Interventi al Sinodo nella mattina dell'11 ottobre

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 12 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo i riassunti degli interventi pronunciati al Sinodo sulla Parola di Dio nella mattina dell’11 ottobre, quando è iniziata la decima Congregazione generale.

 

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

 

* * *

– S.E.R. Mons. Joseph VÕ ĐÚC MINH, Vescovo Coadiutore di Nha Trang (VIET NAM)

1. La Chiesa di Cristo in Vietnam, dopo l’accoglimento del Vangelo nel 1533 e, soprattutto, dopo la nomina dei primi tre Vescovi nel 1659, ha percorso un cammino pieno di croci. Attraverso gli alti e bassi della loro storia, i cattolici vietnamiti, come gli ebrei al tempo dell’esilio, hanno compreso che solo la Parola di Dio permane e non delude mai. Questa Parola che pervade di sé le preghiere, la Via Crucis e l’Angelus, i Misteri da meditare nel Santo Rosario, gli inni, i canti di argomento biblico, le lezioni di catechismo, le devozioni popolari, le paraliturgie, le serate di preghiera in famiglia, l’ascolto e la condivisione della Parola che costituiscono una vera “lectio divina”, ecc., è diventata la fonte di consolazione e di forza che dà fermezza a tutti i membri del Popolo di Dio e, allo stesso tempo, il punto focale che li aiuta a scoprire il loro futuro.
2. La Parola di Dio aiuta a scoprire il vero volto di Gesù Cristo, che incarna l’amore redentore di Dio, attraverso il mistero della Croce. A causa della dolorosa esperienza vissuta dalla Chiesa di Cristo in Vietnam, il mistero della Croce si è fatto non solo vicino alla vita quotidiana, ma è divenuto anche un elemento essenziale che riunisce il Popolo di Dio. Ereditando la cultura millenaria del “culto degli antenati” che esprime la pietà filiale del nostro popolo, i cristiani, per celebrare l’anniversario della morte di un membro della famiglia, traggono ispirazione dalla Cena, dalla Passione, dalla Morte e Risurrezione di Nostro Signore, il cui esempio continua a commuovere l’animo vietnamita. I racconti delle prove attraversate dai Patriarchi e dai profeti, in particolare “san” Giobbe nell’Antico Testamento, e dalla Santa Vergine Maria, san Giuseppe e gli Apostoli del Nuovo Testamento continuano a sostenere la fede dei cattolici.

– S.E.R. Mons. Stanislav ZVOLENSKÝ, Arcivescovo di Bratislava (SLOVACCHIA)

Nella storia incontriamo molti uomini e donne che hanno letto la Sacra Scrittura in un modo che li ha portati ad un totale riorientamento della vita, al cambiamento del modo di pensare e di agire, oppure almeno ad una nuova ragione da dare alla propria posizione di fede. La storia della Chiesa viene continuamente caratterizzata dal ritorno ad un radicalismo esistenziale della Scrittura. La santità di molti cristiani è una conseguenza della sincera e spesso radicale risposta alla chiamata della Parola di Dio.
Verificare il modo della lettura della Scrittura dei Santi ci può condurre alla scoperta dei modi della lettura della Sacra Scrittura che anche se non sono del tutto nuovi, sono stati un po’ dimenticati.
Come esempio ci può servire la lettura francescana della Bibbia che senza dubbio si presenta sorprendente, se la guardiamo dal punto di vista degli odierni criteri scientifici d’interpretazione e dal punto di vista dei frutti della fede che questa lettura ha portato. Uno dei segni caratteristici di questa lettura è stato il principio sine glossa. Si trattava dell’accoglienza della Parola di Dio così, come è scritta nella Sacra Scrittura, senza dei commenti accademici. Secondo san Francesco la verità Divina non è oggettivizzata nelle parole e nelle frasi della Bibbia, non sta sempre a disposizione come una risposta pronta da darsi a tutti i problemi. Si può scoprire soltanto nel contesto intero e personale, non si concentra sulla materia del testo, ma sull’agire di Dio. L’esegesi di San Francesco porta a riconoscere il carattere sacramentale della Parola di Dio.
I punti sopra presentati presentano soltanto un’illustrazione di come si possono trovare nei Santi le prospettive ermeneutiche di una tale lettura della Scrittura che porta al radicalismo della fede. Così, allora, come possiamo trovare un certo principio ermeneutico in San Francesco, è utile e forse necessario cercare di scoprirlo anche nella vita di altri Santi, della ricchezza dei quali la Chiesa abbonda.

– S.Em.R. Card. Daniel N. DI NARDO, Arcivescovo di Galveston-Houston (STATI UNITI D’AMERICA)

La Parola Eterna si è annullata per la nostra salvezza. In modo analogo, lo Spirito Santo si è dato e si è “umiliato” nell’ispirazione delle Sacre Scritture. Con grande garbo Egli ha adattato il “linguaggio” divino al pensiero della nostra natura umana (cf Dei Verbum 9 e 11). La narrazione perfino di avvenimenti futili, all’apparenza banali nella Sacra Scrittura, fa parte dell’autentica economia della nostra salvezza e deificazione.
Parlo a nome dei Cattolici che vivono nella famosa Cintura biblica del meridione degli Stati Uniti.
Si tratta di una vera collocazione geografica, ma anche di una mentalità diffusa in molte parti del mondo. Tale modo di pensare solleva giustamente istanze e problemi, ma ha tenuto viva la visione e la terminologia biblica e un senso di azione divina nel mondo che è importante per noi. Nel Documento di lavoro al par. 18 a-g e al 22 c-d, la Parola di Dio viene proclamata in modo cristologico ricco e profondo. La pneumatologia tuttavia è molto discreta. I cattolici della Cintura biblica hanno bisogno di una pneumatologia che li aiuti a leggere la Scrittura.
Vorrei suggerire la pubblicazione di un Compendium, simile ai documenti dello stesso tipo, indirizzato ai fedeli. Potrebbe rappresentare un orientamento chiaro e diretto per illustrare i ricchi e fruttuosi metodi della Chiesa nel leggere e condividere le Sacre Scritture. Tale Compedium sarebbe uno strumento di incommensurabile valore nella lettura personale della Bibbia, per i gruppi di Studi Biblici, ecc. Completamente ecclesiale e cattolico, potrebbe inoltre essere di grande aiuto negli studi biblici ecumenici in cui sono impegnati molti dei nostri membri. Potrebbe contribuire a recuperare quel vivo ed eccellente senso della visione cattolica sull’ispirazione dello Spirito Santo nelle Sacre Scritture.

– S.E.R. Mons. Ramón Alfredo DUS, Vescovo di Reconquista (ARGENTINA)

Nel numero 17 del Documento di lavoro si parla de “(…) il bisogno di una urgente formazione alla lettura cristiana dell’Antico Testamento, riconoscendo il rapporto che collega i due Testamenti e i valori permanenti dell’Antico”. A questo proposito è opportuno ricordare l’affermazione della DV16, ossia che l’Antico Testamento illumina e spiega il Nuovo Testamento. Non si potrà quindi rinunciare mai, né in teoria, né in pratica, alla lettura e all’interpretazione dell’Antico Testamento per comprendere il Nuovo.
Un testo di Sant’Ireneo (Adversus Haereses, IV, 33,13) sottolinea l’unità dell’azione salvifica del Padre, del Figlio e dello Spirito, fin dagli albori, e spinge a riconoscere che tale azione divina è portata a compimento nell’Antico Testamento dai patriarchi, dai profeti e da tutto il popolo di Dio, per tutta l’umanità. La salvezza che il Dio trinitario compie in ogni momento della storia partecipa a livello ontologico della sua azione salvifica totale e in questo senso è sempre piena. L’affermazione di una “salvezza piena” nell’Antico Testamento può oscurare il carattere imprescindibile del Nuovo Testamento. Ma Sant’Ireneo stesso dà una risposta a questa difficoltà: quale novità ci ha recato il Signore venendo? Reca una totale novità: presenta se stesso (cf Adversus Haereses, IV, 34,1; cf Documento di lavoro 11).
La salvezza che si compie in Cristo, comprensibile fin dall’Antico Testamento, rivela una struttura trinitaria del rapporto tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Tale rapporto, prima di essere concepito in uno schema temporale, rientra più propriamente nelle categorie della partecipazione e dell’analogia. Questa presentazione può superare le carenze derivanti dallo schema promessa-adempimento e da una supposta inutilità dell’Antico Testamento.
Gesù con la sua comunità – la sua Chiesa – è la chiave storica che rende perfettamente comprensibile la salvezza piena dell’Antico Testame
nto; perciò una conoscenza profonda di esso è imprescindibile per la vita di ogni discepolo e per la missione di un pastore della Chiesa di Cristo.

– S.E.R. Mons. Enrique DÍAZ DÍAZ, Vescovo titolare di Izirzada, Vescovo ausiliare di San Cristóbal de Las Casas (MESSICO)

“Ci sarà fedeltà alla Parola di Dio quando la prima forma di carità si realizza nel rispetto dei diritti della persona umana, nella difesa degli oppressi e di quanti soffrono” (IL, 39). E tra coloro che soffrono ci sono in particolare gli indigeni delle nostre comunità dell’America Latina. Ad Aparecida i Vescovi assumevano un impegno serio: “Il nostro servizio pastorale alle comunità indigene ci impone di annunciare Gesù Cristo e la Buona Novella del Regno di Dio, denunciare le situazioni di peccato, le strutture di morte, la violenza e le ingiustizie interne ed esterne, promuovere il dialogo interculturale… Gesù Cristo è la pienezza della Rivelazione per tutti i popoli (95).
In molti luoghi si è avviata una relazione fra la Parola e le culture indigene. In un certo senso la Bibbia è molto vicina alle loro concezioni e cosmogonie per la comune cultura rurale. La creazione, il concetto di Dio, il significato della Redenzione e della Croce, la vita in comunità, offrono molte possibilità di incontro. Tuttavia sono culture differenti, un cammino appena intrapreso e che bisogna percorrere facendo attenzione, per non condannare ciò che non si comprende, per chiarire e valorizzare la Parola Rivelata, per non distruggere culture e incarnare realmente il Vangelo nei nostri popoli.
Da parte cattolica, c’è una scarsa traduzione della Bibbia nelle lingue indigene e si è cercato molto poco di comprendere la loro cultura e la loro concezione. Finché la Parola Rivelata non diventerà “parola viva, scritta nelle loro culture e nella loro vita” sarà molto difficile che arrivi a penetrare nel cuore e a incarnarsi in questi popoli. Come Chiesa, dobbiamo proclamare questa “buona novella” inculturata, che faccia fiorire il loro cuore e li mantenga in piedi, con dignità, e possano offrirci la loro parola evangelizzatrice (IL, 40 e 46).

– S.E.R. Mons. Basil Myron SCHOTT, O.F.M., Arcivescovo Metropolita di Pittsburg dei Bizantini, Presidente del Consiglio della Chiesa Rutena (STATI UNITI D’AMERICA)

In Oriente, le scritture si trovano nella preghiera dei Padri della Chiesa, nella Tradizione e nelle funzioni liturgiche. Il Verbo Incarnato rimane presente nella Chiesa in due modi: nella Parola biblica e nell’Eucaristia, realizzate nella vita della Chiesa dallo Spirito Santo.
La Scrittura non è vista prima di tutto come una norma scritta, quanto piuttosto come una consacrazione della Storia della Salvezza sotto le specie della parola umana. Il contenuto e l’unità della Scrittura non fanno riferimento ai libri delle Scritture, ma alla realtà alla quale questi libri rendono testimonianza, una testimonianza quindi al Vangelo di Gesù Cristo.
La Theotokos rimane il primo modello di accoglimento della Parola e ciò è esemplificato nell’Inno Acatista della Madre di Dio.

– S.E.R. Mons. Anthony Sablan APURON, O.F.M. Cap., Arcivescovo di Agaña, Presidente della Conferenza Episcopale (GUAM)

Buone omelie che parlano all’esperienza dell’uomo d’oggi possono spingere le persone alla conversione. Ma ciò che occorre oggi, oltre alle buone omelie, sono delle valide testimonianze di vita della Parola di Dio vissuta.
Nella mia esperienza con il Cammino neocatecumenale – come, sono certo, avviene anche nelle altre realtà ecclesiali attraverso la Lectio Divina, i sette passi per la condivisione del Vangelo o i gruppi di condivisione della fede – vi è l’opportunità quotidiana di “scrutare” la Parola di Dio, di riflettere sui passi della Sacra Scrittura, specialmente sulle letture liturgiche della Messa, per vedere come la Parola di Dio ci colpisce nella vita così come viene vissuta oggi. Sarebbe bello se ogni vescovo, sacerdote, religioso e laico lo facesse!
Se la Parola di Dio deve essere viva nella nostra vita e nella nostra missione come Chiesa, noi, come vescovi e sacerdoti, guide, religiosi professi e laici impegnati, dobbiamo dare l’esempio agli altri e metterci ogni giorno al servizio della Parola di Dio; dobbiamo non solo dire, ma anche mostrare e non considerarci al di sopra delle persone comuni perché abbiamo ricevuto una formazione oppure l’ordinazione o abbiamo emesso una professione. Se noi, come Chiesa nel suo insieme, vogliamo essere testimoni credibili di Cristo nel mondo attuale, il mondo e specialmente i poveri e gli emarginati, devono vederci come umili servi, come ascoltatori premurosi e guide generose come Gesù di Nazaret, del quale ci proclamiamo seguaci, discepoli e apostoli.
Prego perché questo Sinodo aiuti tutti noi a comprendere l’importanza che la Parola di Dio deve avere nella nostra vita, non soltanto come testo sacro, ma davvero come la Parola conclusiva dell’amore di Dio per gli uomini, incarnato in Suo Figlio Gesù Cristo! E possa Maria, Madre del Signora e nostra Madre, mostrarci con l’esempio della sua vita come far conoscere agli altri che noi per primi viviamo la Parola di Dio e sfidiamo gli altri a venire e a fare altrettanto, nel nome di Cristo.

– S.Em.R. Card. Miloslav VLK, Arcivescovo di Praha (REPUBBLICA CECA)

Non voglio ripetere ciò che è già stato detto più volte, neanche solo sviluppare la teologia della Parola. Intendo raccontare, come conferma, qualche esperienza con la Parola di Dio, fatta durante il tempo del comunismo.
Il partito comunista era molto geloso della gioventù. Era vietata ogni organizzazione dei credenti. E perciò loro si riunivano clandestinamente nelle baite, nelle montagne, nei boschi. Era molto difficile avere tra loro un sacerdote che potesse guidarli e celebrare la Messa. In questa situazione loro hanno avuto tra le mani la Bibbia e Dei Verbum. Ogni giorno hanno cominciato col leggere e meditare la Parola e si sono sforzati di viverla insieme durante il giorno. Una volta hanno preso la parola: “Amatevi come io vi ho amato…” (Gv 15, 12).Vivendo intensamente questa Parola, dopo un certo tempo di vita intensa dalla Parola si sono accorti che lo Spirito Santo presente nei loro cuori è diventato la forza che ha fatto nascere tra loro la comunione. E hanno scoperto che la forza dello Spirito Santo nei loro cuori, l’amore di Dio, vissuto vicendevolmente tra loro, portava la presenza del Risorto in mezzo a loro, realizzando la Parola di Gesù: ”Dove due o tre sono riuniti nel mio nome ivi sono io in mezzo a loro” (Mt 18, 20).
Una volta uno di loro ha portato un suo amico senza spiegare troppo di quale gruppo si trattava. Di sera, quando si parlò della giornata passata, questo ragazzo ha chiesto la spiegazione dicendo: qui c’è qualcosa di speciale tra di voi. Che cosa è questo …
Una altra volta questo gruppo è andato in Germania orientale, comunista, dove la Chiesa godeva di più grande libertà. Hanno invitato altri ragazzi che non sono stati abituati a vivere dei sacramenti. Anche lì si è vissuto dalla parola di Dio… Si poteva partecipare alla messa ogni giorno. Dopo qualche giorno di vita nella comunione viva, profonda, i giovani non praticanti nel momento di comunione eucaristica si sono sentiti esclusi dalla comunità. Hanno chiesto di poter confessarsi. E hanno poi detto pubblicamente che la comunione, l’unità nel gruppo era così forte che era difficile nel momento sacro di comunione eucaristica di essere “scomunicati”.
La comunione nata dalla parola di Dio ha una forza di attrazione. Dopo alcuni anni era nata in mezzo a loro qualche vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata.
Ed era nata una grande gioia tra di loro, un dono dello Spirito Santo, e la speranza nella situazione disperata, nonostante il comunismo attorno. Sì, è vero: la Chiesa nasce e vive dalla Parola di Dio… Proprio nei tempi di comunismo molti lo hanno sperimentato…

– S.E.R. Mons. Georg MÜLLER, SS.CC., Vescovo Prelato di Trondheim (NO
RVEGIA)

In una Chiesa di diaspora estrema in mezzo a cristiani di altre chiese e comunità ecclesiali, il Sinodo sottolinea l’importanza della Scrittura e della Parola di Dio. La collaborazione biblica rappresenta un ampio forum per l’ecumenismo. Collaborando con le società bibliche nazionali, già da molti anni utilizziamo edizioni della Bibbia che non abbiamo realizzato da soli.
Al contempo, questa comunione viene compresa e intesa in maniera diversa. Questo ha un effetto importante sulla comprensione della dottrina cristiana e sulla sua applicazione nella vita. In un mondo sempre più secolarizzato, la Chiesa deve trovare nuovi modi per dare uno spazio vivo alla Parola di Dio e per dare risalto alle esperienze positive con essa.
La Chiesa cattolica in Scandinavia è una forte minoranza. Spesso nei nostri paesi è difficile per i fedeli poter accedere alla comunità ecclesiale a causa delle grandi distanze dalle chiese, degli insediamenti sparsi, della situazione dell’immigrazione e della mancanza di conoscenza della Chiesa ad essa collegata, delle diversità linguistiche e culturali. Questa situazione di diaspora si pone al centro delle nostre riflessioni, mentre in passato ci siamo confrontati con le grandi Chiese in Europa. Siamo una minoranza in una società secolare. Ma se guardiamo a noi stessi, non ci definiamo Chiesa della diaspora, poiché siamo abituati ad essere pochi.
Dedicarsi nuovamente alla Parola di Dio e alla Sacra Scrittura dischiude ai credenti delle piccole comunità nuove possibilità di sperimentare a partire dalla fede e, quindi, di rafforzare la fede. Il numero esiguo ci invita a guardare alla realtà del lievito (cf Mt 13, 33) e a riscoprire, da questa prospettiva, lo spirito missionario. Il lievito agisce fino a quando tutta la massa non è fermentata.
La Chiesa in Scandinavia contribuisce, vivendo la Parola nel tempo attuale, a “fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione” (Novo Millennio Ineunte 43).

– S.E.R. Mons. Kidane YEBIO, Vescovo di Keren (ERITREA)

Come è noto, sin dai primordi la Chiesa considera l’Antico Testamento parte e pezzo dell’unica Bibbia cristiana e parte integrante della Rivelazione. Pertanto, la Bibbia è legata in modo unico alla Parola di Dio. La Bibbia stessa testimonia l’identificazione intenzionale della Parola di Dio con la Scrittura. La Parola di Dio, così come viene descritta nella Lettera agli Ebrei 4, 12-13, è una realtà viva ed efficace, è eterna (Is 40, 8), onnipotente (Sap 18, 15), una forza creativa (cf Gen 1, 3 ss) e dà origine alla storia. Questa Parola è la Parola di Dio che è Gesù Cristo, Dio e Uomo. Il Figlio è il Verbo Eterno, sempre presente in Dio, perché Lui stesso è Dio (cf Gv 1, 1).
La conoscenza dell’Antico Testamento come Parola di Dio appare come la vera sfida del tempo attuale nei termini del suo rapporto con il mistero di Cristo e con la Chiesa. Nonostante le numerose traduzioni della Bibbia in lingue diverse, la distribuzione gratuita o meno della Bibbia, l’Antico Testamento continua ad essere la parte meno letta della Bibbia e la meno compresa nel nostro mondo cattolico. L’ambiente della lettura è diverso a seconda delle circostanze.
A livello individuale: molti sono riluttanti ad affrontare i passi dell’Antico Testamento che appaiono incomprensibili, sicché questi vengono scelti arbitrariamente o non letti affatto.
A livello della comunità o della parrocchia: in alcune Chiese, nelle pratiche liturgiche, non vi sono disposizioni riguardo alle letture dell’Antico Testamento, pertanto anche nelle omelie è difficile ascoltare questa parte della Parola di Dio.
Questa situazione richiede dunque con urgenza le seguenti misure:
– Preparare il clero, i religiosi e i catechisti, affinché conoscano meglio la Bibbia nella sua integrità.
– Tradurre la Bibbia nelle lingue locali e incoraggiare i fedeli a leggerla individualmente, in famiglia e in comunità.
– Sviluppare una formazione incentrata sulla lettura dell’Antico Testamento tenendo presente Cristo, la quale riconosca il legame tra i due Testamenti e il valore permanente dell’Antico Testamento (DV nn. 15-16).
– Introdurre la lettura dell’Antico Testamento nelle pratiche liturgiche, mentre le omelie dovrebbero includere riferimenti all’Antico Testamento alla luce del Nuovo Testamento, che proclama sempre che l’Antico Testamento è fondamentale per la comprensione del Nuovo Testamento, così come testimoniato da Gesù stesso nell’episodio di Emmaus, quando il Maestro “cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui” (Lc 24, 27).

– S.E.R. Mons. George Cosmas Zumaire LUNGU, Vescovo di Chipata, Presidente della Conferenza Episcopale (ZAMBIA)

Nessuno può negare il fatto che ci sia un intimo legame fra la Parola proclamata e i Sacramenti nella vita e nella missione della Chiesa. Ciò è attestato dalla Scrittura, il Verbo si fece carne ed abitò in mezzo a noi (Gv 1,14), dai Padri della Chiesa, dal Concilio Vaticano II e dai Concili che si sono susseguiti fino a oggi. Tuttavia, in alcune parti del mondo, specialmente in Africa, la realtà è che la maggior parte delle nostre comunità vanno avanti senza celebrazione dell’Eucaristia per settimane, mesi e perfino anni, a meno che i cristiani non siano disposti a compiere lunghe distanze per partecipare alla Messa. In questo contesto, che cosa ne è degli anziani, dei disabili, dei bambini, di coloro che devono badare ai campi per proteggere il raccolto lontano dai villaggi? Come possono partecipare alla celebrazione dell’Eucaristia? Data la situazione, è essenziale che la Chiesa trovi un modo di celebrare la Parola che trasformi la vita e che, come per san Paolo, porti ad una completa conversione che induca ad essere al servizio del prossimo con vero amore e umiltà. Nello stesso contesto, l’Anno Paolino porti ad una consapevolezza missionaria che ci spinga a condividere con generosità le risorse umane e materiali per la diffusione della Parola di Dio. Le diocesi non dovrebbero sentirsi troppo povere per dare o troppo ricche per ricevere. È giunto il tempo che i Padri Sinodali ascoltino il grido dei poveri e facciano qualcosa di concreto.

– S.E.R. Mons. Bejoy Nicephorus D’CRUZE, O.M.I., Vescovo di Khulna (BANGLADESH)

La Parola di Dio e la Povertà: i profeti, in quanto uomini della Parola di Dio, sono stati i difensori dei diritti dei poveri, degli orfani e delle vedove. Essi hanno parlato in loro nome. La maggior parte della popolazione del Bangladesh vive in povertà, privata dei beni primari e flagellata dalle calamità naturali: in situazioni come questa i Cristiani sono chiamati a vivere la Parola di Dio e a condividerla con queste persone. La Parola di Dio e le Beatitudini (Lc 6, 20) ci esortano a essere chiesa dei poveri.
Situazioni di ingiustizia e di corruzione:
Il Bangladesh è un paese dove corruzione, disonestà e ingiustizia sono fenomeni dilaganti. Una piccola minoranza sta diventando ricca mentre la maggioranza diventa sempre più povera. La Parola di Dio ci chiama alla giustizia e all’integrità nella vita pubblica. La Chiesa, sparuta minoranza, sta dando il suo importante contributo in campi quali l’educazione, la sanità e i servizi sociali. In questi settori la Chiesa deve vivere la propria solidarietà con i poveri, nonché promuovere la giustizia per tutti, soprattutto per i poveri, alla luce della Parola di Dio.
La Parola di Dio invita al dialogo interreligioso:
Secondo il Concilio, la Chiesa non respinge nulla delle altre religioni che sia sacro e vero. Spesso esse riflettono un raggio di verità (NA 2) e per questo la Chiesa intera entra in dialogo con esse. In Bangladesh, paese a maggioranza mussulmana, la minoranza cristiana deve vivere in pace, armonia e dialogo.
Condividiamo la Parola di Dio con i Mussulmani, sempre nel rispetto della loro fede e in dialogo con essi. Come ha detto il Santo Padre Benedetto XVI, il dialogo fra Mussulmani e Cristiani è una vitale necessità da cui,
in larga misura, dipende il nostro futuro.

– S.Em.R. Card. James Francis STAFFORD, Penitenziere Maggiore (CITTÀ DEL VATICANO)

La pratica del perdono e della riconciliazione all’interno della Chiesa è andata calando nelle ultime due generazioni e paradossalmente è aumentata nella società secolare. Le Commissioni nazionali per la Verità e la Riconciliazione ne sono un esempio. Sono necessari nuovi accostamenti tra il perdono e la Parola di Dio.
Da una parte il nome dato al perdono dei peccati da Gesù è stato giustamente ritenuto la Buona Novella per antonomasia, vale a dire il Vangelo. Tale perdono è intimamente legato alla colpa che si associa al peccato e alla misericordia di Dio.
Perché sollevare i concetti di perdono, di colpa e di misericordia in un contesto il cui tema è la Parola di Dio? I motivi sono tre.
1. La salvezza è uno dei temi centrali della Parola di Dio. Tuttavia il Documento di lavoro non si sofferma sul rapporto tra sacramento di Riconciliazione-Penitenza e di Unzione degli infermi, e la Parola di Dio. Occorre una riflessione più lunga e approfondita di questi due sacramenti alla luce della Parola di Dio.
2. Nel Documento di lavoro è stato dato poco spazio al Sacramento del matrimonio in rapporto alla Parola di Dio. Eppure i genitori sono i catechisti fondamentali dei propri figli. Se i genitori non vengono incoraggiati e assistiti nell’iniziare i propri figli al “Jubelruf” biblico, il grido di gioia descritto da Papa Benedetto XVI nel suo “Gesù di Nazareth”, i bambini cresceranno avendo, nella migliore delle ipotesi, una percezione ridotta di sé in quanto figli e figlie di Dio.
3. I fedeli dovrebbero essere meglio informati sull’indulgenza plenaria legata alla riverente lettura della Parola di Dio per un certo periodo di tempo (almeno 30 minuti).

– S.E.R. Mons. Luis URBANČ, Vescovo di Catamarca (ARGENTINA)

Parliamo dei bambini, ma è difficile per noi parlare con i bambini. Così come è facile parlare di Dio, ma difficile parlare con Lui. La nostra epoca sta facendo grandi passi nella bioetica e nella genetica, vale a dire che la scienza pretende di migliorare tutto sin dalla sua genesi. Non è questo un segno dei tempi affinché ci occupiamo di migliorare la “genetica” della nostra Chiesa?
Certamente, nella prima tappa della vita umana si devono imprimere le verità e i valori fondamentali della persona, con cui questa possa in seguito costruire non solo il proprio destino terreno, ma anche quello eterno, per il quale è stata creata.
Il primo diritto che ha il bambino è scoprire gradualmente il proprio Creatore, Redentore e Santificatore nell’ambito della comunità ecclesiale, che deve garantirgli che nella “sua chiesa domestica” la Parola, viva ed efficace, lo istruisca e lo formi progressivamente per amare come lui è amato, diventando servitore dei fratelli.
La Chiesa deve essere voce di chi non ha voce. Questi sono i bambini. Essi sono i “più poveri fra i poveri” (Cf. Aparecida 476). Una società civile, una comunità ecclesiale che non dia priorità all’infanzia e non sia disposta a spendere il meglio delle proprie forze e ricchezze per essa è condannata all’insuccesso e alla disumanizzazione. È l’infanzia ciò che rende l’essere umano capace di vivere con stupore e impegno il suo passaggio in questo mondo.
Da questo Sinodo mi aspetto che, grazie a un maggior apprezzamento della Parola di Dio e ringiovanita da essa:
1. la Chiesa si veda stimolata a proclamare fervidamente ciò che essa vive nell’assiduo contatto con la Parola di Dio
2. Che si insista, nel periodo della catechesi d’iniziazione, sull’importanza di memorizzare i passaggi importanti delle Sacre Scritture, affinché siano il fondamento assiologico, etico ed estetico dell’ essere e dell’agire del discepolo missionario di Gesù Cristo.
3. Che l’ascolto attento della Parola di Dio propizi un’adesione personale e comunitaria a Cristo coronata dalla gioiosa e fraterna celebrazione eucaristica.
4. Che si tragga beneficio da ogni contributo della religiosità popolare in termini di ascolto della Parola di Dio e di trasmissione della fede, in particolar modo fra i bambini.
5. Che come Chiesa sorprendiamo il mondo e sorprendiamo noi stessi con un incontro mondiale dei bambini, che non solo riunisca i piccoli, ma mobiliti anche i familiari, in modo tale che con questo gesto profetico e coraggioso rivendichiamo e annunciamo il Dio della Vita, che vuole una “cultura della vita”.
Grazie

– S.E.R. Mons. Jurij BIZJAK, Vescovo titolare di Gergic, Vescovo ausiliare di Koper (SLOVENIA)

Desidero esporre una questione, forse anche suggerimento, che mi si propone e si riferisce all’economia sacramentale, il punto 36 dell’Instrumentum laboris.
Poiché tutti i sacramenti sono ordinati all’eucaristia (Presbyterorum ordinis, n. 5) e poiché le azioni e i simboli liturgici prendono il loro significato dalla Bibbia (Sacrosanctum Concilium, n. 24), credo che proprio sulla base della Parola di Dio i sacramenti si possono dividere in due sacramenti della fede, due sacramenti della speranza, tre sacramenti della carità.
I due sacramenti della fede sono il battesimo e la penitenza. Ambedue sono ordinati alla nostra esistenza e sono nel segno dell’ acqua. II primo è il battesimo che ci rigenera come figli di Dio: Mc 16, 16; Gv 3, 5; At 8, 36-37; 22, 16; Ef 5, 25-27; 1 Pt 3, 21. II secondo è la confessione che purifica ciò che dopo il battesimo si corrompe: At 26, 18; Gc 4, 8-9; 1 Pt 1, 22; 1 Gv 1, 9.
I due· sacramenti della speranza sono la confermazione e l’unzione. Ambedue sono ordinati al nostro agire e sono nel segno dell’olio. II primo è la confermazione che ci abilita come testimoni di Cristo: Lc 4, 18; At 4, 27; 10, 38; 1 Cor 9, 10; Eb 1, 9; 1 Gv 2, 20.27. II secondo è l’unzione che ristabilisce ciò che dopo la confermazione s’indebolisce: Mt 26, 7; Mc 6, 13; 14, 3; Lc 7, 38; Gv 12, 3; Gc 5, 14; Ap 3, 18.
I tre sacramenti della carità sono l’ordine, il matrimonio, l’ eucaristia. Tutti i tre sono ordinati alla nostra santificazione e sono nel segno del sangue. II primo è l’ordine: Mc 10, 35-40; 14, 36; Eb 9, 11-14; 10, 19-20; 13, 20; Gv 17, 19; Ap 1, 5. Il secondo è il matrimonio: Es 4, 25-26; Dt 22, 13-19; 1 Cor 7, 14. Il terzo è l’eucaristia: Mt 26, 27-28; Gv 1, 29; 6, 53-56; 1 Cor 10, 16; 11, 25. Tutti i tre sono le vie verso la carità che è il vincolo della perfezione cristiana (Col 3, 14). – Jurij Bizjak, delegato della Conferenza Episcopale Slovena.

– S.E.R. Mons. John HA TIONG HOCK, Arcivescovo di Kuching (MALAYSIA)

I sacerdoti svolgono un ruolo importante nel promuovere la Parola di Dio nella vita e nel ministero della Chiesa. Pertanto, gli educatori devono coltivare nei seminari una spiritualità “della Parola di Dio”. A tal fine, nei seminari occorre impartire un solido insegnamento della teologia della Parola. A questo occorre aggiungere l’esegesi canonica per integrare lo studio storico e letterario della Bibbia. Per sottolinearne l’importanza, l’ermeneutica biblica e le questioni e le tendenze attuali dovrebbero costituire un insegnamento permanente. Per l’interiorizzazione personale, la Lectio Divina deve essere un esercizio regolare. Tutto questo è volto a guidare i seminaristi all’incontro con Cristo, la Parola di Dio fatta carne.
Per assicurare tale formazione, gli educatori nei seminari – soprattutto i professori di Bibbia – devono essere adeguatamente preparati. Insieme ad una esegesi accademica e scientifica, la preparazione pratica in ermeneutica biblica e il ministero biblico-pastorale dovrebbero far parte della formazione di coloro ai quali è affidato l’insegnamento in seminario. Per questo, occorre creare nei diversi continenti o nelle diverse regioni degli istituti di formazione per gli insegnanti dei seminari, con un programma ben strutturato e con personale competente.
Attraverso sacerdoti ferventi che hanno a cuore e si basano sulla Parola di Dio, Essa occuperà il posto che le spetta nella
vita e nel ministero della Chiesa.

– S.E.R. Mons. Dominique BONNET, C.S.Sp., Vescovo di Mouila (GABON)

L’Evangelizzazione dell’Africa è avvenuta grazie a un duplice annuncio della Parola di Dio. Il primo è stato quello dei missionari inviati dalle Chiese Madri d’Europa, sostituiti dai sacerdoti e dai vescovi autoctoni responsabili delle Chiese attuali dell’Africa. Allo stesso tempo un secondo annuncio è stato attuato e continua ad esserlo grazie a équipe dinamiche di catechisti incaricati di annunciare e di spiegare la Parola di Dio alle molterplici comunità dei villaggi e anche alle comunità dei quartieri urbani che i sacerdoti visitano regolarmente.
La Chiesa africana deve il suo sviluppo e la sua diffusione in gran parte alle migliaia di catechisti scelti e posti alla guida di queste comunità dei villaggi, per la loro fede, la loro saggezza, la loro disponibilità all’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo. Sono loro gli eroi, i santi dell’Evangelizzazione in Africa.
Nutriti dalla tradizione degli usi e costumi delle proprie etnie, essi sanno lasciarsi guidare dallo Spirito Santo per comprendere come la Parola di Dio può nascere nei cuori, interpellare le mentalità ancora segnate dalla legge del taglione, della vendetta, dello spirito feticista e condurre gli uomini verso la legge dell’amore, del perdono, della condivisione fraterna.
I catechisti dei villaggi hanno saputo nutrirsi del Nuovo Testamento con le sue parabole che si avvicinano a diversi proverbi delle loro etnie. Hanno assimilato questa Parola divina e hanno saputo riformularla nelle proprie lingue, rendendola più accessibile ai loro fratelli e alle loro sorelle.
Pertanto, a partire dal Vaticano II, è stato compiuto un grande sforzo per fornire a questi collaboratori della Missione una formazione regolare che li renda più idonei ad adempiere la loro Missione di messaggeri della Parola di Dio. Questa formazione varia in base alle diocesi e agli ambienti: urbani, rurali, misti. Viene organizzata sotto forma di riunione con un tema preciso, per esempio: “Il Vangelo di Matteo all’inizio dell’anno liturgico A”. Queste riunioni si svolgono in cinque, dieci o più giorni, secondo le diocesi.

– S.E.R. Mons. Varghese CHAKKALAKAL, Vescovo di Kannur (INDIA)

In questo sinodo dobbiamo domandarci insieme quale sia il messaggio della Parola di Dio per un mondo lacerato fra il fondamentalismo radicale e il razionalismo ateo, il consumismo e la povertà, l’edonismo e l’ansia, l’ingiustizia e la violenza, il razzismo, le divisioni in caste, il sessismo, un mondo manipolato dai mezzi di comunicazione, a loro volta controllati dal potere economico. Come possiamo far penetrare la Parola di Dio nei cuori e nelle menti di un’umanità che si sta secolarizzando, uomini e donne che stanno diventando anti-religiosi e anti-Dio? Come possiamo presentare la Parola di Dio a un mondo che sta andando verso la cultura dell’eclissi di Dio? Da un lato vi è un’autentica ricerca di Dio, ma dall’altro il mondo tende a essere un mondo senza Dio, orientato verso una cultura che enfatizza la cultura della morte. La globalizzazione ha trasformato il mondo in un piccolo villaggio, le cui distanze sono state molto accorciate dall’esplosione delle tecnologie dell’informazione. Ma il mondo sta diventando un mondo senza cuore a causa della violenza, del terrorismo e della guerra. La nostra proclamazione della parola deve aspirare alla globalizzazione dell’amore. Solo attraverso la cultura dell’amore possiamo salvare il mondo e creare una civiltà della bontà e dell’amore.
È in questo mondo che dobbiamo proclamare la Parola con il potere che viene dall’alto. È in questo mondo che dobbiamo predicare la Parola d’amore; il messaggio cristiano può essere sintetizzato in tre brevi frasi: Dio è amore, Dio ti ama, anche io ti amo.
Sono profondamente convinto che esista soltanto una buona novella che può accendere i cuori degli uomini e delle donne e quella buona novella è che Dio ti ama e che le Sue braccia sono sempre aperte davanti a te, affinché tu possa entrare nella gioia infinita.

– S.E.R. Mons. Douglas YOUNG, S.V.D., Arcivescovo di Mount Hagen (PAPUA NUOVA GUINEA)

Nelle nazioni in cui la Parola di Dio è amata ma non seguita, cosa si può fare per promuovere l’obbedienza alla Parola vera?
Un passo importante può essere rappresentato da un piano pastorale incentrato su Cristo con una dimensione biblica.

– S.E.R. Mons. René Osvaldo REBOLLEDO SALINAS, Vescovo di Osorno (CILE)

Auspiachiamo che la formazione dei futuri ministri, oltre a far conoscere la Parola Divina Rivelata attraverso la comprensione delle Sacre Scritture, generi in loro una vera passione per essa, un amore che possano trasmettere e mettere al servizio del Popolo di Dio. Perciò, si considera fondamentale il lavoro degli educatori e dei direttori spirituali nei centri di formazione e nei seminari, affinché attuino la “pedagogia della convivenza”, formatrice di contenuti e valori grazie alla testimonianza trasmessa.
La passione in tal modo risvegliata deve portare gli educatori al dialogo e alla comunione con Dio per mezzo della Sacra Scrittura, dinamismo che deve terminare con l’evangelizzazione personale, del mondo e delle sue strutture. Per tali motivi, questo cammino è fondamentale, tanto nella formazione trasmessa nel corso del primo anno propedeutico del seminario, quanto nel corso dell’Anno Pastorale, per tutti e per ciascuno di coloro che aspirano al ministero sacerdotale.
Grazie a questo amore, che non può fare a meno di nascere dall’intimo stesso dell’essere, coinvolgendo tutta la persona, la Parola sarà sempre l’animatrice per eccellenza della missione pastorale della Chiesa, interpellando continuamente la nostra identità di discepoli. La grande ricchezza che dobbiamo portare al mondo del XXI secolo è quella di suscitare il profondo amore per Gesù Cristo come Parola viva e attuale di Dio, proposta di significato pieno e definitivo per tante vite che lo ignorano o lo conoscono in modo frammentario e superficiale.

– S.E.R. Mons. Elías Samuel BOLAÑOS AVELAR, S.D.B., Vescovo di Zacatecoluca (EL SALVADOR)

A partire dal Concilio Vaticano II si dà nuovo vigore alla lettura della Bibbia nella Chiesa cattolica, si arricchiscono i Lezionari, si dà più importanza all’omelia, si valorizza l’Eucarestia come sorgente di vita quotidiana, con la mensa della Parola di Dio e l’Eucarestia.
L’INIZIAZIONE CRISTIANA deve essere proposta fin dall’infanzia (da 6 a 12 anni) con la “Scuola della fede”, specialmente in paesi in cui non abbiamo l’insegnamento religioso nella scuola: deve essere strutturata con catechismi fondati su racconti biblici e narrazioni dell’Antico e Nuovo Testamento adeguati alla loro età, concludendo con la preparazione e la partecipazione ai sacramenti dell’Eucaristia e della Cresima, precedute dalla Confessione.
A partire da e come conclusione del sacramento della Cresima, si dia agli adolescenti e ai giovani una maggiore conoscenza della Parola di Dio, con percorsi o itinerari giovanili di fede che si concludano con l’inserimento lavorativo o il sacramento del Matrimonio o con una scelta vocazionale.
Per l’età adulta, le parrocchie propongano percorsi di formazione permanente e di esperienza della fede attraverso esperienze di comunità e gruppi di riflessione e di scambio della meditazione della Parola, seguendo le linee della Lectio divina.
Esistono già percorsi che si stanno rivelando molto validi, come, per esempio, percorsi catecumenali, gruppi di preghiera, piccole comunità, che permettono ai fedeli di condividere la Parola di Dio, di meditarla insieme ai propri fratelli nella fede; questa esperienza comunitaria conduce a una vera maturità e fermezza nella propria vita cristiana, per poter testimoniare dinnanzi al mondo l’efficacia trasformatrice della Parola, come ha detto Paolo VI: il mondo di oggi ha bisogno di testimoni piuttosto che di maestri.

– Rev. P. José RODRÍGUEZ CARBALLO, O.F.M., Ministro Generale dell’Ordine Francescano Frati Minori

La vita consacrata affonda le sue radici più profonde nella Parola di Dio e, più concretamente, nel Vangelo, regola e vita di tutti quelli che, per ispirazione divina, desiderano seguire più da vicino le orme di Gesù Cristo obbediente, povero e casto. Chi desideri comprendere e celebrare la grazia delle origini della vita consacrata non può prescindere dal Vangelo. È sempre l’ascolto attento del Vangelo e la volontà ferma di metterlo in pratica immediatamente ciò che dà origine a una determinata esperienza carismatica, come nel caso di San Francesco d’Assisi dopo aver ascoltato il Vangelo della missione nella Porziuncola. La Parola di Dio è vita e il testo si comprende nella sua profondità solo nella misura in cui si vive e si mette in pratica. Nella tradizione rabbinica e biblica l’osservare o il mettere in pratica la Parola è elevato al livello di categoria ermeneutica. Tanto lo studio della Parola quanto la predicazione di essa, se rimangono al margine della vita, saranno “lettera che uccide”. All’ascolto e al sapere deve seguire l’operare bene.
I nostri Fondatori sono stati attenti ascoltatori della Parola e hanno fatto della loro vita una risposta pronta e profetica alla Parola. Seguendo il loro esempio, noi consacrati non possiamo separare l’ascolto, lo studio e la predicazione della Parola dal metterla in pratica. La Parola di Dio va ascoltata attentamente, studiata con assiduità, predicata in ogni luogo e in ogni tempo, ma soprattutto va vissuta, “sperimentata”, sfociando così nella diakonia (cf IL,39). Solo in questo modo la Parola sarà realmente la prima fonte di spiritualità cristiana e religiosa (cf VC,94). Solo in questo modo il Popolo di Dio e noi consacrati troveremo nella Parola di Dio la Parola che interpella, orienta e modella l’esistenza. Chiamati a essere profezia di futuro (cf NMI,3), vivendo il presente con passione (cf NMI,1), noi consacrati troveremo nella Parola di Dio una “bussola che indica la strada da seguire” (Benedetto XVI). Chiamati a percorrere un lungo cammino di ricerca e di discernimento insieme a uomini e donne del nostro tempo, dobbiamo farlo accompagnati dalla Parola, poiché solo così la vita consacrata sarà proposta alternativa e di frontiera come lo è stata nella vita dei nostri Fondatori/Fondatrici. Il nostro futuro, come il futuro della vita cristiana, consiste nel lasciarci formare e modellare dalla Parola.

– Rev. Pascual CHÁVEZ VILLANUEVA, S.D.B., Presidente dell’Unione dei Superiori Generali, Rettore Maggiore della Società Salesiana di S. Giovanni Bosco

L’intervento si riferisce al numero 53 del Instrumentum laboris, e si centra sul come accostare oggi la Parola di Dio al mondo giovanile, prendendo spunto sul racconto di Emmaus (IL 26b).
L’episodio, cronaca di un fatto passato, ci offre un preciso itinerario di evangelizzazione dove si dice chi, Gesù per mezzo della sua parola, e come, camminando insieme, si evangelizza.
L’inaspettata conclusione del viaggio ad Emmaus fu il ritorno a Gerusalemme per ritrovarsi con la comunità dei discepoli. Il Risorto, che li accompagnò durante il cammino, non restò con loro ed essi non poterono restare da soli: fecero ritorno alla comunità, dove si incontra il Cristo.
La Parola aveva illuminato la loro vita, ma non aprì gli occhi né il cuore al riconoscimento del Risorto. Precedette però l’invito a restare e preparò l’incontro a tavola.
Gesù, ancora sconosciuto, volle accompagnare i due discepoli e condividere le loro preoccupazioni. Oggi i giovani condividono poche cose con questi discepoli, ma forse nessuna tanto quanto la frustrazione dei loro sogni, la stanchezza nella fede e il disincanto nel discepolato. I giovani hanno bisogno di una Chiesa che si avvicini a loro, là dove si trovano.
Come Cristo, la sua Chiesa deve insegnare a sopportare quel che accade, in loro e attorno a loro, aiutando a rileggere gli eventi alla luce della Parola di Dio. Per ricuperarli per la fede deve restituire alla Parola il ruolo di guida sovrana della loro esistenza.
Giunti ad Emmaus, i discepoli non erano ancora arrivati alla conoscenza personale di Gesù. Quello che Gesù non riuscì a fare con l’accompagnamento, con la conversazione, con l’interpretazione della Parola di Dio, si compì con il gesto eucaristico. Un’educazione alla fede che dimentichi o rimandi l’incontro sacramentale dei giovani con Cristo, non è il modo di trovarlo con sicura efficacia.

– S.E.R. Mons. Robert RIVAS, O.P., Arcivescovo di Castries (SANTA LUCIA)

La proclamazione della Parola è elemento centrale della vita di fede del popolo dei Caraibi, una regione la cui popolazione è considerata “religiosa” e dedita alla lettura della Bibbia. E dato che dà molta importanza alla proclamazione della Parola, la popolazione dei Caribi nutre grandi aspettative nei confronti del predicatore… Vista dunque questa tendenza a favore della parola proclamata, possiamo dire che i pastori che non alimentano le loro pecorelle creano le condizioni adatte perché sia qualcun’altro a nutrirle.
Il nostro interesse è rivolto alla ‘Predicazione della Parola di Dio’. Essa è fondamentale in quanto la Chiesa nei Caraibi affronta la sfida di proclamare la Parola in un contesto religioso, politico e sociale in rapido mutamento.
Il mondo e i giovani in particolar modo attendono gli araldi della buona novella, soprattutto persone che siano testimoni più che maestri (Evangeli Nuntiandi 41). I giovani rappresentano una delle grandi sfide della predicazione della Parola… Se la Chiesa vuole veramente che in futuro appartengano a essa, la meditazione e la preghiera della parola con i giovani dovrà diventare
un aspetto importante della sua missione. In vista di un fruttuoso ministero di predicazione nella Chiesa, noi vescovi della Conferenza Episcopale delle Antille chiediamo a questo Sinodo:
– di dedicare un’attenzione particolare alla Parola di Dio nel ministero della Chiesa per i giovani
– di dedicare un’attenzione particolare alla contemplazione, alla proclamazione e alla predicazione della Parola di Dio nella formazione dei seminaristi
– di dedicare un’attenzione particolare alla formazione permanente dei nostri pastori e dei nostri predicatori della Parola
– di dedicare una cura particolare nel garantire che le Chiese locali offrano migliori condizioni di formazione linguistica e di capacità di comunicazione in particolare a quei sacerdoti che sono stati inviati a svolgere il loro servizio presso culture di cui non parlano la lingua.

– S.Em.R. Card. John NJUE, Arcivescovo di Nairobi (KENYA)

Dio, nella sua bontà e saggezza, ha scelto di rivelarsi a noi e di farci conoscere lo scopo recondito della sua volontà (cf Eb 1, 1-2). La Parola di Dio e il mistero di Cristo sono strettamente legati. Dio ci parla attraverso Cristo.
Tutto il messaggio biblico è un’offerta di vita che esige una risposta, come ha promesso Dio attraverso il profeta Isaia (cf Is 55, 10-11). E in verità la Parola di Dio non Gli è tornata vuota, ma ha operato molto. Quando si proclama la Parola di Dio, lo Spirito Santo se ne serve per suscitare certezza, che a sua volta porta al pentimento, al rinnovamento e alla comunione con Dio. Le Scritture in sé non ci fanno necessariamente ardere il cuore (cf Lc 24, 32), piuttosto, come per i due discepoli sulla via di Emmaus, ci portano a proclamarla in diverse forme.
Un recente episodio di violenza nel nostro Paese, il Kenya, ha manifestato la grande necessità della “Parola di riconciliazione”. In un mondo diviso e lacerato, in un mondo in cui è raro il perdono e troppo frequente la vendetta, in un mondo dove l’amore è difficile e la guerra facile, i cristiani, come il seminatore della parabola (Lc 8, 4-5) devono spargere “la parola” di pace e riconciliazione. Per quanto riguarda il continente africano oggi: di fronte alla violenza, al genocidio e alle guerre tribali, di fronte alla fame, al nu
mero enorme di rifugiati e al sottosviluppo, di fronte a una cattiva politica e alla corruzione, con nuova audacia la Parola di Dio deve accompagnare uomini edonne nelle loro esistenze e trasformare il modo di vivere e di amare.
Per essere precisi, la proclamazione della Parola di Dio, “la Buona novella del Regno”, deve essere accompagnata da segni, vale a dire azioni e gesti salvifici, seguendo l’esempio di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Per un’efficace ri-evangelizzazione occorre fare ogni sforzo per far sì che tutti i cristiani acquisiscano una maggior familiarità con la Parola di Dio. Un grande ostacolo in questo senso è rappresentato dalla mancanza di buone traduzioni della Bibbia in lingua locale. Occorre investire il più possibile in buone traduzioni cattoliche nei dialetti locali.
In Africa l’Eunuco Etiope è un simbolo di tutti noi alla ricerca di Dio nelle Scritture. Infatti nelle Scritture incontriamo veramente Dio. “E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?” (At 8, 31). Questo è il fondamento e il cuore della spiritualità biblica. Con questa fame e sete per la Parola di Dio in Africa, abbiamo bisogno di Bibbie, non tanto una Bibbia per ogni famiglia, ma una buona Bibbia per ogni membro della famiglia in lingua locale.

AUDITIO DELEGATORUM FRATERNORUM (II)

– Archimandrita IGNATIOS [Moysis Sotiriadis], Consigliere della Rappresentanza della Chiesa di Grecia presso l’Unione Europea (Brussel) (BELGIO)

Magistra nel cammino della Chiesa la Sacra Scrittura, la Parola di Dio, vivifica in omni tempore, interpretata genuinamente secondo la Sacra Tradizione, ogni fedele e lo conduce all’Eucaristia, ossia all’unione personale con il Dio-Logos.
Tuttavia, la storia della Cristianità è piena di crimini, peccati e errori. Occorre la metanoia e la metamorfosis dei nostri deboli cuori.
La nostra società esige da noi Cristiani (Cattolici, Ortodossi, Protestanti, Anglicani) una testimonianza comune! Ecco la nostra responsabilità come pastori delle Chiese nel 21° secolo! Ecco anche la missione primaria del Primo Vescovo della Cristianità, e, soprattutto, di un Papa che è Magister Theologiae: essere segno visibile e paterno di unità e guidare sotto la guida dello Spirito Santo e secondo la Sacra Tradizione, insieme a tutti i vescovi del mondo, tutta l’Umanità a Cristo Redentore!

AUDITIO INVITATORUM SPECIALIUM (II)

– Fr. ALOIS, Priore della Comunità Ecumenica di Taizé (FRANCIA)

Per quanto riguarda la trasmissione della fede ai giovani (Instrumentum Laboris 37), la nostra preoccupazione è quella di mettere in relazione con la Chiesa, e più concretamente con le parrocchie, la sete spirituale di quanti si recano in pellegrinaggio a Taizé. Accoglierli in un clima di fiducia, affinché scoprano che Dio abita già in loro, anche quando la loro fede è scarsa. Frère Roger ha cercato di rendere più accessibile la Liturgia delle Ore della nostra comunità monastica:
-rendere accogliente il luogo della preghiera
-leggere i testi biblici brevi conservando quelli più difficili per una catechesi che si svolge al di fuori della preghiera comunitaria
-fare una lunga pausa di silenzio dopo la lettura: da otto a dieci minuti
-cantare per qualche minuto una stessa frase della Scrittura o della tradizione
-avere fratelli e sacerdoti disponibili, ogni sera, per la confessione e per l’ascolto dei giovani che desiderano esprimere qualcosa di se stessi
-mettere ogni venerdì sera la fronte sulla croce, appoggiata per terra e, con questo gesto simbolico, affidare a Cristo i propri fardelli personali e le sofferenze del mondo.
“Due sono le realtà che uniscono i cristiani: la Parola di Dio e il Battesimo.” (Instrumentum Laboris 54). L’ascoltare insieme le Scritture ci introduce anticipatamente in un’unità, imperfetta forse, ma reale. Un tale ascolto comunitario non potrebbe forse far parte di più della nostra quotidianità, invece di accontentarci di una preghiera ecumenica una volta all’anno?

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione