Innamorato di Dio e abitato dal fuoco divino

Intervento di Mons. Vincenzo Bertolone, Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, circa il 34° anniversario della morte di Papa Giovanni Paolo I

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di Eugenio Fizzotti 

ROMA, martedì, 30 ottobre 2012 (ZENIT.org) – È di una preziosità straordinaria l’intervento cheMons. Vincenzo Bertolone, Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, ha fatto a tutta la sua diocesi in occasione del 34° anniversario della morte inattesa e improvvisa, il 29 settembre 1978, di PapaAlbino Luciani, considerato «uomo di intenso spessore spirituale, dalla personalità granitica, totalmente evangelica, di continue letture e approfondimenti, che ha lasciato un’eredità di grande portata che fa vibrare l’anima di speranza e soprattutto di volontà di riscoprire la bellezza della fede».

Ritenendone non esaurita la personalità poliedrica, Mons. Bertoloneha dichiarato un parere nettamente positivo all’iniziativa della pubblicazione delle Opere di Giovanni Paolo I, perché consentono di «studiarla e approfondirla nell’ampio spettro ecclesiologico», essendo stato «una figura notevole per la Chiesa, per la sua ecclesiologia vissuta e pensata, ma anche per il suo metodo formativo, per l’evangelizzazione ad gentes, per il suo utilizzo dei mass media, come pure esemplare fu la donazione martiriale della sua vita. Nell’arco dei suoi 66 anni s’intersecarono molteplici traiettorie storico-politiche – le due guerre mondiali, la nascita e lo sviluppo dei totalitarismi di destra e di sinistra, lo sterminio degli ebrei, la contestazione giovanile – e quelle ecclesiali: la contesa con la massoneria e il comunismo, il problema del modernismo e la perdita di notevoli strati sociali alla professione della fede cristiana».

Un’ulteriore riflessione diMons. Bertoloneriguarda la perfetta concezione di Papa Luciani come uomo che, totalmente immerso nella storia del suo tempo, ha trovato soluzioni concrete ed efficaci alle grandi questioni che la Chiesa affrontò prima e dopo il Concilio Vaticano II. Ecco perché la forza della sua testimonianza di vita e di fede nella potenza dell’amore divino è stata talmente impressionante da favorire gli interrogativi sulla profondità e la qualità della sua esperienza di Dio e sulla contemplazione del mistero di Cristo che, in relazione con il Padre e con loSpirito Santo, manifesta l’esperienza di comunione con l’Amore trinitario.

E approfondendo la prospettiva dell’«amore intramontabile», l’Arcivescovo rileva l’esperienza del divino come componente centrale della spiritualità di Papa Luciani, presente anche nei suoi scritti che presentano «l’immagine di Dio come Pastore alla ricerca della pecorella smarrita, come Padre attento, condiscendente, misericordioso, come Medico preoccupato di tutte le miserie, come Salvatore che è e si professa solidale con tutto il genere umano, investito della missione di “riconciliare con sé tutto ciò che esiste sulla terra e nei cieli” (Col 1,20)».

Particolare è l’accento sull’amore gratuito, spontaneo, «avvolgente tutti, ma soprattutto i “cattivi”, perché “più bisognosi e più malati”, con il quale Gesù tutto accoglie e di tutto si priva, per essere più autentico nella sua radicalità». Questo perché la fede di Papa Luciani si muoveva all’interno della cornice che «consiste nel vivere e comprendere il mistero integrale di Gesù Cristo – ”vero Dio e vero uomo”, “tutto per Dio” e “tutto per gli altri”, “ritratto vivente del Padre” e sua “perfetta e sostanziale riproduzione” – e, in e per lui, della realtà dell’uomo, della Chiesa e del mondo».

All’immagine di Cristo servo povero e umile, vissuto e sperimentato da papa Luciani e onnipresente nei suoi scritti,Mons. Bertoloneaggiunge quella del Redentore, riconoscendo che egli è colui che «ci salva dalla perdizione e ci porta la vita eterna. Inviato al mondo per salvare, infatti, egli non ha fatto altro che salvare e nella stessa redenzione del Calvario ciò che salva il mondo non è la sofferenza nuda, ma l’amore che Cristo offre al Padre soffrendo».

Una tale profonda prospettiva, che evidenzia la dinamica del Dio che discende e a prezzo del suo sangue riscatta l’uomo e lo salva, costituisce secondoMons. Bertoloneuna base particolarmente efficace nel rivedere tutte le altre ramificazioni dell’esperienza umana ed ecclesiale di papa Luciani il quale era perfettamente convinto che Dio in qualche modo è presente e agente in ogni uomo che si sente sempre anticipato dai benefici offertigli dall’amore e si considera “fortunato e privilegiato” in quanto «vivere, soffrire, immolarsi e risorgere di Cristo costituisce il vero grande salto del progresso per l’umanità e per il cosmo con la conseguenza di crescere in vista di Lui e diventare nuovo, come lo diventa anche il mondo».

Consapevole che dal cielo scorre un grande fiume d’amore – dal Padre al Figlio e dal Figlio a noi, come la linfa nella vite e come il sangue nelle vene – papa Luciani perMons. Bertoloneha instancabilmente spronato i suoi ascoltatori a immergersi in questo fiume lasciandosi afferrare, trasformare e plasmare da Lui, per non vivere più per se stesso e in virtù di se stesso, ma partecipando a iniziative di promozione, di partecipazione alle decisioni, di riconoscimento, di problemi sociali risolti.

Ritenendosi “innamorato” e sostanziato dei contenuti e dei valori vissuti e proposti dal Cristo dei Vangeli l’uomo, secondo la prospettiva di Papa Luciani individuata daMons. Bertolone, «si sperimenta profondamente rinnovato dalla grazia di Dio, trasferito nella sfera della vita divina e motivato a cantare per quanto il suo Signore ha già realizzato e continua a realizzare nella sua esistenza per una pienezza di vita». Ed è significativo nell’intervento diMons. Bertoloneil ricordo che alla carità Papa Luciani il 27 settembre 1978 dedicò l’ultimo dei suoi quattro discorsi pontifici del mercoledì, partendo dalla preghiera insegnatagli da mamma Bortola e confessando che la recitava ancora, più volte al giorno: «Mio Dio, amo con tutto il cuore sopra ogni cosa voi, bene infinito e nostra eterna felicità, e per amor vostro amo il prossimo mio come me stesso e perdono le offese ricevute. O Signore, ch’io vi ami sempre più».

E riflettendo sull’orientamento dell’uomo «riconciliato» l’Arcivescovo di Catanzaro-Squillace sottolinea che Papa Luciani, parlando della cosiddetta teologia dell’esodo, affermò: «Per i cristiani la vita presente non è altro che un pellegrinaggio; nel centro di questa vita tutto un popolo, la Chiesa, è in marcia: fa da guida Cristo, spinge loSpirito Santo, si punta verso il paradiso. “Io sono la via”, dice Cristo e ammonisce: I miei discepoli “non sono di questo mondo”. “Non abbiamo quaggiù una città stabile – completa san Paolo –, ma siamo alla ricerca della città futura”: “siamo dei rifugiati in Dio”; siamo “stranieri e pellegrini sulla terra”».

Ciò vuol dire che Giovanni Paolo I evidenziava l’esaltazione dell’uomo chiamato a spogliarsi di ogni cosa e soprattutto di se stesso per potersi arricchire di Dio e, in e per lui, della comunione dei fratelli e di tutte le creature. E tale visione dell’uomo, radicata e modellata sull’esperienza e sulla comprensione del Cristo povero e umile, costituiva il fondamento di tutti gli atteggiamenti virtuosi che coloravano l’umanità del Papa ed esprimeva la sua familiarità con i numerosissimi dati biografici presenti in varie fonti,che fanno emergere sempre più chiaramente l’amore.

E sottolineando che la celebrazione del centenario della nascita di Giovanni Paolo I (17 ottobre) ha avuto luogo nel corso dei lavori sinodali sulla nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, in concomitanza con l’Anno della Fede, solennemente aperto l’11 ottobre, nel 50° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II e nel 20° della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica,Mons. Bertoloneha ribadito che è stata offerta una valida, feconda e provvidenziale esplorazione dell’universo spiritual
e grazie al quale Papa Luciani riconosceva, radicati nel cuore del Vangelo, i lineamenti di Dio come «Amore intramontabile», di Gesù Cristo come  «Amore incarnato di Dio», dell’uomo come «oggetto di Amore intramontabile, soggetto fortunato, privilegiato e innamorato, che svela la grandezza e l’attualità della sua esperienza umana e cristiana». E grazie anche al volto della tenerezza e del vigore o, meglio, della tenerezza invigorita e del vigore intenerito, Giovanni Paolo I focalizzava perMons. Bertolonel’attenzione su un rinnovato «incontro con Gesù Cristo e la bellezza della fede in lui, sospingendo a riscoprire il cammino della fede, a ritrovare il gusto di nutrirsi della Parola di Dio, a lasciar plasmare il cuore dalla grazia che trasforma, ad essere testimoni gioiosi e credibili nella misura in cui si è alla ricerca del senso di vita».

Ciò vuol dire che «Giovanni Paolo I ha attraversato il cielo della cristianità come una meteora, luminosa e fulminea, lasciando un segno indelebile. Pensando a lui non si riesce a sottrarsi alla commozione e alla gratitudine per quanto ha fatto e testimoniato e si è pienamente consapevoli che dal cielo egli continua a essere per tutti un luminoso e vigoroso punto di riferimento, alimentando in tutti i credenti, come ha sottolineato papa Benedetto XVI, il coraggio e la forza della fede che nello stesso tempo è coraggio e forza dell’amore».

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ZENIT Staff

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