Partecipanti all’Incontro di lavoro sulla crisi in Iraq, in Siria e nei Paesi limitrofi - Foto © Vatican Media

Iraq, Siria e Paesi limitrofi: "Assicurare loro protezione e futuro è un dovere di civiltà"

Udienza ai Partecipanti al VI Incontro di lavoro sulla crisi in Iraq, in Siria e nei Paesi limitrofi

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Alle ore 11.45 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco riceve in Udienza i partecipanti al VI Incontro di coordinamento degli Organismi caritativi cattolici operanti in Iraq, in Siria e nei Paesi limitrofi, promosso dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, in particolare della Sezione Migranti e Rifugiati, in collaborazione con la Segreteria di Stato e la Congregazione per le Chiese Orientali, in corso dal 13 al 14 settembre presso la Pontificia Università Urbaniana.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti all’Udienza:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle,
saluto e ringrazio tutti voi che partecipate a questo sesto incontro di coordinamento sulla risposta della Chiesa alla crisi in Iraq, in Siria e nei paesi vicini, incontro che quest’anno coinvolge anche la Sezione Migranti e Rifugiati. Ringrazio particolarmente il Cardinale Peter Turkson e il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale per aver organizzato questo incontro, in collaborazione con la Segreteria di Stato e la Congregazione per le Chiese Orientali. Ringrazio anche il Signor Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, per la sua presenza e per il lavoro che svolge a favore dei rifugiati.
Da troppi anni i conflitti insanguinano quella regione e la situazione delle popolazioni in Siria e in Iraq e nei Paesi vicini continua a destare grande preoccupazione. Ogni giorno, nella preghiera, porto davanti al Signore le sofferenze e le necessità delle Chiese e dei popoli di quelle amate terre, come pure di coloro che si prodigano per dare loro aiuto. Con la vostra terza indagine sull’aiuto umanitario delle entità ecclesiali, state apportando un importante contributo per meglio comprendere le necessità e meglio coordinare gli aiuti in favore di queste popolazioni. Come ho più volte ricordato, esiste il rischio che la presenza cristiana sia cancellata proprio nella terra da cui si è propagata nel mondo la luce del Vangelo.
In collaborazione con le Chiese sorelle, la Santa Sede lavora assiduamente per garantire un futuro a queste comunità cristiane. La Chiesa intera guarda a questi nostri fratelli e sorelle nella fede e li incoraggia con la vicinanza nella preghiera e la carità concreta a non rassegnarsi alle tenebre della violenza e a tenere accesa la lampada della speranza. La testimonianza d’amore con cui la Chiesa ascolta e risponde al grido di aiuto di tutti, a partire dai più deboli e poveri, è un luminoso segno per il presente e un seme di speranza che germoglierà nel futuro. Quest’opera squisitamente cristiana mi ricorda alcuni passaggi della cosiddetta “Preghiera semplice” attribuita a San Francesco d’Assisi: «Dov’è odio, fa’ che io porti l’amore […]. Dov’è disperazione, che io porti la speranza. Dov’è tristezza, che io porti la gioia».
Tra le molte lodevoli iniziative da voi promosse, mi preme quest’anno citare il grande lavoro per sostenere il rientro delle comunità cristiane nella piana di Ninive, in Iraq, e le cure sanitarie assicurate a tanti malati poveri in Siria, in particolare attraverso il progetto “Ospedali Aperti”.
Cari fratelli, insieme, con la grazia di Dio, guardiamo al futuro. Incoraggio voi, che operate a nome della Chiesa, a continuare a prendervi cura dell’educazione dei bambini, del lavoro dei giovani, della vicinanza agli anziani, della cura delle ferite psicologiche; senza dimenticare quelle dei cuori, che la Chiesa è chiamata a lenire: «Dov’è offesa, che io porti il perdono. Dov’è discordia, che io porti l’unione».
Chiedo infine, con forza, alla Comunità internazionale di non dimenticare i tanti bisogni delle vittime di questa crisi, ma soprattutto di superare la logica degli interessi e di mettersi al servizio della pace ponendo fine alla guerra. Non possiamo chiudere gli occhi sulle cause che hanno costretto milioni di persone a lasciare, con dolore, la propria terra. Nello stesso tempo incoraggio tutti gli attori coinvolti e la Comunità internazionale a un rinnovato impegno in favore del rientro sicuro degli sfollati alle loro case. Assicurare loro protezione e futuro è un dovere di civiltà. È asciugando le lacrime dei fanciulli che non hanno visto altro che macerie, morte e distruzione che il mondo ritroverà la dignità (cfr Parole a conclusione del dialogo, Bari, 7 luglio 2018). A tale proposito, ribadisco il mio apprezzamento per i grandi sforzi a favore dei rifugiati compiuti da diversi Paesi della regione e dalle varie Organizzazioni tra cui alcune qui rappresentate.
Facciamo nostra ancora la Preghiera: «O Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace […]. Dove sono le tenebre, che io porti la luce». Essere strumenti di pace e di luce: è l’augurio che faccio ad ognuno di voi. Dal profondo del cuore: grazie per tutto quello che fate ogni giorno, insieme a tanti uomini e donne di buona volontà. Il Signore vi benedica e la Madonna vi accompagni.

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ZENIT Staff

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