Human cell-line in laboratory

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Italia. Più "figli della provetta", più embrioni sacrificati

La Relazione del Ministero della Salute sull’applicazione della legge 40 è, secondo i ginecologi cattolici, “un segno evidente” della poca considerazione che si dà agli embrioni

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Mentre il numero complessivo di nati in Italia diminuisce progressivamente, aumenta quello dei bambini concepiti in provetta. Questo è il quadro offerto dalla Relazione sull’attuazione della legge 40 – che disciplina la fecondazione artificiale – consegnata nei giorni scorsi dal Ministero della Salute al Parlamento.
I piccoli nati da fecondazione artificiale sono stati, nel 2014, 12.658 su 15.947 gravidanze ottenute. Si è trattato del 2,5% del totale, in un anno in cui le nascite si sono attestate intorno alla cifra di 509mila (dato che è sceso, nel 2015, a 488 mila).
L’aumento di bambini nati da fecondazione artificiale indica almeno un paio di tendenze a cui il nostro Paese si sta adeguando.
In primo luogo lo spostamento in avanti dell’età del primo concepimento nelle donne. Meno giovane è la donna, minori sono gli ovociti presenti nelle ovaie. Mediamente, tra i 32 e i 37 anni, si registra un significativo calo di ovociti, suscitando anche significativi cambiamenti in negativo nella fertilità.
La difficoltà nel rimanere incinta in età avanzata, ancorché si tratta spesso del primo tentativo, è uno dei motivi che spinge tante donne a ricorrere alla fecondazione artificiale. Ecco allora spiegato l’aumento delle donne con più di 40 anni che si rivolgono alla provetta.
Le possibilità di successo, tuttavia, sono marginali: i dati del Ministero parlano del 16,54% di coppie che, dopo aver intrapreso un percorso con la fecondazione in vitro, riescono ad ottenere un figlio.
Il ricorso diffuso di over-40 alla provetta, indica poi un’altra tendenza, denunciata dall’Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici (Aigoc), ossia la “significativa impennata” del numero di embrioni sacrificati (149.950 contro i 143.770 del 2013) e crioconservati (congelati in sovrannumero rispetto a quelli effettivamente trasferiti in utero per non dover ripetere la stimolazione ovarica propedeutica alla fecondazione artificiale).
Il 29% in più di embrioni congelati corrisponde a 28.757 (nel 2013 erano stati 22.143). Si tratta di embrioni che affollano i congelatori delle 362 cliniche pubbliche e private che in tutto il territorio nazionale si occupano del settore. Embrioni il cui destino è quanto mai incerto. Molti di loro finiscono per esser lasciati morire.
Si tratta, secondo l’Aigoc, di “un segno evidente della poca considerazione che il Parlamento e il Governo hanno della dignità di questi embrioni e dell’enunciato dell’art. 1 della legge 40/2004”, il quale consente il ricorso alla procreazione assistita, al fine però che vengano assicurati “i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”.
Già nel settembre 2014, l’Aigoc aveva pubblicato un apposito opuscolo per denunciare il fatto che “il 90,68% degli embrioni trasferiti in utero è destinato a morte certa”, un dato che rende “inaccettabile” la fecondazione in vitro. Pertanto l’Aigoc chiedeva due anni fa, e torna a farlo oggi, “un sollecito provvedimento” alle Istituzioni per contrastare questa violazione dell’art. 1 della legge 40.
I ginecologi e gli ostetrici cattolici si augurano allora che il Fertility Day del prossimo 22 settembre, annunciato in questi giorni dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, “non diventi una vetrina delle tecniche e dei centri di riproduzione umana”, ma “sia un momento di riscoperta della bellezza della fertilità umana e del bisogno improcrastinabile di conoscerla, preservarla dai numerosi rischi presenti nel nostro tempo, rispettarne i ritmi in essa presenti mettendo i giovani in condizioni di poter procreare nell’età migliore”.
L’Aigoc vede poi nei metodi naturali di regolazione della fertilità – definiti efficaci, scientificamente provati ed ecologici – un patrimonio da valorizzare e da far conoscere ai giovani.

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Federico Cenci

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