Interventi al Sinodo nella mattina del 10 ottobre

CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 10 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo i riassunti degli interventi pronunciati al Sinodo sulla Parola di Dio nella mattina del 10 ottobre, quando è iniziata l’ottava Congregazione generale.

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– S.Em.R. Card. Vinko PULJIĆ, Arcivescovo di Vrhbosna, Sarajevo, Presidente della Conferenza Episcopale (BOSNIA ED ERZEGOVINA)

Vorrei soffermare la mia attenzione sul capitolo settimo: “La Parola di Dio nei servizi e nella formazione del popolo di Dio”. Nello spirito della Costituzione Lumen Gentium, qui è sottolineato con ragione che “i fedeli laici condividono la missione salvifica che il Padre ha affidato a suo Figlio per la salvezza di tutte le genti” (n. 51). Sostengo con tutto il cuore il pensiero che “il servizio dei laici richiede competenze diversificate, che esigono una formazione biblica specifica”. Vengono poi enumerati diversi gruppi a livello di parrocchia e di diocesi (i malati, i soldati, i carcerati, i nuovi movimenti e le associazioni). In tale contesto l’ Instrumentum ricorda che “la catechesi nelle famiglie, con l’approfondimento di qualche pagina biblica e la preparazione della liturgia domenicale è un mezzo privilegiato per l’incontro con Dio che ci parla”. Sarà "compito della famiglia iniziare i figli alla Sacra Scrittura con la narrazione delle grandi storie bibliche, specialmente della vita di Gesù, e con la preghiera, ispirata ai Salmi o ad altri libri rivelati”.
La maggioranza delle nostre famiglie ha in casa almeno il Nuovo Testamento, e tanti hanno anche l’intera Bibbia.
Nei Paesi che sono usciti recentemente dal regime socialista, la Chiesa ha bisogno di fedeli laici che vivano intensamente il Vangelo di Cristo nella famiglia e nella società, e che riprendano la loro parte nella missione della comunità ecclesiastica.
La preparazione famigliare per il Giorno del Signore potrebbe essere un vero kairos per loro. Se qualche movimento specifico è approvato dai Pastori ecclesiastici, oppure se i singoli Pastori qui presenti hanno in questo un’ esperienza positiva, vorrei essere arricchito con la loro esperienza.
Propongo perciò che i pensieri del n. 51 dell’ Instrumentum laboris, che ho menzionato qui, alla fine della nostra Assemblea vengano formulati in Propositiones che metteremo a disposizione del Santo Padre per l’Esortazione postsinodale che verrà dopo questo Sinodo.

– S.E.R. Mons. Emmanuel FÉLÉMOU, Vescovo di Kankan (GUINEA)

Il Sinodo dei Vescovi, dedicato alla riflessione sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, costituisce una grande occasione per ognuno di approfondire la sua unione con Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato.
In effetti, per rivelare il suo progetto d’amore e far conoscere la sua volontà ultima, Dio ci ha parlato attraverso suo Figlio. L’efficacia di questa Parola rivelata in Gesù Cristo risiede nella potenza divina che libera i popoli dalla loro imperfezione nella conoscenza di Dio, dalla loro paura e dai loro errori, dalle loro incertezze e dai loro tentennamenti. L’amore di Dio è percepito dalle classi africane come compimento della loro attesa. Così, in questa Rivelazione, che è pienezza, Eschaton di ogni Rivelazione divina, la vicinanza di Gesù Cristo e la trasformazione positiva di ogni cultura mediante la sua Parola restano un punto d’attrazione e di convinzione dei nostri popoli a lasciar purificare le proprie culture, in particolare la propria visione della volontà di Dio, della verità in tutto il suo splendore: se l’unico Dio era conosciuto nelle nostre culture, mancava tuttavia quella chiarezza e quella perfezione in cui l’amore non si deve più vivere solamente con i propri fratelli di sangue, ma con tutti, quella chiarezza e quella perfezione in cui si perdona il nemico invece di avvelenarlo, quando occorre mostrare il proprio potere. Non voglio dire che non esistesse il perdono, ma che questa realtà aveva bisogno della Parola del Cristo, della sua conoscenza e del suo esempio, per potergli dare questo volto unico.
La Chiesa cattolica in Guinea aveva manifestato un interesse particolare per questo Sinodo, facendo partecipare tutti i gruppi ecclesiali alla riflessione sui LINEAMENTA, fase preparatoria di questi lavori. Così abbiamo voluto che ogni agente pastorale – catechista, religioso, sacerdote, vescovo – entrando in una famiglia, potesse domandare: avete letto oggi un passo della Bibbia e qual è il messaggio che voi volete vivere ora?
Vogliamo in tal modo insistere sulla venerazione delle Sacre Scritture, facendo delle cerimonie di accoglienza e di valorizzazione della Bibbia nella Famiglia riservandole un posto specifico in cui ogni giorno verrà letto e meditato un passaggio. I giovani hanno bisogno di ascoltare Gesù Cristo che parla loro e noi pastori dobbiamo accompagnarli nei Campi Biblici non lasciandone la formazione solo a un gruppo. Dobbiamo mostrare loro attraverso le nostre azioni come questa Parola è al centro del nostro agire. E diciamo che l’iniziazione alla Bibbia corrisponde alle nostre iniziazioni africane in cui ci si pone in ascolto del Maestro. Ma qui non si ascolta soltanto, si vive sull’esempio di colui che ci parla, Gesù Cristo: visitare un malato che non è necessariamente un parente naturale, perdonare il nemico, fare del bene a chi mi odia, amare gratuitamente in un mondo in cui tutto viene fatto per interesse. Possa il Risorto accompagnarci sulle nostre diverse strade di nuovi Emmaus per aiutarci a rimanere suoi testimoni, nonostante le prove della vita.

– S.E.R. Mons. Joseph Mitsuaki TAKAMI, P.S.S., Arcivescovo di Nagasaki (GIAPPONE)

Il Sinodo si occupa di molti aspetti della Bibbia e dovrebbe condurre e guidare il popolo a una visione globale, illuminandolo affinché comprenda quanto segue: il posto e l’importanza della Bibbia nella vita e nell’evangelizzazione della Chiesa; il legame tra l’Antico e il Nuovo Testamento, comprendendo il significato di passi difficili dell’Antico Testamento; una chiara spiegazione di tutte le Sacre Scritture con attenzione allo sviluppo della rivelazione. La rivelazione, il magisterium, la fede, il rapporto organico tra liturgia e Scrittura sono tutti settori che vanno esaminati. Va incoraggiato lo studio dell’ermeneutica in modo adeguato. (Introduzione n. 5).
In generale si può affermare che quanti cercano di vivere una vita cristiana non hanno sufficientemente vivificato nei propri cuori la forza dinamica della Sacra Scrittura: La Lectio Divina da sola non basta. È importante che comprendiamo la Parola di Dio, la applichiamo alla nostra vita, la condividiamo con gli altri e la mettiamo in pratica nel corso della nostra esistenza. Quando leggiamo la Parola di Dio e iniziamo a comprendere che essa è veramente all’opera nella vita di tutti i giorni, ci rendiamo conto che dobbiamo comunicarlo agli altri. Cosa possiamo fare praticamente perché la Scrittura permei e animi la vita cristiana dei fedeli? Questo argomento va considerato incessantemente.
Per questo motivo:
1. Questa Assemblea dovrebbe domandare al Santo Padre di “raccomandare con forza a tutti i cristiani del mondo di leggere, meditare e condividere la Sacra Scrittura”, in particolare nell’Esortazione Apostolica post-sinodale.
2. Dovrebbe essere pubblicato un libro in cui si spieghino in dettaglio gli attuali metodi di condivisione della Bibbia accompagnati da una valutazione, di modo che la gente possa scegliere tra questi a seconda delle proprie condizioni di vita.
3. Un libro dal titolo “Sunday Gospel Readings with Lectio Divina Year B: MARK, Advent 2008 – Christ the King 2009 (Letture del vangelo domenicale con la Lectio Divina, Anno B: Marco, Avvento 2008 – Cristo Re 2009), scritto da Mons. Anthony Abela come contributo a questo Sinodo verrà pubblicato anche in giapponese prima dell’Avvento di quest’anno.

– S.E.R. Mons. Andrzej Wojciech SUSKI, Vescovo di Toruń (POLONIA)

Mi riferisco al cap. V n. 34 dell’Instrumentum Laboris, dove si dice che “a tutti i livelli della vita ecclesiale occorre maturare la comprensione della liturgia come luogo privilegiato della Parola di Dio, che edifica la Chiesa”. Quest’ affermazione è fondamentale per quanto
segue.
Sembra però che bisognerebbe precisare di quali livelli della vita ecclesiale si tratta. La parola “comunità” ritorna spesso nel documento, ma “per sé” è una parola ambigua. Si può intenderla in senso della comunità ecclesiale universale, della comunità diocesana e della comunità parrocchiale, come anche della comunità religiosa oppure delle diverse comunità in seno alla parrocchia e alla diocesi.
Dal punto di vista pastorale la comunità parrocchiale svolge un ruolo particolare e penso che essa dovrebbe essere evidenziata in modo più chiaro come il luogo privilegiato, dove la Parola di Dio proclamata ai fedeli, meditata e confrontata con mille situazioni di vita quotidiana, dà inizio alla comunità ecclesiale.
Nell’esortazione apostolica Catechesi tradendae il Papa Giovanni Paolo II afferma che “La comunità parrocchiale deve restare l’animatrice della catechesi ed il suo luogo privilegiato … Lo si voglia o no, la parrocchia resta un punto capitale di riferimento per il popolo cristiano, ed anche per i non praticanti” (n. 67).
La parrocchia ha delle motivazioni anche teologiche. Secondo l’insegnamento pontificio, la parrocchia è una comunità eucaristica; ciò significa che essa è una comunità idonea a celebrare l’Eucaristia, nella quale sta la radice viva del suo edificarsi e il vincolo sacramentale del suo essere in piena comunione con tutta la Chiesa. Tale idoneità si radica nel fatto che la parrocchia è una comunità di fede e una comunità organica, ossia costituita dai ministri ordinati e dagli altri cristiani, nella quale il parroco – che rappresenta il Vescovo diocesano – è il vincolo gerarchico con tutta la Chiesa particolare (cf. ChL, 26).

– S.E.R. Mons. Ján BABJAK, S.I., Arcivescovo Metropolita di Prešov, Prjašev dei cattolici di rito bizantino, Presidente del Consiglio della Chiesa Slovacca (SLOVACCHIA)

La Parola di Dio è vera e Dio opera nella vita dell’uomo e di tutta la Chiesa. Nella Chiesa greco-cattolica in Slovacchia ne è testimone l’esperienza con la persecuzione nella seconda metà del secolo scorso e con l’attuale sviluppo della nostra Chiesa.
Il potere totalitario cercava di annientare la nostra Chiesa. Gli eventi storici, lontani e recenti, invece, confermano pienamente la validità delle parole di Gesù Cristo: “Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli (Mt 10,32). Dio adempie queste parole già adesso quando siamo testimoni dello sviluppo della nostra Chiesa. Siamo grati al Santo Padre Benedetto XVI per il fatto che il 30 gennaio di quest’anno ha elevato la Chiesa greco-cattolica che è in Slovacchia alla Chiesa metropolitana sui iuris con sede a Prešov. Dalla grazia di Dio abbiamo un sufficiente numero di vocazioni sacerdotali (l’età media dei sacerdoti nel servizio pastorale è 41 anni), abbiamo aperto i centri di formazione per la famiglia e per la gioventù. Questi doni sono i frutti di sofferenza della nostra Chiesa.
La proclamazione della Parola di Dio nella Chiesa greco-cattolica in Slovacchia viene aiutata anche da un ricco sfruttamento della Parola di Dio nella liturgia bizantina (oltre alle letture) non soltanto in forma dell’uso diffuso dei salmi ma anche in forma di parafrasi del testo biblico nell’innografia liturgica. La Parola di Dio viene comunicata ai fedeli anche in forma di icone, le quali non sono una pura illustrazione del testo biblico, ma piuttosto una “finestra al cielo”, attraverso cui si svolge il dialogo tra Dio e l’uomo, tra l’uomo e Dio.
Nonostante tutte le sopramenzionate attività, l’ascolto della Parola di Dio da parte dei fedeli è impedito dal fatto che spesso sono influenzati da un forte relativismo secolare. Un altro problema è che la catechesi prebattesimale è insufficiente per rendere i genitori capaci di educare i loro figli nella fede. Un problema particolare per l’accoglienza della Parola di Dio nelle famiglie è la migrazione di molti fedeli a causa del lavoro, soprattutto di padri e madri, nelle regioni lontane oppure all’estero.

– S.E.R. Mons. Santiago Jaime SILVA RETAMALES, Vescovo titolare di Bela, Vescovo ausiliare di Valparaíso (CILE)

Presentazione di tre criteri per la lettura cristiana della Bibbia che occorre prendere in considerazione in virtù della cultura di oggi.
Questi criteri sono:
– La sete di Dio, per cui abbiamo bisogno di una “pastorale biblica” intesa come animazione biblica della pastorale.
– L’identità di figli di Dio, discepoli di Gesù, templi dello Spirito, per cui abbiamo bisogno di una crescente spiritualità biblica che faccia esperienza dell’amore di Dio.
– La condizione di “famiglia di Dio” che è unita per riconoscere la propria identità e per celebrare la propria condizione di figli di Dio, discepoli di Gesù, preparandosi alla missione. La sua stessa unità è già testimonianza missionaria.
Occorre formulare questi criteri che, allo stesso tempo, emergono dal dialogo con la cultura, la condizione dell’uomo di oggi. Quanto fin qui illustrato scaturisce dalla Bibbia, dall’incontro di Gesù con i suoi primi discepoli, secondo San Giovanni.

– S.B.R. Grégoire III LAHAM, B.S., Patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti, Capo del Sinodo della Chiesa Greco-Melkita Cattolica (SIRIA)

La Parola di Dio è il luogo privilegiato dell’incontro e del dialogo tra gli uomini, in quanto diventa davvero una Parola per me e una Parola per l’altro; essa mi invita a incontrare Dio e a incontrare il fratello, ha bisogno di un’epiclesi in modo da poter diventare la Parola per l’altro, per la società e per il mondo, adatta a ogni condizione e circostanza della vita.
Il cristiano orientale vive la sua fede in primo luogo mediante la liturgia, basata sull’Eucaristia od orientata verso di essa, con un contenuto essenzialmente scritturale. La mensa della Parola di Dio e la mensa eucaristica sono inseparabili. La Parola di Dio è perciò letta, meditata, predicata, celebrata e anche scritta sotto forma di icona.
Durante la proclamazione solenne del Vangelo, i bambini e coloro che soffrono o sono malati, si recano presso l’evangeliario per chiedere la grazia di cui hanno bisogno.
Il giorno di Pasqua, i fedeli venerano il Libro del Vangelo e l’icona della Risurrezione, poi si abbracciano reciprocamente poiché la Parola di Dio è Parola di riconciliazione.
Nell’ordinazione episcopale, “il primo gerarca pone sul capo dell’eletto il suo OMOPHORION, poi prende il venerabile Vangelo, lo apre e lo appoggia al contrario sul capo e sul collo dell’eletto” pregando Dio di rafforzare “questo eletto, giudicato degno di portare il giogo del Vangelo” per lavorare per la sua diffusione.
Mi piacerebbe poter condividere con voi la Parola di Dio che ci unisce. Non dobbiamo avere paura dei versetti del Corano e i nostri fratelli musulmani non abbiano paura del Vangelo o della Torah.

– S.B.R. Fouad TWAL, Patriarca di Gerusalemme dei Latini (GERUSALEMME)

La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa in Terra Santa
“Verbum caro hic factum est” (Gv 1, 14), questa frase ci sospinge fin sulla soglia del grande mistero dell’Incarnazione della Parola di Dio in Terra Santa dove ha deciso di venire “ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14).
È in questa Terra Santa che “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1, 1-2). Infine, è in questa Terra Santa che lo Spirito Santo è stato dato agli apostoli e “v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14, 26).
Per tutte queste ragioni, il gesto di leggere, di studiare e di meditare la Parola di Dio riceve un valore e una fecondità uniche quando è compiuto in Terra Santa, la quale conserva
non solo la storia, ma anche la geografia e la topografia della salvezza.
Il conflitto israelo-palestinese comporta delle difficoltà di lettura e di comprensione di certi passi della Bibbia. Infatti, in generale, i cristiani arabi spesso hanno difficoltà a leggere l’Antico Testamento, non a causa della Parola di Dio in sé, ma a causa delle interpretazioni politiche e ideologiche.
Due principi ci mettono al riparo dalle interpretazioni politiche e ideologiche: 1. Leggere e interpretare la Parola alla luce di Cristo. Gesù ha detto: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento” (Mt 5, 17). Cristo ha ripreso e ricapitolato in Lui tutte le categorie dell’Antico Testamento per dare loro uno slancio nuovo e un significato nuovo (li ha “compiuti”). È in Lui e attraverso di Lui che l’Antico Testamento viene letto e compreso.
2. Il secondo principio d’interpretazione è la Chiesa. Qualsiasi interpretazione al di fuori della Chiesa è un’interpretazione pericolosa.
Per concludere, vorrei cogliere l’occasione della presenza del Santo Padre e di tutti i Padri sinodali per lanciare un appello a favore della Terra Santa e chiedere più preghiere, più solidarietà e più pellegrinaggi per aiutarci ad essere i testimoni di Cristo, Messia, Salvatore “a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8).

– S.E.R. Mons. Anthony MUHERIA, Vescovo di Embu (KENYA)

Nonostante una maggiore facilità di accesso alla Bibbia, talvolta la vita cristiana continua a rimanere in qualche modo “al di fuori” della Scrittura. La forte presenza in Africa degli evangelici, che si vantano citando passi a memoria, ha portato alla tendenza a confondere la “conoscenza della Scrittura” con la semplice “memorizzazione” di un certo numero di passi, da citare a memoria accompagnati da una interpretazione “originale” autonoma (cf. Instrumentum laboris n. 29).
Sembra che ancora non riusciamo a sentire la voce della “Parola”, che risuona con incisività e forza. Ritengo che sia giunto il momento di avere più spazio e più tempo per “ascoltare” in modo più attento la Scrittura. Per “ascoltare di più”, se volete, mentre “leggiamo”! Affinché “la Parola” risuoni, abbiamo bisogno di spazio per ascoltare in silenzio e per meditare (cf. Instrumentum laboris n. 23).
Nel contesto cattolico, la Scrittura viene “resa viva” nella liturgia: attraverso la sua proclamazione nella liturgia della Parola e attraverso la spiegazione nell’omelia all’interno della liturgia! In quello patristico, la “divulgazione della Parola” non era semplicemente la spiegazione della pericope in termini accademici, né una nota marginale per aiutare a trarre una lezione morale. È un vero penetrare nell’“oggi” della “Parola”, vivendo come contemporanei dell’immagine o della pericope, ascoltandola come invito personale e comunitario. Quando la Parola viene proclamata con incisività, i fedeli l’assaporano nella liturgia. La condivisione della Bibbia diventa allora una continuazione della condivisione della Parola alla “mensa della Parola” (cf. Is 55, 10-11; Sacramentum caritatis n. 45c).
Nell’omelia, il ministro aiuta i fedeli ad “ascoltare” la Parola, guidandoli verso una risposta nella loro situazione specifica. Può farlo se lui stesso ha dedicato del tempo alla meditazione della Scrittura. In questo contesto, dobbiamo ravvivare tra i nostri sacerdoti e i nostri seminaristi il bisogno di includere nel loro programma spirituale personale il tempo tradizionale quotidiano di lettura delle Scritture o Lectio Divina!

– S.E.R. Mons. Víctor Hugo PALMA PAÚL, Vescovo di Escuintla (GUATEMALA)

L’animazione biblica della vita e della missione della Chiesa trova oggi il panorama cupo della deformazione della Parola di Dio, non solo come conseguenza dell’annullamento dei criteri della regula fidei e dell’analogia fidei nel principio della sola Scrittura della Riforma protestante, ma nella nascita di “una nuova gnosi” che introduce nell’interpretazione biblica elementi estranei all’essenza del Cristianesimo. Ben oltre il grave fondamentalismo delle sette, si tratta di funzioni religiose pseudocristiane che, come espressione dell’antropocentrismo culturale e perfino esistenziale dell’attualità, usano la Bibbia per proporre idee di progresso materiale, di reinvenzione di se stessi, di conoscenza di percorsi di annullamento del dolore ecc. Specialmente in regioni povere o emergenti dell’America Latina, la necessità di una visione globale economica e, per alcuni, inevitabilmente religiosa, che aiuti a superare i conflitti derivanti dalla povertà, dalla corruzione amministrativa, dalla frustrazione economica, dall’insicurezza delle città ecc., crea un terreno fertile per la commercializzazione (tecnica di mercato) della cosiddetta “teologia della prosperità”: un falso Dio in apparenza biblico, ma non cristiano, che riduce l’orizzonte della sua azione nella vita umana a povertà come “maledizione” e a ricchezza come “benedizione o prosperità”. Occorrono una formazione e una pastorale bibliche che uniscano Bibbia e Tradizione, per vivere l’incontro con Gesù Cristo come cammino verso la conversione, la comunione e la solidarietà (cf Giovanni Paolo II Ecclesia in America, 12 ss) nel privilegio soprattutto del Mistero dell’Amore di Dio (cf Benedetto XVI, Deus caritas est, 4ss).

– S.E.R. Mons. Charles SORENG, S.I., Vescovo di Hazaribag (INDIA)

Provengo da una regione tribale dell’India. Circa un milione e ottocentomila cattolici tribali di questa missione sono disseminati in diverse parti dell’India.
Nella Lettera agli Ebrei leggiamo: “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1, 1). Nella religione tribale Dio si è manifestato attraverso la natura. È molto facile per i nativi accogliere Gesù Cristo come Figlio dell’Essere Supremo.
Dio, che è amore, ha parlato attraverso Gesù Cristo per il bene di ogni essere umano.
Gesù ha manifestato l’amore del Padre mediante i suoi atti di guarigione e di amore, gli insegnamenti e le parabole.
La missione di Gesù è stata la proclamazione del Regno, che è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo (cf Rm 14, 17). Includeva un atteggiamento di servizio da parte dei capi. Gesù che lava i piedi ai discepoli ha rappresentato una grande lezione (cf anche Mc 10, 42-45).
Dio ha dato il suo unico Figlio come nostro Salvatore. Gesù Cristo, suo Figlio, ha tanto amato l’umanità da darsi ad essa nell’Eucaristia per noi (cf Cor 11, 23-25). Quanti mangiano il suo corpo e bevono il suo sangue diventano Fratelli e Sorelle di sangue in Gesù Cristo. L’Eucaristia ci ricorda il supremo sacrificio di Gesù sulla croce che pregava per il perdono dei nemici: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34).
La Parola di Dio ha il potere di formare comunità. Leggiamo negli Atti degli Apostoli che i cristiani erano “assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2, 42). Poiché i cristiani hanno diverse culture e linguaggi, la Parola di Dio come parola di fede modella la loro comunione. La Parola di Dio porta le persone a vivere come una comunione eucaristica di testimonianza e servizio.

– S.E.R. Mons. Julio César TERÁN DUTARI, S.I., Vescovo di Ibarra (ECUADOR)

In America Latina è nata la cosiddetta “teologia della liberazione”, che pretendeva di fondarsi su un’esegesi biblica basata sulla situazione di povertà del continente e orientata ai molteplici aneliti di liberazione dei nostri popoli. A ragione, il Magistero ha più volte richiamato l’attenzione sugli errori e sui pericoli di questi testi, pur senza smettere di incoraggiare i teologi affinché la
Sacra Scrittura illumini i nuovi percorsi che la Parola di Dio vuole compiere rispondendo alle speranze e alle sfide di oggi; occorre estrapolare da qui i seguenti punti:
1. La riflessione teologica deve collocarsi nel contesto della stessa comunità cristiana, luogo privilegiato per comprendere il senso profondo della Scrittura, superando le interpretazioni soggettive, riduzioniste o ideologiche; non si tratta di una ‘chiesa parallela’ né di una chiesa esclusiva dei poveri, ma della Chiesa particolare che, nel mistero di Cristo, si costituisce gerarchicamente.
2. Questa lettura comunitaria della Scrittura deve confrontarsi con i segni del peccato e della grazia che caratterizzano il mondo globalizzato; in America Latina bisogna far particolarmente attenzione ai poveri dai molti volti e dalle molte voci, nelle nuove e laceranti forme di povertà e nelle nuove e promettenti vie della liberazione integrale, senza dimenticare la testimonianza di coloro che dedicano la propria vita ogni giorno, a volte fino a sacrificarla, alla sequela di Gesù, povero e umile di cuore (cf Documento di Aparecida, 399-405).
3. Dunque, l’elaborazione della riflessione teologica, soprattutto nelle università cattoliche, non avrà difficoltà ad articolarsi anche con l’esegesi scientifica, in conformità con le opportune indicazioni del Magistero per promuovere il nuovo spirito missionario che richiede la mutevole situazione culturale del nostro continente (cf Documento di Aparecida 124, 341, 344).
A coronamento dell’opera dei teologi, è necessario presentare sempre la persona del Signore della Chiesa: quel Gesù storico che compare nei Vangeli e che è lo stesso Cristo risuscitato, realmente presente nella Chiesa attraverso il mistero pasquale.

– S.E.R. Mons. Pablo Virgilio S. DAVID, Vescovo titolare di Guardialfiera, Vescovo ausiliare di San Fernando (FILIPPINE)

Il Documento di lavoro richiama giustamente l’attenzione sulla sana tensione tra l’esegesi e la teologia nella Chiesa. Mentre la teologia spesso si serve della Parola quale potenza di Dio, avremo sempre bisogno dell’esegesi per ricordare, allo stesso tempo, l’umiltà della Parola di Dio. Non ci troviamo spesso senza parole davanti a lettori preparati della Bibbia fra i nostri fedeli, che si sentono scandalizzati da passaggi della Scrittura pieni di violenza, bigottismo, crudeltà, doppiezza e tutte le altre contraddizioni che sono caratteristiche dell’umanità che condividiamo con tutti gli altri figli e figlie di Adamo? Eppure non li abbiamo cancellati dal canone delle Scritture. In questo canone vi sono testi che negano la risurrezione e la vita dopo la morte e testi che le confermano. Vi sono testi che considerano Satana un membro della corte celeste con un compito specifico e altri che lo presentano come un angelo caduto. Alcuni testi affermano che il male è una conseguenza del peccato dell’uomo e insistono sulla colpa umana e altri che presentano il male come una malattia e gli esseri umani come semplici vittime che possono soltanto affidarsi alla misericordia di Dio. Vi sono testi che mettono in rilievo la grazia divina e altri che pongono al primo posto l’impegno umano.
Ascesa e discesa, divino e umano, sublime e abietto sono aspetti del mistero della divina rivelazione, della Parola di Dio in parole umane, di Dio incarnato, che avranno sempre bisogno del contributo tanto degli esegeti quanto dei teologi e soprattutto dei pastori, che hanno il compito di tenerci uniti in umiltà e con la giusta disposizione all’ascolto e all’abnegazione, con l’attenzione rivolta a Gesù – il Dio con il volto umano – alla sua potenza nella debolezza, alla sua sapienza nella stoltezza, alla sua esaltazione attraverso l’umiliazione.

– S.E.R. Mons. György UDVARDY, Vescovo titolare di Marazane, Vescovo ausiliare di Esztergom-Budapest (UNGHERIA)

Mi riferisco al capitolo quinto dell’Instrumentum Laboris.
La catechesi della Chiesa – sia la catechesi iniziale che quella sistematica -, oltre alla liturgia, la diaconia e la vita di testimonianza della comunità, ha grandi possibilità e responsabilità nel far conoscere la Parola di Dio e nel cedere la nostra vita alla persona, all’insegnamento e alla Chiesa di Gesù Cristo. Nella catechesi, adattandoci e seguendo la natura della parola di Dio, possiamo mostrare la caratteristica della parola di Dio: la sua forza personale, invocante e invitante o interrogativa.
La parola di Dio – sebbene la leggiamo “dal libro”, sentiamo una storia di più millenni fa, sebbene porti i segni di una cultura a noi poco conosciuta -, eppure, viene pronunciata “adesso”, è rivolta a “me”. La Parola risuona dall’eterno presente di Dio. Dio agisce “adesso” mediante il suo Spirito Santo. Mi chiama adesso a esaminare la mia vita, mi invita alla rinascita – alla conversione – Lui dà consolazione e speranza, Lui ci libera e Lui fa un giudizio (cf Is 55, 10-11).
La nostra catechesi è efficace se coglie e serve questo momento creatore. Con questo momento possiamo sperare che la conoscenza acquistata possa veramente trasformare la vita.
Qualche volta i libri, mezzi ausiliari e i metodi utilizzati nell’insegnamento religioso e nella catechesi delle diverse classi d’età usano la Santa Scrittura – parola di Dio – come una storia per illustrare un soggetto, come una parabola morale, o la presentano come soltanto testimonianza di un’esperienza esistenziale fondamentale e generale.
Certamente, si potrebbero migliorare tanti libri, mezzi, metodi della catechesi, ma il successo, ogni tanto, dipende dalla persona che fa la catechesi – dal pastore, dal catechista. Lui diventa – seguendo la dinamica dell’Incarnazione – il metodo della Parola di Dio, offrendo la propria vita all’opera dello Spirito di Cristo.
È bellissimo contemplare la storia dei discepoli di Emmaus (cf Lc 24, 13-35), dove Cristo Risorto appare come insegnante, ermeneuta – forse si può dire – come catechista.
Il giusto uso della Bibbia – secondo me, quindi – non è fondamentalmente una questione metodica, ma è la questione più personale: il mio rapporto personale con la Parola di Dio.

– S.E.R. Mons. Charles Maung BO, S.D.B., Arcivescovo di Yangon (MYANMAR)

La Chiesa nella nostra parte del mondo proclama il Vangelo in mezzo a pesanti restrizioni, privazioni e vera sofferenza. Con Paolo possiamo dire: “completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo” (Col 1, 24). Molti dei nostri gruppi etnici hanno una propria Bibbia, spesso realizzata con l’aiuto di missionari pionieristici.
La Parola si fa carne in modi diversi nei differenti paesi. Nel mondo libero ciò avviene attraverso la proclamazione, l’annuncio pubblico. Ma in molte parti del mondo, la missione della Chiesa, la Buona Novella, deve confrontarsi con sfide opprimenti. Il suo dovere di predicare la Buona Novella viene sfidato dalle forze delle tenebre. Mentre viviamo l’Anno Paolino, dobbiamo confrontarci con le stesse sfide che ha incontrato il grande apostolo della Parola.
Siamo una Chiesa povera e la nostra unica gloria sono “conoscere Cristo” e il “sostegno della Parola”. La Parola svolge un ruolo importante nella vita della nostra gente. “La diakonia o servizio della carità è vocazione della Chiesa di Gesù Cristo […]. È necessario che la Parola di Dio porti all’amore del prossimo” (IL 39). Veniamo guidati dalle parole del Santo Padre nella Deus Caritas est: “La Chiesa non può trascurare il servizio della carità così come non può tralasciare i Sacramenti e la Parola” (22).
Il mandato evangelico di “dare da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi” si è imposto con forza dopo il recente passaggio del terribile ciclone Nargis. Quasi 150.000 persone sono morte e due milioni sono diventati profughi nel loro paese. La nazione ha vissuto un lutto.
Con l’aiuto del Signore abbiamo riportato la vita in molte comunità. Le chiese sono diventate campi profughi. In questi campi abbiamo celebrato una liturgia unica: quella di annunciare la Parola attr
averso il nostro accompagnamento e di condividere il pane attraverso l’assistenza. Il mondo è diventato il nostro altare e abbiamo spezzato il pane della fratellanza umana con le folle sconvolte. Il Vangelo predicato è stato il nutrimento dato agli affamati che ha prodotto la vita e la luce che abbiamo dato negli ultimi cinque mesi.

– S.E.R. Mons. Vincenzo PAGLIA, Vescovo di Terni-Narni-Amelia, Presidente della Federazione Biblica Cattolica (ITALIA)

È urgente una nuova Pentecoste. Dobbiamo uscire dal cenacolo e predicare ai “70 popoli” – a tutti i popoli della terra – l’unico Vangelo nelle diverse lingue. E si apre già una sfida: le lingue sono più di 6.000, ma la Bibbia è stata tradotta interamente solo in 480 lingue, e il Nuovo Testamento in 1.168. Ne restano più di 4.000. Abbiamo davanti un impegno, anche di carattere economico. E per alcune lingue si può ripetere l’avventura di essere codificate con la traduzione della Bibbia. Ovviamente la sfida è di ordine pastorale. L’accordo tra la Federazione Biblica cattolica e le Società Bibliche è un piccolo esempio di comunione anche nel campo ecumenico. C’è bisogno che dal Sinodo emerga un nuovo entusiasmo per le Scritture. Lo diceva già il beato Giovanni XXIII. Le condizioni ci sono perché tale entusiasmo incontri l’attenzione della gente. L’inchiesta promossa dalla Federazione Biblica mostra il favore che la Bibbia riscuote presso tutti. La maggioranza degli intervistati nei sedici Paesi del mondo ove è stata svolta l’inchiesta ritiene che sarebbe opportuno che la Bibbia fosse insegnata nelle scuole. Nello stesso tempo però tutti ritengono che la Bibbia sia difficile da capire e richiede aiuto per essere compresa. Si potrebbe dire: i dati confermano che la Sola Scriptura non basta. C’è bisogno di accompagnamento. È la vera sfida che abbiamo davanti.
Ma non dobbiamo aver paura di ridonare la Bibbia nelle mani di tutti, non solo dei fedeli. Purtroppo, se da una parte è vero che spesso c’è la Bibbia nelle case, è rarissimo che i singoli cristiani abbiano ciascuno la loro propria Bibbia, quella personale. A mio avviso dovrebbe essere uno degli obiettivi del Sinodo. Del resto se la Bibbia, come dicono i Padri, contiene “La lettera di amore di Dio agli uomini”, perché ritardarne o, peggio ancora, evitarne la consegna? Semmai, è chiesto a noi di raddoppiare l’impegno per accompagnarne la lettura. La gente deve apprendere a pregare con la Bibbia. Purtroppo, l’inchiesta fa emergere che è solo una piccolissima minoranza a farlo. È invece proprio questo che dobbiamo proporci: aiutare i nostri fedeli e tutti coloro che si avvicinano al testo biblico ad entrare nel misterioso e salvifico colloquio che intesse l’intera Scrittura. La frequentazione della Bibbia allarga la mente e riscalda il cuore.

– S.E.R. Mons. Jabulani NXUMALO, O.M.I., Arcivescovo di Bloemfontein (SUDAFRICA)

L’esperienza attuale è questa: piccole comunità cristiane e gruppi di vicinato che si incontrano su base regolare per qualche attività, ma hanno stabilito come regola che prima di qualsiasi impegno si dedichi un po’ di tempo alla lettura orante del testo sacro e alla frazione del pane della Parola sotto la guida dello Spirito Santo, si rifletta sulla Parola e si condivida la preghiera. Questi gruppi, o piccole comunità cristiane, ricevono nuova forza e crescono permeate di gioia e di vitalità, poiché Gesù Cristo è presente in mezzo a loro (DV 2). Ciò migliora anche la qualità delle celebrazioni liturgiche parrocchiali. Pertanto, questo Sinodo non discute a vuoto dell’importanza della Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. Mentre cerca di rendere più intensa la promozione della Scrittura nella vita della Chiesa, questa assemblea è anche ispirata da ciò che sta già avvenendo e crescendo in seno alla Chiesa. In questo evento vi è una dialettica che congiunge, poiché i Padri Sinodali si sentono stimolati da ciò che già sta avvenendo nel concreto e, a loro volta, confermano e incoraggiano i ministri della Parola e promuovono la formazione, così da portare a maturità ciò che già viene fatto nel contesto della missione della Chiesa. In altre parole, si tratta di consolidare ciò che è già stato avviato, sebbene ancora in fase iniziale in molte parti del mondo, e di favorire l’ulteriore crescita e lo sviluppo di questo impegno pastorale spirituale e biblico.
Pertanto, come parte dello sviluppo di questo impegno, la Lectio Divina, il metodo dei sette passi e altri metodi affini per la lettura della Scrittura e per la riflessione orante dovrebbero essere resi accessibili a tutti i membri della Chiesa (DV 22). Ciò esige un grande investimento spirituale e di personale per questo ministero: sacerdoti, religiosi, laici e giovani, secondo la sfida del Concilio Vaticano II (DV 24), poiché c’è il desiderio ardente di fare della Scrittura l’anima della vita e della missione della Chiesa. Di conseguenza, questo è un invito a sviluppare con forza e a istituire nuovi centri per l’apostolato biblico e per la formazione nei metodi e nell’arte di leggere la Scrittura, per la riflessione sulla Parola e la preghiera biblica, e per approfondire la conoscenza delle Scritture. Quelli già esistenti hanno dimostrato la loro validità e dovrebbero essere dotati di personale che lavori con dedizione. Infine, elemento fondamentale: occorre provvedere a traduzioni della Bibbia nelle lingue locali per raggiungere ogni parte del mondo.

– S.E.R. Mons. Jesús PÉREZ RODRÍGUEZ, O.F.M., Arcivescovo di Sucre (BOLIVIA)

Occorre evidenziare le relazioni intrinseche, vitali e permanenti che esistono fra la Bibbia e la catechesi. Nella pratica, sappiamo bene che l’uso che si è fatto della Bibbia nel lavoro catechistico è stato frammentario, limitato e, a volte, strumentalizzato. A poco a poco siamo rimasti piuttosto nell’alveo consumato del fiume e non siamo andati a bere alla sorgente, lì dove nasce la vita. La Sacra Scrittura è diventata per lo più un appoggio o un mero supporto dei contenuti e non la loro forma normativa e vitale.
Come professionista della Parola di Dio il catechista deve conoscere la Sacra Scrittura, saper tradurre il mistero della salvezza in essa rinchiuso in un linguaggio accessibile e comprensibile che aiuti a educare la fede della sua comunità nel contesto in cui questa vive e perché essa sappia dare risposte creative ai richiami di Dio che giungono attraverso le sfide poste dalla realtà globale. Perciò la Conferenza Boliviana vede come una sfida il fatto di adeguare il linguaggio biblico alle necessità e ai linguaggi di oggi, al mondo moderno.
La catechesi della comunità deve curare, nella prassi, alcune chiavi di lettura che la aiutino, da un lato, a rispettare il testo sacro e, dall’altro, a interpretarlo correttamente per la vita delle persone e dei popoli.
La relazione primaria fra Bibbia e catechesi deve essere intesa e accettata come fonte e non come una risorsa didattica o un semplice supporto ai contenuti.
È molto importante distinguere la catechesi in generale dalla catechesi biblica in particolare.
È necessario che il testo biblico arrivi a tutti, a cominciare dai bambini. La Chiesa boliviana si vede impossibilitata a ciò. Per questa ragione chiede alle Chiese con maggiori mezzi economici di aiutare nell’acquisto della Sacra Scrittura coloro che hanno meno possibilità.
Allo stesso tempo pensiamo che si potrebbe fissare una Giornata Mondiale della Bibbia; sono già molti i paesi che hanno non solo il giorno della Bibbia, ma anche il mese della Bibbia.

– S.E.R. Mons. Musie GHEBREGHIORGHIS, O.F.M. Cap., Vescovo di Emdeber (ETIOPIA)

Come per tutte le chiese cristiane, per la tradizione Eritreo-Etiopica la Bibbia è “Parola ispirata”, “Parola di Dio”. Uno dei testimoni biblici invocato in sostegno di questa affermazione è il passo della 2 Timoteo 3, 16-17 che dice: “Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben prep
arato per ogni opera buona”. Gli autori sacri sono illuminati, anzi “inabitati” dallo Spirito Santo. Tutti i libri biblici considerati canonici dalle altre chiese cristiane sono tali anche per la chiesa Eritreo-Etiopica che per altro possiede il numero più alto di libri ispirati: sono 81 libri, 46 dell’Antico e 35 del Nuovo Testamento. Nella tradizione Eritreo-Etiopica il concetto di canone è flessibile e tende ad includere piuttosto che ad escludere. L’ispirazione che ha dato vita ai libri sacri è concepita come un processo dinamico che continua all’interno della comunità dei credenti. Il vasto patrimonio della tradizione cristiana è giustamente considerato come irradiazione, molti testi come germogli della Parola di Dio. È questo il motivo per cui alcuni dei testi biblici, presenti nel canone della Chiesa Eritreo-Etiopica sono descritti come awald (figli, progenie [della Bibbia].
La tradizione Eritreo-Etiopica vede la traduzione dei testi biblici dalle lingue originali al geez e la loro interpretazione come due sorelle, due facce della stessa moneta. Il medesimo Spirito che ha illuminato l’autore sacro guida il cuore e la mente dell’interprete che con la fede cerca il mistero racchiuso nella parola. I commentari noti come andemta hanno innanzitutto un intramontabile valore pedagogico. Il primo passo, quello fondamentale, è l’apprendimento della Parola. Si legge il testo geez e lo si traduce nella lingua corrente cercando di cogliere le varie sfumature dell’originale. Alla lectio seguono l’analisi grammaticale, e una discussione su eventuali questioni di critica testuale. La prima chiave interpretativa viene ricercata all’interno della Bibbia. Spiegare la Bibbia con la Bibbia stessa è uno degli elementi fondamentali dell’ermeneutica Eritreo- Etiopica. Inoltre i Padri della Chiesa sono una fonte da cui gli interpreti attingono a piene mani.

– S.E.R. Mons. Miguel Angel SEBASTIÁN MARTÍNEZ, M.C.C.I., Vescovo di Lai (CIAD)

Vi parlo a nome della Conferenza episcopale del Ciad. Questo paese, al centro dell’Africa, non è stato evangelizzato che da pochi anni.
La nostra Chiesa Famiglia di Dio che è in Ciad ha optato, secondo il desiderio del Sinodo per l’Africa, per le Comunità Ecclesiali di Base. Queste comunità si nutrono della Parola di Dio e dell’Eucaristia. Nel corso della loro riunione settimanale, si legge la Parola, si prega e si cerca ciò che i cristiani devono fare per cambiare tutto quello che, nelle loro vite, non è conforme al Vangelo. I cristiani si riuniscono la domenica, ma molti di loro solamente per la celebrazione della Parola, perché non abbiamo abbastanza sacerdoti.
Nel nostro paese viviamo delle situazioni sociali e politiche molto conflittuali, dovute, soprattutto, a una guerra interminabile di oltre quarant’anni. Siamo convinti che la Parola di Dio sia una parola di Pace, una parola che annuncia la Pace e che invoca la Pace, che chiama al perdono, alla riconciliazione e alla giustizia. L’ascolto e la preghiera della Parola di Dio sono essenziali nella vita e nella missione della nostra Chiesa. Ciò è per noi una sfida!
La Parola di Dio ci illumina e ci incoraggia a impegnarci per la promozione dell’uomo e della donna nel Ciad. Il nostro è un paese impoverito, malgrado le nostre ricchezze naturali, perciò ci impegniamo per uno sviluppo umano integrale. Questo lavoro lo svolgiamo anche con i nostri fratelli protestanti.
Abbiamo un’altra sfida: quella della diffusione della Parola di Dio. A causa del tasso d’analfabetismo, della mancanza di Bibbie in lingua locale e del costo delle Bibbie. Ci vogliamo impegnare per l’apostolato biblico.

– S.E.R. Mons. Joseph Mukasa ZUZA, Vescovo di Mzuzu (MALAWI)

A nome della Conferenza episcopale del Malawi (ECM), desidero dire che la maggior parte delle nostre piccole comunità cristiane (SCC) dipende dalla Parola di Dio e vive di essa, giacché celebra l’Eucaristia una volta al mese e, talvolta, perfino una volta ogni tre o più mesi. Esse vivono della Parola di Dio.
Pertanto, è importante per noi formare i diversi agenti di evangelizzazione e i nostri cristiani nella Lectio Divina e nella condivisione della Parola. Apprezziamo l’esempio di Maria, nostra Madre, nell’ascoltare, meditare e vivere la Parola di Dio (Lc 2, 19).

– S.E.R. Mons. Antons JUSTS, Vescovo di Jelgava (LETTONIA)

Nel mio discorso faccio riferimento al numero 28 del Documento di lavoro: la Parola corre (cf 2 Ts 3, 1) e scende, come una feconda pioggia dal cielo (cf Is 55, 10-11). Desidero inoltre parlare dei martiri del XX secolo, specialmente quelli del mio paese, la Lettonia. Sacerdoti, uomini e donne sono morti per aver proclamato la Parola di Dio.
Ricordo il nostro sacerdote lettone Viktors, che durante il regime sovietico in Lettonia è stato arrestato perché possedeva la Sacra Bibbia. Agli occhi degli agenti sovietici le Sacre Scritture apparivano come un libro antirivoluzionario. Gli agenti gettarono per terra le Sacre Scritture e ordinarono al sacerdote di calpestarle. Il sacerdote rifiutò di farlo e si inginocchiò a baciare il libro. Per questo gesto venne condannato a dieci anni di lavori forzati in Siberia. Dieci anni dopo, quando il sacerdote ritornò alla sua parrocchia e celebrò la Santa Messa, lesse il Vangelo. Alzò il lezionario e disse: “La Parola di Dio!”. La gente pianse e ringraziò Dio. Non osò applaudirlo, perché ciò sarebbe stato interpretato come un’altra provocazione.
In Lettonia, durante l’era sovietica, non era consentito stampare libri religiosi, Sacre Scritture o catechismi. Il ragionamento era questo: se non c’è la Parola di Dio stampata, non ci sarà nessuna religione. Il nostro popolo lettone ha fatto ciò che già avevano fatto i cristiani dei primi secoli: ha imparato a memoria i brani delle Sacre Scritture. Ancora oggi in Lettonia è viva una tradizione orale. Saliamo sulle spalle dei nostri martiri per proclamare la Parola di Dio. I nostri nipoti ricordano i nonni e le nonne che sono morti per la loro fede e desiderano, a loro volta, essere“eroi” della fede.
In Lettonia proclamiamo la Parola viva di Dio! Facciamo processioni e pellegrinaggi, cantiamo e preghiamo e diciamo: “Questa è la Parola di Dio” per la quale sono morti i nostri nonni. In Lettonia, quando la Santa Messa dura solo un’ora, la gente dice che si tratta solo di un riscaldamento per il vero incontro con Dio nel Sacramento e nella Sua Parola.

– S.E.R. Mons. Néstor Rafael HERRERA HEREDIA, Vescovo di Machala (ECUADOR)

Se la Parola di Dio è fonte di vita per la Chiesa e anima della sua azione evangelizzatrice, si rende importante e necessaria una Pastorale Biblica che comporta:
1. Mettere la Parola di Dio, la Bibbia, alla portata di tutti.
La Costituzione dogmatica sulla Rivelazione Divina dice che i fedeli devono poter accedere facilmente alla Sacra Scrittura e che la Parola di Dio deve essere a disposizione di tutti in ogni tempo (DV 22). Grazie a Dio oggi, come all’inizio della Chiesa, la Bibbia viene tradotta in varie lingue che la rendono accessibile a tutti. La Nuova Evangelizzazione ha luogo proprio con la Bibbia e a partire da essa. In America Latina vi è una grande diffusione della Bibbia nelle comunità, nei gruppi e nei movimenti apostolici, soprattutto attraverso la catechesi.
2 Leggere la Bibbia nella vita
L’obiettivo principale di una pastorale biblica non è tanto diffondere la Bibbia per leggerla, quanto interpretare la vita con il suo aiuto. Le comunità cristiane, i gruppi, i movimenti edotti nella conoscenza della Bibbia sono certi che attraverso di essa Dio parla loro direttamente e la considerano scritta per ogni singola persona.
3. Leggere la Bibbia alla luce della fede
Per il popolo dei credenti la lettura della Bibbia è l’esercizio della fede. Infatti la Bibbia deve essere letta in un ambiente di preghiera in modo tale che lo Spirito può chiarirne il senso e rivelarci la realtà attraverso la quale il Signore ci sta parlando. Un modo privilegiato è la Lectio Divina che con i suoi q
uattro momenti, lettura, meditazione, preghiera e contemplazione, favorisce l’incontro personale con Cristo (A 249).
4. Come forza di trasformazione
La comunità cristiana prende sul serio la Parola di Dio. Non la legge soltanto per comprenderla, ma per cercare di metterla in pratica. Il popolo cerca nella Bibbia un significato per vivere e lo trova perché ha la certezza che è Dio stesso a parlargli. La lettura della Bibbia porta alla conversione perché è un libro autorevole, ispirato da Dio e che esige obbedienza.

– S.E.R. Mons. Eugène Lambert Adrian RIXEN, Vescovo di Goiás (BRASILE)

Una delle grandi conquiste del cammino biblico nel nostro paese è stata la scoperta che la Bibbia è il libro privilegiato della catechesi, che non ha adempiuto la sua missione se il fedele non ha scoperto l’importanza del possedere la Parola di Dio tra le sue mani e del viverla. A causa della trasformazione e della mobilitazione che essa provoca, in Brasile, la Bibbia è sicuramente il libro più letto, amato, ammirato e vissuto dai fedeli. Per noi, un progetto catechetico che non parta dalla Bibbia e che non conduca ed essa, è inaccettabile.
Nel nostro paese, la catechesi ha come prima fonte la Sacra Scrittura che, letta, spiegata e pregata nell’ambito della Tradizione e del Magistero, offre il punto di partenza, il fondamento e la norma di ciò che viene trasmesso ai fedeli affinché tutti siano discepoli e missionari di Gesù Cristo, zelanti, dinamici e profeti. Una delle caratteristiche della nostra catechesi è che essa opera affinché i fedeli scoprano il modo in cui Dio agisce oggi, qui e ora, nel luogo in cui egli ci ha messi per testimoniare il suo amore e la sua azione liberatrice.
È importante riprendere qui ciò che hanno affermato i vescovi presenti alla Seconda Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano, a Medellín (1968): “Nella catechesi, deve essere presa come fonte principale la Sacra Scrittura, letta nel contesto della vita, alla luce della Tradizione e del Magistero della Chiesa, trasmettendo inoltre il simbolo della fede; sarà quindi data importanza all’apostolato biblico che diffonda la Parola di Dio, formando gruppi biblici” (cf Medellin).
Anche a Santo Domingo, nel 1992, è stata ricordata l’importanza della Bibbia nella catechesi: “la Nuova Evangelizzazione deve accentuare una catechesi cherigmatica e missionaria. Per la vitalità della comunità ecclesiale, sono necessari più catechisti e agenti di pastorale con una solida conoscenza della Bibbia, che educhino a leggerla alla luce della Tradizione e del Magistero della Chiesa, per illuminare, a partire dalla Parola di Dio, la propria realtà personale, comunitaria e sociale” (cf SD, 49).
La V Conferenza, nel 2007, conferma con forza una catechesi biblica, cherigmatica, missionaria e mistagogica. Ricorda l’importanza di cominciare dal Cherigma, guidata dalla Parola di Dio che avvicina la persona a Gesù Cristo, conducendo alla conversione e all’impegno in una comunità ecclesiale in cui maturano la pratica sacramentale e il servizio (cf DA 288). La catechesi deve essere mistagogica, deve avere cioè un carattere sperimentale, liturgico, celebrativo e orante (cf DA 289). Sottolinea che “l’iniziazione cristiana offre la possibilità di un apprendimento graduale nella conoscenza, nell’amore e nel cammino alla sequela del Cristo” (cf DA 291).
Occorre riprendere, come affermano i Lineamenta, il ministero della Parola nella predicazione pastorale, nella catechesi e in ogni tipo di istruzione cristiana. L’omelia liturgica deve occupare un posto privilegiato nella celebrazione, nutrirsi con profitto e rinvigorirsi santamente con la Parola della Scrittura (cf Lineamenta, n° 23).
Occorre valorizzare maggiormente l’importanza della lettura orante della Bibbia a livello personale e comunitario e promuovere una catechesi che sia iniziazione alla Sacra Scrittura, vivificando con essa i programmi catechistici e i catechismi stessi, la predicazione e la pietà popolare (cf Instrumentum Laboris, n° 32).
In ogni catechesi integrale, devono essere sempre inseparabilmente unite la conoscenza della Parola di Dio, la celebrazione della fede nei sacramenti e la professione della fede nella vita quotidiana (cf Sinodo del 1977, Messaggio al Popolo di Dio, n° 11).

– S.E.R. Mons. Patrick Altham KELLY, Arcivescovo di Liverpool (GRAN BRETAGNA)

Dialogo con ebrei e musulmani.
La natura del dialogo in altre discipline.
Le implicazioni delle convinzioni radicate in eventi specifici nella fedeltà di ebrei, cristiani e musulmani.
Il Nuovo Testamento come testimonianza sia di una Persona, sia di eventi specifici che ancora danno testimonianza in modo tale da rendere il dialogo fondamentale per la fedeltà a questo testo fondante; pertanto forse, sebbene dia testimonianza di Qualcuno e di eventi specifici, non rappresenta un ostacolo a priori al dialogo con ebrei e musulmani.

– S.E.R. Mons. Paolo PEZZI, F.S.C.B., Arcivescovo di Madre di Dio a Mosca (FEDERAZIONE RUSSA)

Nel momento storico attuale, non va disgiunta la Parola di Dio dall’evento di Cristo stesso. Egli è il Logos, la comunicazione del Padre, il Suo volto (cf. Col 1,15). Nello stesso tempo, non possiamo dimenticare che, per opera e suggerimento stesso dello Spirito, le parole e i fatti di Gesù sono stati tramandati. La sua vita si è trasmessa e tale trasmissione dura fino ai nostri giorni. Sono in questo senso decisive le parole con cui Benedetto XVI inizia la sua enciclica sulla carità: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”.
Nel relativismo attuale, che tende a livellare ogni differenza, cosicchè tutte le parole sono valide e nessuna lo è più di un’ altra, in cui tutto è ridotto a gioco di opinioni, la parola biblica deve incarnarsi nella bellezza dei suoi testimoni, se vuole attrarre il mondo verso la verità. Nell’ Instrumentum laboris (48), viene acutamente osservato che “facendo della Parola di Dio e della Sacra Scrittura l’anima della pastorale [il vescovo] è in grado di portare i fedeli all’incontro con Cristo” [ … ] “affinché per propria esperienza i fedeli vedano che le parole di Gesù sono spirito e vita (cf. Gv 6, 63) [ … ]”.
L’annuncio della parola di Dio deve dunque avere come scopo mettere le persone per così dire in presenza di una Persona vivente: essere testimoni della Persona di Gesù Cristo, Logos fatto carne. O secondo le splendide parole di S. Paolo: esso deve “disegnare Cristo crocifisso davanti agli occhi” degli uomini. La Parola di Dio è fonte di autentica e sempre più profonda conoscenza di Cristo, dello “splendore della gloria di Dio che rifulge sul suo Volto” (2Cor 4, 6). Tale splendore di Cristo accende in noi un fuoco, diventa desiderio di testimoniarLo.
Si dice nell’Instrumentum laboris (54) che “l’ascolto della Parola di Dio è prioritario per il nostro impegno ecumenico”. Occorre che si rinnovi fra i cristiani la tensione verso la persona stessa di Cristo, il desiderio di conoscerne più profondamente il mistero. Attraverso l’incontro con il Verbo fatto carne, reso possibile dallo Spirito, riscopriamo la comunione con Lui: è la forza dello Spirito di Cristo Risorto che attira il popolo disperso verso il Suo unico corpo.

– Rev. P. Antonio PERNIA, S.V.D., Superiore Generale della Società del Verbo Divino

Per quanto riguarda la terza parte del Documento di lavoro, vorrei fare riferimento all’argomento trattato in questa sezione, vale a dire la centralità della Parola di Dio nella missione della Chiesa. E desidero farlo riformulando il titolo di questa sezione e dire: “la Parola di Dio È la missione della Chiesa”.
Questa idea si fonda su un’affermazione del Concilio Vaticano II che riguarda l’origine Trinitaria della missione (AG 1-2, 9). Qui si vede Dio Trinità come comunione e dialogo tra Padre, Figlio e Spirito Santo. Quest’intima comu
nione o dialogo, permea – o meglio, abbraccia – la creazione e la storia. La missione quindi è il dialogo incessante di Dio Uno e Trino con il mondo e l’umanità, un dialogo che invita e attrae l’umanità alla piena comunione con la comunità divina. Il primo agente del dialogo incessante di Dio con il mondo è la stessa Parola di Dio. Gesù, il Verbo incarnato, è la Parola di Dio all’umanità. È l’incessante dialogo di Dio con il mondo. Il logos Divino è il dia-logus di Dio con il mondo. La Chiesa esiste al fine di collaborare al dialogo continuo di Dio con il mondo. La Parola di Dio è la sua ragion d’essere, il sostentamento della sua vita, il cuore della sua attività.
Per questo, attraverso la lente della Parola di Dio, occorre che la missione della Chiesa venga intesa in termini di dialogo. Infatti, il Vangelo che proclamiamo è l’invito di Dio al dialogo. Occorre guardare ai diversi gruppi di persone con cui cerchiamo di condividere il Vangelo (IL 42) come “interlocutori nel dialogo”. Il dialogo, tuttavia, implica che l’evangelizzazione non è una strada a senso unico, bensì un reciproco scambio di doni tra il missionario e il popolo. Di conseguenza il missionario deve essere pronto a evangelizzare e ad essere evangelizzato, a parlare e ad ascoltare, a dare e a ricevere. Il documento del Concilio Vaticano II, Dei Verbum, dice molto opportunamente: “Dei Verbum audiens et proclamans”: ascoltare la Parola di Dio e proclamarla (DV 1). La Chiesa missionaria proclama la Parola di Dio, e l’ascolta anche così come viene rivelata nelle Sacre Scritture, ma anche nelle “gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini [delle donne] d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono” (GS 1).
Gli uomini e le donne consacrati, specialmente i missionari impegnati nella missione nelle zone di frontiera della nostra fede e ai margini della società, possono essere un “aiuto all’ascolto” per la Chiesa, mentre cercano di ascoltare la Parola di Dio rivelata specialmente nella vita delle persone, nella ricerca di quanti ricercano la fede, nelle tradizioni culturali e religiose delle persone appartenenti ad altre fedi, nelle aspirazioni dei poveri e degli emarginati. Come tale, la vita consacrata può contribuire a fare della Chiesa una comunità che non soltanto proclama, ma ascolta anche: “Dei Verbum audiens et proclamans”.

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ZENIT Staff

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