Intervento della Santa Sede a Ginevra sulla mortalità materna

Iniziative efficaci per ridurre la mortalità materna

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ROMA, martedì, 20 settembre 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l’intervento pronunciato, il 15 settembre, dall’Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e Istituzioni Specializzate a Ginevra, sulla mortalità materna, nell’ambito della diciottesima sessione del Consiglio dei Diritti dell’Uomo, in corso a Ginevra.

* * *

Presidente,

La Delegazione della Santa Sede ha rivisto con molta attenzione il Rapporto su «Pratiche per l’adozione di un approccio basato sui diritti umani per eliminare la mortalità materna evitabile e diritti umani» (A/HRC/18/27, 8 luglio 2011), la Risoluzione 15/17 del 2010 del Consiglio dei Diritti dell’Uomo su «Mortalità e morbosità materne evitabili, e diritti umani: verifica della Risoluzione 11/8 del Consiglio» (Consiglio dei Diritti Umani, XV Sessione, Risoluzione 15/17. Mortalità materna evitabile, morbosità e diritti umani: verifica della Risoluzione 11/8, 7 ottobre 2010; xi Sessione, Risoluzione 11/8, giugno 2009) nonché la Risoluzione 11/8. Quest’ultima Risoluzione ha espresso «grave preoccupazione per il tasso globale inaccettabilmente elevato di mortalità e morbosità materne evitabili», ha riconosciuto questo fenomeno come «una sfida per la salute, lo sviluppo e i diritti umani» e ha incoraggiato gli Stati e altre importanti parti in causa, incluse le istituzioni nazionali per i diritti umani e le organizzazioni non governative, a prestare «maggiore attenzione al problema della mortalità e morbosità materne evitabili e a destinarvi più risorse» nel contesto dell’impegno per tutelare i diritti umani.

Nonostante questi impegni rigorosamente articolati, però, la comunità internazionale deve riconoscere, con profondo rincrescimento, che si sono fatti progressi insufficienti per evitare i decessi di 350.000 donne all’anno, durante la gravidanza e il parto. Quindi, la mia Delegazione ritiene necessario affermare, ancora una volta, che «ogni donna è uguale in dignità all’uomo ed è un membro a tutti gli effetti della famiglia umana, nell’ambito della quale essa occupa un posto importante ed ha una vocazione che è complementare ma in nessun modo inferiore a quella dell’uomo» (Giovanni Paolo II Lettera al Segretario generale della Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo, dal Vaticano, 18 marzo 1994, paragrafo 8).

La mia Delegazione è lieta di osservare tre delle «caratteristiche comuni di pratiche valide ed efficaci per ridurre la mortalità e la morbosità materne» alle quali ha richiamato l’attenzione il Rapporto discusso oggi: 1) Ampi mutamenti sociali e legali per migliorare la condizione delle donne, promuovendo la parità fra uomini e donne, l’eliminazione dei matrimoni in età precoce e la conseguente promozione di una dilazione nell’inizio dei rapporti sessuali, miglioramento della condizione sociale, economica, sanitaria e alimentare di donne e ragazze ed eliminazione di alcune pratiche dannose quali la mutilazione genitale femminile e la violenza domestica; 2) Rafforzamento dei sistemi sanitari e dell’assistenza sanitaria di base per migliorare l’accesso e la fruizione di ostetrici validi e assistenza ostetrica d’emergenza in caso di complicazioni; 3) Miglioramento del monitoraggio e della valutazione degli obblighi statali per garantire la responsabilità di tutti gli attori e per realizzare le varie politiche.

La Chiesa cattolica sostiene una vasta rete di servizi sanitari in tutte le parti del mondo e, in particolare, offre assistenza a comunità povere e rurali che spesso sono escluse dall’accesso ai servizi promossi dai governi. Alcune organizzazioni cattoliche hanno elaborato servizi specializzati nella riparazione delle fistole e offrono trattamenti olistici e reintegrazione sociale delle vittime di violenza domestica e promuovono lo sviluppo integrale e l’educazione di donne e ragazze. Inoltre, le organizzazioni cattoliche sono attive nella difesa, a livello globale, regionale, nazionale e locale, di politiche e pratiche volte a tutelare i diritti di donne e di bambine. Quindi, la mia Delegazione desidera assicurarLa, Presidente, del suo forte sostegno ai summenzionati elementi di buona prassi.

A proposito di due altri elementi proposti dal Rapporto e definiti «aspetti di buona prassi» per ridurre la morbosità e la mortalità materne, ovvero «aumentare l’accesso alla contraccezione e alla pianificazione familiare» e risolvere il problema del cosiddetto «aborto non sicuro per donne», la Santa Sede desidera esprimere il suo forte disaccordo. La mia Delegazione ritiene che debba essere rivolta «una particolare attenzione affinché al marito e alla moglie venga assicurata la libertà di decidere responsabilmente, liberi da qualsiasi coercizione sociale o legale, il numero di figli e l’intervallo tra una nascita e l’altra. Intento dei governi o delle altre agenzie non dovrebbe essere quello di decidere per le coppie ma, piuttosto, di creare le condizioni sociali che permettano loro di prendere decisioni corrette alla luce delle loro responsabilità di fronte a Dio, a se stessi, alla società di cui fanno parte e all’ordine morale oggettivo» (Giovanni Paolo II Lettera al Segretario generale della Conferenza su popolazione e sviluppo, op.cit., paragrafo 3). Inoltre, riteniamo che «l’aborto, che distrugge la vita umana esistente… non è mai un metodo accettabile di pianificazione familiare, come del resto è stato riconosciuto all’unanimità durante la Conferenza Internazionale delle Nazioni Unite sulla Popolazione svoltasi a Città del Messico nel 1984». Quindi riteniamo totalmente inaccettabile che il cosiddetto «aborto sicuro» venga promosso dal Rapporto discusso in questa Sessione del Consiglio dei Diritti dell’Uomo oppure, forse in maniera ancora più significativa, dalla Strategia Globale per la Salute delle Donne e dei Bambini delle Nazioni Unite, avviata dal Segretario Generale delle Nazioni Unite nel settembre 2010.

Presidente, le preoccupazioni che ho menzionato sono comprovate da dati accertati. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha dimostrato che in Africa le donne muoiono soprattutto per cinque cause principali: patologie connesse all’ipertensione, mancanza di assistenza ostetrica, emorragie, sepsi e infezioni, e malattie legate all’Hiv (Khalid S. Khan et al., WHO Analysis of Causes of Maternal Deaths: a Systematic review, Lancet, 367, 2006: 1066-1074).

Gli interventi conosciuti per affrontare queste emergenze mediche includono formazione e impiego di abili ostetrici, fornitura di antibiotici e di medicazioni uterotoniche e miglioramento del sistema delle banche del sangue. La mia Delegazione ritiene totalmente inaccettabile qualsiasi tentativo di stornare le risorse finanziarie tanto necessarie da questi efficaci interventi salva-vita verso più ampi programmi per la contraccezione e l’aborto volti a limitare la procreazione di nuova vita o a distruggere la vita di un bambino.

In conclusione, la Delegazione della Santa Sede esprime la ferma speranza che la comunità internazionale riesca a ridurre la morbosità e la mortalità materne, promuovendo interventi efficaci basati su valori profondi e costanti nonché su conoscenze scientifiche e mediche e che siano rispettosi della sacralità della vita dal concepimento fino alla morte naturale, perché «la presenza materna all’interno della famiglia è così importante per la stabilità e la crescita di questa cellula fondamentale della società, che dovrebbe essere riconosciuta, lodata e sostenuta in ogni modo possibile» (Benedetto XVI, Discorso all’incontro con i movimenti cattolici per la promozione della donna, Luanda, Angola, parrocchia di St. Anthony, 22 marzo 2009). 

[©“L’Osservatore Romano”, 21 settembre 2011]

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ZENIT Staff

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