L'amore della famiglia naturale sfida il nichilismo

La “Familiaris consortio” trent’anni dopo

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di Carlo Caffarra
Cardinale, Arcivescovo di Bologna

BOLOGNA, domenica, 5 febbraio 2012 (ZENIT.org).- Penso che nei tre decenni che ci separano dalla pubblicazione di Familiaris consortio sia accaduto un cambiamento radicale nel modo occidentale di considerare il matrimonio e quindi la famiglia; sia accaduta nella cultura occidentale una vera svolta epocale. Cercherò di descriverla per sommi capi.

La proposta cristiana circa il matrimonio e la famiglia, l’Occidente ha sempre avuto difficoltà ad accettarla sul piano pratico. È stato un atteggiamento che potrei riassumere nel modo seguente: “questo modo di concepire e di proporre il matrimonio è vero, è bello, ma non è praticabile nella sua interezza”. In breve: non è la sua verità in questione, ma la sua praticabilità. Soprattutto era giudicata tale la dottrina cristiana circa l’indissolubilità e, soprattutto dal secolo scorso, la dottrina circa la procreazione responsabile.

Questa, diciamo, contestazione ha anche indubbiamente favorito un approfondimento, una sempre maggiore precisazione da parte della Chiesa della sua dottrina. E da Leone XIII in poi gli interventi magistrali sono andati via via crescendo, fino all’imponente magistero del beato Giovanni Paolo II.

In questi ultimi decenni tuttavia è avvenuta, ed è ancora in atto, una vera svolta epocale. Non è la praticabilità della proposta cristiana che è messa in questione; è la sua verità. Anzi è andata messa in discussione progressivamente la verità dell’istituto matrimoniale come tale. Mi spiego, partendo proprio da questo punto.

Da sempre, l’Occidente aveva pensato che l’istituto matrimoniale, pur nella varietà delle forme in cui era giuridicamente regolamentato e quotidianamente vissuto, avesse una sua propria natura. Non tutto nel matrimonio è convenzionale, e quindi negoziabile. Esiste uno “zoccolo duro”, cioè una verità del matrimonio indipendente dalle vicissitudini storiche.

Che cosa è accaduto, e sta accadendo? Viene negato che nel matrimonio esista “qualcosa” che le convenzioni non possono cambiare. Più precisamente. Il matrimonio non è per sua natura stessa un’unione legittima etero-sessuale in ordine alla procreazione-educazione dei figli; può anche essere un’unione legittima omo-sessuale, e la procreazione può essere legittimamente perseguita separatamente dalla sessualità coniugale. Chi stabilisce se il matrimonio è fra persone di sesso diverso o uguale? L’autonoma decisione del singolo, che gli ordinamenti giuridici devono semplicemente riconoscere senza discriminazioni di sorta.

Spero sia chiaro ora in che cosa consiste la svolta epocale di cui parlavo. Non viene detto: la proposta cristiana è impraticabile; viene detto: è falsa.

Devo a questo punto chiarire un poco questa descrizione della svolta epocale. Il matrimonio è qualcosa di singolare nella dottrina cristiana. Esso è uno dei sette sacramenti, ma non è stato “inventato” da Gesù Cristo. La sacramentalità presuppone sempre ciò che possiamo chiamare il matrimonio naturale, e sopra ho chiamato “ciò che definisce l’istituto matrimoniale come tale”. Poiché è questo che la dottrina cristiana afferma, l’attacco alla verità del matrimonio coinvolge anche la proposta cristiana; e alla sua radice.

Ho detto “anche”, poiché questa materia di contesa non coinvolge solo la Chiesa ma anche – oserei dire, soprattutto – la società civile e la sua sovrana organizzazione giuridica, cioè lo Stato.

Riprendo ora il tema della svolta epocale, per completare. La mutazione sostanziale nei confronti del matrimonio ha comportato la mutazione sostanziale delle fondamentali relazioni che costituiscono la famiglia: paternità/maternità – figliazione – fraternità.

Non considerando l’etero-sessualità elemento costitutivo dell’istituto matrimoniale, eo ispo devo mutare la definizione di paternità-maternità. La generazione della persona e la sua genealogia sono al contempo radicate nella biologia e la trascendono senza negarla. È nella biologia della persona che è inscritta la genealogia della persona [Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie (2 febbraio 1994) 9,1]. La relazione fondamentale paternità/maternità – figliazione, se viene sradicata dalla biologia, deve essere anche ridefinita ex novo. Chi è il padre/la madre? Chi ha dato il seme oppure chi si attribuisce il bambino? Chi ha dato l’ovulo oppure chi accoglie il bambino? La relazione diventa definibile secondo le convenzioni accettate e legalmente trascritte. Il convenzionalismo che ha investito l’istituto matrimoniale ha inevitabilmente coinvolto l’istituto famigliare.

Alla fine, in che condizione si trova l’Occidente a riguardo del matrimonio e della famiglia? Posso rispondere servendomi di un esempio.

Si può distruggere un edificio in due modi. Con una bomba, e lo rado al suolo; oppure lo de-costruisco pezzo per pezzo. Nel primo caso, alla fine ho solo polvere e macerie; nel secondo caso ho ancora tutti i pezzi ma non ho più l’edificio. È accaduta al matrimonio e alla famiglia la seconda cosa. Abbiamo ancora tutti i pezzi. Continuiamo a parlare di coniugi, di paternità/maternità; gli ordinamenti giuridici continuano ad avere i loro istituti. Ma sono pezzi, cioè termini che non veicolano più significati univoci, essendo stati estratti dall’insieme che li definiva. (…)

La Familiaris consortio è il Documento base di ogni pastorale matrimoniale.

Ancora nel 1974 K. Wojtyla scriveva: “Una onesta comprensione della realtà del matrimonio e della famiglia sulla base della fede richiede un approfondimento dell’antropologia della persona e del dono ed anche un approfondimento del criterio della comunità delle persone (“communio personarum”)”.

FC ha introdotto una forte ed ampia riflessione antropologica come esigenza imprescindibile per comprendere e far comprendere la dottrina cristiana del matrimonio.

Questi tre decenni che ci separano dalla promulgazione di FC hanno mostrato come questa visione fosse profetica.

L’esigenza della riflessione antropologica, come dimensione essenziale della proposta cristiana del matrimonio, è andata assumendo carattere di crescente urgenza, anche e prima di tutto dal punto di vista teoretico. Ci è chiesta la ricostruzione di una visione dell’uomo, che generata dalla fede, possa rispondere veramente alle domande dell’uomo su se stesso e sul suo destino.

Ma perché questa ricostruzione possa avvenire, il pensiero cristiano deve affrontare e vincere le tre sfide fondamentali che la contemporaneità gli sta lanciando: la sfida del nichilismo metafisico, la sfida del cinismo morale, la sfida dell’individualismo asociale.

La sfida del nichilismo: essa consiste nella negazione di un originario rapporto della nostra ragione colla realtà. Negazione che comporta una considerazione della realtà medesima alla stregua di un’illusione o di un gioco le cui regole sono frutto di pura convenzione. E’ la sfida al realismo della fede, perché nasce dalla negazione della capacità della ragione di andare oltre il verificabile. Se il pensiero cristiano non vincerà questa sfida, non usciremo dal costruttivismo convenzionalista in cui è caduta la dottrina civile del matrimonio.

La sfida del cinismo: negata ogni consistenza alla realtà, scompare il senso della divaricazione essenziale fra bene/male, e con ciò il gusto della scelta libera. Ogni scelta ha lo stesso significato, e pertanto nessuna scelta ha significato. L’etica, intesa come passione per la custodia dell’uomo, è estinta. E’ la sfida al realismo della speranza, perché nasce dalla negazione di un fine ultimo della vita. Se il pensiero cristiano non vincerà questa sfida, non usciremo dall’incapacità di mostrare l’incomparabilità di quel bene che è l’amore coniugale con quel vago e asettico senso di amore che non sa più definirsi, ed equipara ogni forma di convivenza.

La
sfida dell’individualismo: è il risultato delle due sfide precedenti. La convivenza umana è pensata come coesistenza regolamentata di egoismi opposti. E’ la sfida al realismo della carità cristiana, perché nasce dalla negazione pura e semplice della categoria antropologico-etica della prossimità. Se il pensiero cristiano non vincerà questa sfida, verrà meno la possibilità stessa di parlare in modo sensato e comprensibile del matrimonio cristiano.

Il matrimonio e la famiglia sono uno dei percorsi privilegiati per avere un’intelligenza teologica e filosofica della verità dell’uomo, e lungo questo percorso è inevitabile oggi non essere provocati da questa triplice sfida.

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Per ogni approfondimento vedi http://www.caffarra.it/relazione220112.php

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ZENIT Staff

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