Kenya: in marcia per la speranza dopo la strage di Garissa

Il vescovo Darmarin: “L’uccisione di 142 studenti ci ha devastati, ma le comunità vogliono costruire un futuro di pace”

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È iniziata sabato scorso, in Kenya, la Marcia della Speranza che vede oltre mille uomini e donne percorre 800 chilometri, in ricordo della strage dell’università di Garissa dello scorso 2 aprile. Proprio dalla cittadina presa di mira dagli islamisti di Al Shabaab è partito il cammino degli attivisti che proseguirà fino a Mandera, al confine con la Somalia.

“Un’iniziativa coraggiosa che nasce in un momento di grande difficoltà, con molte scuole che restano chiuse e altre, come quella cattolica, con tanti banchi vuoti”, ha dichiarato all’agenzia Misna mons. Paul Darmanin, vescovo di Garissa. “Cammineranno per un mese nel deserto, con un caldo soffocante, con rischi concreti in termini di sicurezza”, ha aggiunto il presule, sottolineando che “l’uccisione di 142 studenti nel campus universitario ci ha lasciati devastati e attoniti, ma le nostre comunità vogliono rimboccarsi le maniche per costruire un futuro di convivenza pacifica”.

Secondo uno degli organizzatori della Marcia, Salah Abdi Sheikh, l’obiettivo è “creare consapevolezza e unità tra le comunità nelle regioni del nord del Kenya che affrontano sfide enormi, dal terrorismo ai conflitti tra i clan”. Nella diocesi di Garissa mancano all’appello, infatti, centinaia di insegnanti, perlopiù originari del sud del Paese, che non sono voluti tornare al lavoro dopo la strage all’università nel timore di nuovi attentati.

“A causa della mancanza di docenti – ha spiegato mons. Darmanin – spesso in classe fanno lezione ragazzi senza alcuna abilitazione, che hanno appena finito il loro ciclo di studi”. La scuola elementare gestita dalla Chiesa cattolica ha invece insegnanti a sufficienza. Il problema sono gli alunni, sempre di meno, anche perché dopo gli attentati di Al Shabaab molte famiglie ritengono più sicure le scuole musulmane. “Lo scorso anno – ha detto il vescovo – i bambini erano 400, mentre ora non sono più di 300”.

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ZENIT Staff

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