Interventi al Sinodo nel pomeriggio del 14 ottobre

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 15 ottobre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo i riassunti degli interventi pronunciati al Sinodo sulla Parola di Dio nel pomeriggio del 14 ottobre, quando si è tenuta la quindicesima Congregazione generale.

 

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S.E.R. Mons. Peter MARZINKOWSKI, C.S.Sp., Vescovo di Alindao (REPUBBLICA CENTROAFRICANA)

Abbiamo constatato che la Parola di Dio, sebbene sia al centro della catechesi, non è conosciuta dai catecumeni. Ne deriva l’urgenza di rivedere il rapporto fra catechesi e apostolato biblico.
La situazione socioeconomica e politica della RCA è catastrofica e va sempre più degradandosi. La popolazione non ha più speranza e sprofonda nell’inerzia e nella paura. La gente ricade nelle pratiche della religione tradizionale, poiché il cristianesimo non sembra più rispondere alle sue attese. Un gran numero di giovani non ha futuro e si orienta verso le sette fondamentaliste e i gruppi carismatici che soppiantano e fanno dimenticare la situazione di miseria in cui ci si trova.
La Conferenza Episcopale vede che occorrerebbe mettere di nuovo in pratica una pastorale biblica. Solamente una fede radicata nella Parola di Dio può far uscire dalla confusione il popolo centrafricano per dare la speranza in un futuro più umano e proporre dei valori evangelici per costruire una società nuova.
Vogliamo diventare una Chiesa solidale con i poveri a immagine di Dio che ama gli esclusi.

S.E.R. Mons. José Sotero VALERO RUZ, Vescovo di Guanare (VENEZUELA)

Dal Documento di Lavoro n° 39: “i tre elementi che costituiscono la natura profonda della Chiesa: proclamazione della Parola di Dio (kerygma-martyria), celebrazione dei sacramenti (leitourgia) ed esercizio del ministero della carità (diakonia)”.
Alle quattro parole greche: kerygma-martyria, leitourgia e diakonia manca la parola categen. Cinque parole greche importanti nel Nuovo Testamento e nella storia della Chiesa.
Nel progetto pastorale della nuova evangelizzazione queste cinque parole greche sono parole-chiave.
Nel Sinodo dell’Evangelizzazione risaltano le parole kerygma-martyria. Come nel documento Evangelii Nuntiandi di Paolo VI.
La parola categen emerge nel Sinodo della Catechesi e nel documento Catechesis tradendae di Giovanni Paolo II. E anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica e nel Direttorio Generale per la Catechesi.
La parola leitourgia emerge nel Sinodo sull’Eucaristia e nel documento sinodale Sacramentum Caritatis.
La parola diakonia si manifesta in modo particolare nell’enciclica Deus caritas est.
Con queste cinque parole greche (kerygma-martyria, categen, leitourgia e diakonia), lo Spirito Santo con la Parola di Dio ha costruito e continua a costruire la Chiesa nel mondo.

S.E.R. Mons. Peter Antony MORAN, Vescovo di Aberdeen (SCOZIA)

La Parola di Dio continuamente nuova
Gli interventi precedenti hanno sottolineato
1) Profondi aspetti cristologici della Parola di Dio
2) Il preservare la Parola di Dio nei contesti di persecuzione e povertà
3) La formazione pratica dei lettori e di altri agenti
Desidero parlare della Parola di Dio “continuamente nuova”.
Offro un esempio esegetico (Gv 2, Cana) e un esempio inerente al ruolo del lettore liturgico.

S.E.R. Mons. António Maria BESSA TAIPA, Vescovo titolare di Tabborac, Vescovo ausiliare di Porto (PORTOGALLO)

1 – Nel Cap. I circa la Parola di Dio sarebbe buono, a mio avviso, riferire il Mistero della Parola di Dio, anche al Mistero dell’Eucaristia. È, infatti, nell’Eucaristia che la Parola di Dio, il Verbo fatto Parola, si esprime in tutta la sua forza significativa e performativa.
Sarebbe un modo di aiutare a capire la Liturgia della Parola e la Liturgia Eucaristica come una unica azione liturgica
2 – Nel Cap. II si parla della Sacra Scrittura. Anche qui si potrebbe stabilire il rapporto tra la Sacra Scrittura, il Mistero della Bibbia e il Mistero Eucaristico. Se nell’Eucaristia abbiamo il pane consacrato, possiamo anche dire che la Bibbia è Parola umana consacrata.
Aiuterebbe a guardare la Sacra Scrittura anche come un libro speciale, santo, umano-divino.
A considerarla e a venerarla nel suo Mistero.
3 – Per ultimo e adesso riguardo al Cap. V, n° 41, proporrò come determinante per l’ascolto della Parola di Dio che cerchiamo nella Bibbia, oltre alla fede, la lettura assidua, lo studio esigente, l’obbedienza, la povertà e la libertà, di cui si parla nel n° 41, anche l’attenzione al mondo e alla storia. Al mondo degli uomini. Ascoltiamo, vediamo e leggiamo quello che accade. Lo sappiamo. Penso, pure, che sarà necessario amare questo mondo, il nostro mondo, che Dio ha amato e ama. Amarlo nei suoi dolori e sofferenze, nelle sue delusioni e angosce, nella sua ricerca di pace, di vita degna e che tante volte prende una direzione errata. Amarlo anche nelle realizzazioni a favore dell’uomo e della sua dignità di persona.
Questo aiuterà ad aprire alla parola la via del suo aggiornamento e permetterebbe di penetrare nell’inesauribilità della sua novità, suscitata dalla novità di ogni tempo.

S.Em.R. Card. Antonio María ROUCO VARELA, Arcivescovo di Madrid, Presidente della Conferenza Episcopale (SPAGNA)

Fare in modo che la Parola di Dio sia fermento della cultura moderna presuppone tenere in considerazione uno dei tratti che la caratterizzano maggiormente, soprattutto nel contesto euroamericano, ovvero: la concezione immanentista dell’uomo e del mondo, senza riferimento né esplicito né implicito a Dio Creatore e Redentore dell’uomo. Questa caratteristica si rileva in particolare nella cultura sociopolitica e giuridica. Lo Stato moderno, nella sua versione laicista radicale, è sfociato, nel XX secolo, nelle forme totalitarie del comunismo sovietico e del nazionalsocialismo. Naturalmente, la visione cristiana della vita ha continuato ad essere viva ed operante a livello giuridico-sociale nella cultura della modernità. Vi è stato persino un ritorno del diritto naturale, partendo dallo “Ius Gentium” della Scuola di Salamanca. La postmodernità ha inasprito la concezione moderna dell’uomo, della società e dell’ordine politico-giuridico nei suoi aspetti più negativi, aprendo la strada al nichilismo esistenziale e alla “dittatura” del relativismo etico. Il trattamento legale riservato al diritto alla vita, come se lo Stato potesse disporre di esso illimitatamente, è una prova eloquente di quanto detto. Occorre, dunque, una risposta culturale del Vangelo che, in un dialogo sincero tra fede e ragione, faccia presente nella vita pubblica la verità di Dio Creatore e Redentore dell’uomo: del “Dio che è amore”. I laici devono esserne i protagonisti più attivi.

S.E.R. Mons. Phillip PÖLLITZER, O.M.I., Vescovo di Keetmanshoop (NAMIBIA)

Nel Documento di lavoro noto la mancanza di visibilità di due temi fondamentali: lo Spirito Santo e la missio ad extra. Entrambi questi aspetti quasi scompaiono nel linguaggio tecnico teologico. È vero che vengono menzionati più volte in maniera implicita, tuttavia vorrei vederli illustrati e utilizzati molto più spesso in maniera esplicita.
1. Lo Spirito Santo.
Dove rimane lo Spirito Santo nel Documento di lavoro? Nascosto tra le righe delle affermazioni casuali? Se, allora come oggi, la parola di Dio si è fatta e si fa presente in modo totale e sotto ogni aspetto attraverso lo Spirito Santo, allora dovremmo anche affermarlo in modo chiaro. Le strategie dell’annuncio devono essere illustrate/attuate in modo inequivocabile nella prospettiva dello Spirito Santo.
2. La missio ad extra.
Non mi riferisco ai “territori di missione”, bensì al compito missionario davanti alla porta di casa! Il buon esempio da solo non basta
. La parola diretta è necessaria tanto per chi è distante quanto per i milioni di non cristiani che oggi, in occidente, accorrono, per così dire, direttamente tra le braccia di madre Chiesa. Che cosa fa la madre Chiesa? Trema scoraggiata. Detto in parole chiare: facciamo abbastanza, in modo diretto e consapevole, per le persone lontane e per gli immigranti? Lo Spirito Santo, attraverso di noi, può parlare anche a coloro che sono in balia dello spirito/spirito maligno secolare o etnico-tradizionale!

S.E.R. Mons. Rimantas NORVILA, Vescovo di Vilkaviškis (LITUANIA)

Vorrei sottolineare quanto detto al numero 57 dell’Instrumentum Laboris riguardo alla ricerca della cosiddetta “storia degli effetti” della Bibbia nella cultura e nell’ethos comune. Non possiamo dimenticare i frutti che la Parola di Dio, caduta come seme, produsse e continua a produrre nei cuori dei fedeli e di tutti gli uomini di buona volontà, e di conseguenza, in tutta la storia. Questo frutto abbondante «nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno» (Mc 4, 20), non può essere dimenticato, nascosto sotto la «zizzania». Sarebbe opportuno mostrare la «storia della grazia e della verità» che non può essere ridotta alla «storia del peccato».
Nell’esperienza millenaria la Chiesa di Cristo ha affrontato diverse sfide, né il momento attuale sembra senza via d’uscita. Restando nella fede e non perdendo la speranza anche oggi scopriamo esperienze incoraggianti, che ribadiscono – in primo luogo per noi stessi – che la missione della Chiesa è possibile in ogni tempo e in ogni luogo, senz’altro nel mondo odierno. Non dobbiamo scoraggiarci, anche se avvertiamo la fatica della scarsità dei collaboratori, il limite delle risorse, le risposte non sempre incoraggianti, alle iniziative messe in campo. Anche le parole di Gesù non sempre erano accolte con benevolenza.
Tenendo presente la parabola del padrone di casa «che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13, 52), da tutti noi – ministri sacri – vescovi, presbiteri – appartenenti alla vita consacrata e fratelli laici tutti – ci si attende di cercare le vie antiche e nuove per proclamare la Buona Novella.
Vorrei riferire anche al n. 27 dell’Instrumentum laboris, circa i pellegrinaggi in Terra Santa. Molto opportunamente la Terra Santa viene denominata “il quinto vangelo”. Per i noti riferimenti alla vita storica di Gesù essa rappresenta una privilegiata occasione per la pastorale della Parola di Dio e la sua conoscenza più profonda e autentica, oltre che un reale segno di solidarietà cristiana nei confronti dei fratelli e delle sorelle che vivono in quella Terra

S.E.R. Mons. Velasio DE PAOLIS, Arcivescovo titolare di Telepte, Presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede (CITTÀ DEL VATICANO)

La parola è il modo di donarsi di Dio nella storia nelle diverse tappe della storia della salvezza.
Ad ogni dono da parte di Dio viene offerta anche la possibilità all’uomo di rispondere al dono e l’indicazione della strada da percorrere. L’agire morale del cristiano non trae origine dall’obbligo di osservare delle norme, ma dall’essere nuova creatura in Cristo e consiste in una risposta di amore a Dio. La sorgente e la meta dell’agire morale del cristiano è l’amore, che necessariamente passa attraverso la strada dell’osservanza della parola di Dio; il fedele è chiamato a compiere, mediante l’amore, le opere della legge. L’agire morale cristiano è una morale pasquale; una morale che consiste nel dimorare in Cristo, nella testimonianza di amore verso Dio Padre e verso il prossimo, nello Spirito Santo.
Il Concilio Vaticano Il ha sottolineato con il decreto Ad Gentes, la necessità di una missione specifica, consistente nel primo annuncio a quanti non hanno la fede cristiana (Missio ad gentes). Con il tempo non pochi fattori hanno contribuito ad affievolire l’impegno in questa missione. La necessità della Missio ad gentes è connessa con verità fondamentali della fede cristiana, particolarmente sottolineata dalla Dichiarazione Dominus Jesus (Unicità e universalità del mistero salvifico di Gesù Cristo; Unicità e unità della Chiesa). L’Enciclica Redemptoris Missio del 1990 ribadisce la necessità della Missio ad gentes. La confusione tra missione come cura di anime o come nuova evangelizzazione da una parte e la missio ad gentes continua a persistere.
Penso che sia necessario che questo Sinodo, ispirandosi alla Redemptoris Missio, ribadisca l’impegno della Chiesa nella Missio ad Gentes. La rinnovata vitalità della Chiesa si è manifestata, nel corso della storia, soprattutto nel nuovo impegno missionario ad gentes.
È opportuno ricordare che oggi con le migrazioni si aprono nuovi orizzonti. Gran parte dei migranti che vengono tra noi non sono cristiani. Le chiese particolari, oltre ad essere sensibili alla loro accoglienza secondo i principi dell’ amore cristiano, devono sapere trovare anche le strade per annunciare loro il mistero di Cristo Salvatore di tutti gli uomini. In questa opera di evangelizzazione bisogna vedere il futuro della Chiesa.

S.E.R. Mons. Jean Gaspard MUDISO MUND’LA, S.V.D., Vescovo di Kenge (REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO)

Il mio intervento riguarda l’Apostolato biblico, in particolare la preparazione o la formazione dei futuri sacerdoti all’Apostolato biblico come disciplina accademica nei seminari e negli istituti di formazione religiosa. Faccio riferimento al Documento di Lavoro n° 49, 4 e alla Sacramentum caritatis n° 46.
Se la Parola di Dio deve ispirare tutta la pastorale della Chiesa (IL n° 48; DV n° 24), dobbiamo ripensare e rivedere la formazione nei grandi seminari e negli istituti religiosi, poiché la Parola di Dio non è e non può essere una materia d’insegnamento come le altre, al pari delle altre.
Occorre quindi una preparazione molto seria, tanto accademica e scientifica, quanto spirituale per i futuri sacerdoti. Tuttavia, lamentiamo una certa carenza a questo proposito nella formazione data nei seminari. Lo studio della Bibbia tende a privilegiare la lectio scholastica, la lettura accademica della Bibbia che trasmette principalmente conoscenze intellettuali, che sono certamente necessarie ma lasciano un vuoto per quanto riguarda la lettura spirituale, ossia la dimensione pastorale della Parola di Dio.
L’Apostolato biblico come disciplina accademica vuole, appunto, colmare questa lacuna. Esso desidera aiutare il credente a incontrare il Signore che si rivolge a lui e lo interpella nella sua vita concreta. Questa lezione potrebbe avere una doppia finalità:
a) risvegliare nel seminarista una profonda presa di coscienza delle Scritture come Parola di Dio, sorgente della vita cristiana e strumento del ministero pastorale;
b) aiutare il seminarista a tradurre le proprie conoscenze delle Scritture nella quotidianità della vita (cf BICAM: Syllabus, Accra 2008, p. 21).

S.E.R. Mons. Johannes Harmannes Jozefus VAN DEN HENDE, Vescovo di Breda (PAESI BASSI)

Catechesi sulla natura della Chiesa alla luce della Sacra Scrittura, insieme alla Catechesi sulla Sacra Scrittura nella comunione della Chiesa.

AUDITIO DELEGATORUM FRATERNORUM (III)

In questa Quindicesima Congregazione Generale sono intervenuti i seguenti Delegati Fraterni:

Rev. Archibald Miller MILLOY, Segretario Generale delle “United Bible Societes” (GRAN BRETAGNA)

Le United Bible Societies (UBS) considerano un grande onore essere state invitate a partecipare al Sinodo in qualità di
ospite speciale. Le United Bible Societies fanno risalire la loro stretta collaborazione con la Chiesa cattolica a livello parrocchiale, nazionale e mondiale alla promulgazione della Costituzione sulla Divina Rivelazione Dei Verbum, frutto del Concilio Vaticano II. La Dei Verbum ha dato ai cristiani cattolici l’incarico esplicito di lavorare alla traduzione della Bibbia e di farlo in collaborazione con le loro sorelle e i loro fratelli delle altre denominazioni. Più specificamente, l’esortazione della Dei Verbum che tutti “i fedeli abbiano largo accesso alla sacra Scrittura” ha fatto sì che, negli ultimi 40 anni, le UBS portassero a termine 134 traduzioni in collaborazione con la Chiesa cattolica. Il Documento di lavoro giustamente afferma che questo “largo accesso” è un prerequisito per la missione oggi. C’è quindi da rammaricarsi che solo in 438 delle 7000 lingue del mondo esista una traduzione completa della Bibbia. Le UBS attualmente partecipano a 646 progetti di traduzione in tutto il mondo. Durante il Sinodo, le UBS firmeranno un nuovo accordo di collaborazione con la Federazione Biblica Cattolica per testimoniare la crescente collaborazione, oggi, delle due organizzazioni. Certamente molti cattolici sono ora membri attivi delle Società Bibliche in tutto il mondo. Al Sinodo è stato segnalato un nuovo progetto “Perché siano una cosa sola”, lanciato recentemente dalla Commissione episcopale per l’apostolato biblico (ECBA) della Conferenza dei vescovi cattolici delle Filippine e dalla Società Biblica di tale paese.

S.E. MARK [Sergej Golovkov], Vescovo di Yegorievsk, Vice Presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca (FEDERAZIONE RUSSA)

Come rappresentante della Chiesa Ortodossa Russa vorrei raccontarvi della nostra esperienza storica legata al tema delle Sacre Scritture.
Sin dal momento della sua conversione al Cristianesimo, nel X secolo, la Rus’ ha ricevuto le Sacre Scritture nella propria lingua. Sin da allora la fede in Cristo era indissolubilmente legata allo studio della Bibbia. Il primo libro stampato in Russia fu l’“Apostolo” – un libro liturgico contenente il libro degli Atti e le Lettere dei Santi Apostoli. Con l’evoluzione della lingua parlata mutò gradualmente anche il testo della traduzione slava. La Chiesa Ortodossa ritiene importante che le Sacre Scritture siano accessibili ad ognuno. La lettura della Bibbia in Chiesa durante le funzioni liturgiche, tuttavia, rappresenta il modo di ascolto più valido. Assieme all’accessibilità dei testi biblici, un principio basilare per la loro comprensione risulta essere l’adempimento della tradizione. La teologia ortodossa non rinuncia a nuovi studi sui testi sacri. Ciò nonostante noi riteniamo che l’interpretazione dei testi biblici sia strettamente legata alla spiegazione lasciataci dai Padri della Chiesa. La fedeltà alla tradizione è la strada sicura che aiuta a non perdersi tra le molteplici opinioni. La nostra Chiesa non esclude altri percorsi per far incontrare l’uomo contemporaneo con il Libro dei Libri. In particolare, negli ultimi anni, sono stati prodotti degli audio-dischi con le letture del Vangelo e del Salterio. Così come materiali per i bambini: si tratta di testi evangelici adattati per la comprensione dei bambini e di racconti sugli eventi della Storia sacra.

S.E. SILUAN [Ciprian Şpam], Vescovo della Diocesi Ortodossa Romena in Italia (ITALIA)

Innanzitutto vorremmo trasmettere il Nostro caloroso saluto a tutti i vescovi e delegati presenti alla XII sessione del Sinodo dei Vescovi della Chiesa Cattolica arrivati da tutto il mondo, riuniti in questi giorni a Roma.
Il tema di questo Sinodo, “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”, si trova nella preoccupazione comune delle nostre Chiese per sottolineare e riaffermare il ruolo che ha la Parola divina nella dinamica missionaria dell’inizio del ventunesimo secolo. In questo senso portiamo alla vostra conoscenza con gioia che la nostra Chiesa Ortodossa Romena, tramite la voce unanime dei suoi vescovi, ha dichiarato l’anno 2008 come “Anno-giubileo della Santa Scrittura e della Santa Liturgia”. Questo fatto sta sottolineando il legame organico ed inseparabile tra la Santa Scrittura e la Santa Liturgia, tra la Parola di Dio e la Santa Eucaristia. L’intero tesoro liturgico della Chiesa Ortodossa è profondamente marcato dalle parole della Sacra Scrittura che penetrano le preghiere e gli inni che i fedeli ascoltano durante le varie celebrazioni che frequentano. Anche le letture che si fanno durante i diversi uffici riprendono un numero considerevole di parole da Dio ispirate attraverso la bocca dei profeti e degli Apostoli, nonché dai libri sapienziali o dai salmi. Al primo posto tra i libri della Sacra Scrittura più usati nel nostro culto tradizionale si trovano le pericopi riprese dalle lettere di San Paolo Apostolo. Consideriamo che lo zelo missionario di San Paolo ci può ispirare nel contesto europeo secolarizzato di oggi e la sua preghiera ci sarà di grande aiuto nella nostra attività missionaria. In conclusione, congratulandomi con voi per aver scelto di dibattere quest’anno un tema così ispirato, vogliamo augurarvi che i lavori della XII sessione del Sinodo dei vescovi portino dei frutti spirituali e pastorali in abbondanza per tutti quelli che vi partecipano.

S.E. ARMASH [Hagop Nalbandian], Vescovo Primate di Damasco (SIRIA)

La Parola di Dio in Armenia è stata proclamata già nel I secolo dagli apostoli Taddeo e Bartolomeo che, dopo la loro azione missionaria sono morti martiri. L’annuncio della Parola di Dio nei tre secoli successivi ha dato frutto, sicché, primo stato al mondo, nel 301 l’Armenia ha proclamato il cristianesimo come religione di stato.
Nel corso dei secoli la Sacra Scrittura e l’esegesi della Parola hanno caratterizzato la dottrina e la teologia della Chiesa armena. La Parola di Dio è anche diventata il vero contenuto di vita degli armeni, accompagnandoli durante le persecuzioni. Vorrei citare solo un esempio del passato più recente. Come avremmo potuto sopravvivere al genocidio se non avessimo creduto alla forza della Parola donatrice di vita? La fede nella Parola fatta carne, nella sua crocifissione e soprattutto nella sua risurrezione donatrice di vita ci ha dato la forza per sopravvivere al genocidio. Il popolo armeno, attraverso il suo martirio, ha dato una testimonianza che ancora oggi forgia l’identità cristiana di ogni armeno. La Parola di Dio è stata ed è fonte della speranza e della sopravvivenza.
Com’è la situazione dell’annuncio della Parola in Armenia oggi?
L’Armenia è un paese post-sovietico. Quale fosse la situazione in epoca sovietica è già noto. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, oggi in Armenia sperimentiamo un risveglio spirituale e un profondo interesse per l’ascolto della Parola di Dio. Il numero dei circoli biblici e delle persone che frequentano la chiesa è in aumento. Questa nuova attrattiva dell’ascolto della Parola può, secondo me, essere spiegata in tre punti:
1. Imparando a conoscere la Bibbia e partecipando all’eucaristia e alla preghiera si ritrovano le proprie radici. È la fede dei propri avi, dei nonni e dei genitori.
2. Professando il cristianesimo ci si sente parte del vasto mondo, membro della grande comunità della Chiesa di Cristo.
3. Si vuole leggere la Bibbia, comprenderla, studiarla… perché per 70 anni sono state raccontate delle menzogne e ora si vuole finalmente conoscere la verità.
Le situazioni quotidiane ci portano all’ascolto della Parola. La disponibilità all’ascolto dell
a Parola ha molte forme e modi. La Parola di Dio può essere sperimentata e ascoltata anche al di fuori della Messa. L’annuncio della Parola deve essere mirato, così da poter penetrare nel cuore e nell’anima delle persone. La Parola deve avere per il cristiano un significato che sia di orientamento. Le situazioni di vita ci aiutano a cercare la Parola, quindi come servitori della Chiesa e annunciatori della Parola dobbiamo volgerci verso gli ascoltatori e i fedeli, imparare a conoscere le loro situazioni e le loro esperienze di vita. Le loro situazioni di vita e le loro attese possono fornirci la chiave per aprire il loro cuore. Il messaggio di salvezza deve essere una risposta ai loro bisogni e alle loro afflizioni.
È questo oggi l’invito all’ascolto della Parola di Dio.

Exc.tia Sua Rev. Nicholas Thomas WRIGHT, Vescovo di Durham, Comunione Anglicana (GRAN BRETAGNA)

1. Dobbiamo affrontare le stesse sfide vostre: non solo la secolarizzazione e il relativismo, ma anche la postmodernità. L’incertezza produce ansietà: a) la Bibbia potrebbe dirci cose indesiderate; b) il suo messaggio potrebbe essere soffocato.
2. Una quadruplice lettura della Scrittura come amore di Dio: cuore (Lectio Divina, lettura liturgica); mente (studio storico/critico); anima (vita ecclesiale, tradizione, insegnamento) e forza (missione, regno di Dio). Questi elementi devono essere equilibrati.
3. In particolare, abbiamo bisogno di un nuovo impegno orientato alla missione verso la nostra cultura. Il punto 57 del Documento di lavoro suggerisce che l’impegno di Paolo purifica ed eleva semplicemente ciò che già esiste nella cultura. Ma Paolo si confronta anche con l’idolatria pagana, e lo stesso dobbiamo fare noi. In particolare, dobbiamo confrontarci in modo critico con gli strumenti e i metodi dello studio storico/critico stesso.
4. Il culmine del Canone è Gesù Cristo, specialmente la sua croce e risurrezione. Questi eventi non sono soltanto salvifici. Offrono un principio ermeneutico vicino alla tradizione ebraica della “critica dall’interno”.
5. Maria come modello: Fiat (mente); Magnificat (forza); Conservabat (cuore), ma anche Stabat, attendendo pazientemente nell’anima, la tradizione e l’attesa della Chiesa di una nuova rivelazione, inattesa e forse indesiderata, ma tuttavia salvifica.

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ZENIT Staff

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