Staff

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