L'abbraccio "paterno" di Francesco ai cittadini di Beslan, a 10 anni dalla strage

Padre Paolo De Carli, il carmelitano che ospitò 60 superstiti nel Convento di cui era all’epoca priore, legge le commosse parole del Papa nella lettera inviata per la triste ricorrenza

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È difficile riprendersi da una strage nella propria città che ha provocato centinaia e centinaia di morti. Anche se sono trascorsi dieci anni. Anche se tante persone si sono date da fare per aiutare, per recuperare, per assistere i superstiti.

D’altronde 331 morti, di cui 186 bambini, non sono un boccone facile da digerire. E quelle cicatrici sulle braccia, sulle gambe, sui corpi di 700 persone rimangono lì come un marchio a fuoco indelebile.

È comprensibile perciò che nella città di Beslan, nell’Ossezia del Nord, aleggi ancora una certa tristezza, un alone di risentimento per quei tre giorni maledetti tra il primo e il 3 settembre di dieci anni fa, quando, la scuola «Numero 1» fu occupata da un gruppo di fondamentalisti islamici e separatisti ceceni che sequestrarono circa 1200 persone fra adulti e bambini.

Furono attimi di orrore e di terrore che durarono fino a che forze speciali russe fecero irruzione nell’edificio scolastico per liberare gli ostaggi.

Poco dopo il blitz, scoppiò un incendio nella palestra. Un inferno. Un furgone dei vigili del fuoco locali arrivò quasi due ore dopo il divampare delle fiamme. Molti morirono, soprattutto bambini, e le ambulanze disponibili sul posto per trasportare i feriti erano troppo poche rispetto al numero delle vittime.

Un massacro, dunque. “Una esperienza tremenda che ha rischiato di spegnere nel cuore di molti il sorriso e la speranza”, lo ha definito Papa Francesco nella sua lettera indirizzata in questi giorni alla gente di Beslan, in occasione del decimo anniversario della strage.

“Con affetto accolgo l’invito di p. Paolo De Carli di indirizzarvi un messaggio di vicinanza e di incoraggiamento nel 10° anniversario dell’attentato disumano del 1° settembre 2004”, si legge nelle prime righe della lettera.

E di questo “attentato disumano” padre Paolo ne sa qualcosa, non certo per sentito dire. All’epoca della strage, il sacerdote era infatti il priore del Convento dei Carmelitani Scalzi delle Laste, nella provincia autonoma di Trento. Ovvero l’istituto che divenne una vera e propria “casa” per alcuni superstiti di Beslan. Furono circa 60 le persone, di cui 30 bambini, che lì trovarono rifugio, curate e assistite dai frati che – su spinta del priore – rinunciarono anche alla loro serafica vita di silenzio e preghiera pur di stargli vicino. Il convento diede ai sopravvissuti vitto e alloggio per circa due mesi, grazie anche al supporto del Movimento Ecclesiale Carmelitano e altri volontari presenti nel Convento delle Laste.

Nella sua lettera, Bergoglio si rivolge infatti aicari Padri Carmelitani, professori e volontari”, ai quali dice: proprio “sperimentando la vostra accoglienza e il vostro affetto, molti bambini hanno provato la bellezza dell’incontro e della casa”. “È bello dare una casa – sottolinea il Santo Padre – è bello far sentire alle persone il calore dell’accoglienza e dell’amore. Sono sicuro che la vostra cura e la vostra attenzione hanno spento la brace della disperazione e dell’odio, estirpando la radice del risentimento e della vendetta”.

“Questo ha sinceramente rallegrato il mio cuore. Mi sento molto vicino a voi e al vostro gesto”, prosegue il Pontefice. Ed esorta a “continuare a mostrare a tutti che un mondo migliore è possibile”. “Seminate perdono”, incoraggia, seminate “dolcezza e accoglienza, sapendo che i frutti di questi semi si vedranno, col passare del tempo, e si moltiplicheranno”.

Le parole del Papa hanno avuto l’effetto desiderato nei cittadini ancora scossi di Beslan. Il carmelitano le ha ripetute pubblicamente leggendo la lettera durante le celebrazioni di oggi per l’anniversario, alla presenza di alcune autorità della provincia di Bolzano.

Particolarmente commosse le ultime righe del testo, in cui Papa Francesco si rivolge direttamente ai ragazzi e ai familiari delle vittime. “Esprimo a voi tutta la mia vicinanza con un abbraccio paterno e affettuoso”, scrive. Si dice poi consapevole della “grave ferita” inflitta nel loro cuore. Ma, al contempo, assicura: “Il Signore crocifisso conosce la vostra pena. Lui, col seme della sua Resurrezione, saprà aiutarvi a superare la paura e l’incubo, e a trasformarle in forza di perdono”.

“Gesù – che è venuto a portare la gioia nel mondo, ha dovuto però attraversare il dolore della croce – vi indichi la strada e vi accompagni!”, è la benedizione finale di Bergoglio. Poi affida tutti alla protezione della Vergine Maria, Madre addolorata e Madre della consolazione perché – dice – “vi accompagni, vi custodisca e vi protegga sempre”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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