In liturgia conta la fede nelle norme o basta un rispetto ossequioso?

Risponde padre Edward McNamara, L.C., professore di Teologia e direttore spirituale

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Una lettrice di lingua italiana ha sottoposto la seguente domanda all’attenzione di padre Edward McNamara:

Vorrei sapere se le disposizioni liturgiche sono normative anche in senso dottrinale oltre che giuridico o disciplinare, insomma devo avere fede nelle norme (ad esempio quelle contenute nel messale a firma del Papa) oppure basta un rispettoso ossequio che può anche prescindere dall’osservanza? — Sr Assunta, Italia

Ecco la risposta formulata da padre McNamara:

Anche se il diritto canonico della Chiesa è stato codificato per la prima volta solo nel 1917, la codificazione riflette una lunga tradizione giuridica, alla fine radicata nel diritto romano.

Così, gli esperti canonisti sono in grado di attingere da una fonte profonda di interpretazioni tradizionali nell’esporre il significato delle norme. La maggior parte dei canonisti sosterrà che dubbi circa il significato oggettivo di una norma sono piuttosto rari.

Essi si verificano, tuttavia, e di solito vengono chiariti nel tempo da una interpretazione autentica promulgata dall’autorità legislativa, da una nuova norma la quale chiarisce ulteriormente la questione sollevata, o dallo sviluppo della dottrina canonica fino a quando non venga raggiunto un consenso tra gli esperti.

La Santa Sede ha un organismo speciale che si occupa dell’interpretazione autentica delle norme. La sua prima decisione rispetto al Codice di Diritto Canonico del 1983, affrontava il significato della parola iterum (che può significare sia “nuovo” che “una seconda volta”) nel Canone 917 in tema alla ricezione della Comunione. Hanno optato per “una seconda volta” riguardo a quante volte si può ricevere la comunione in un giorno.

Quasi tutti gli aspetti più essenziali del diritto liturgico si trovano al di fuori del Codice di Diritto Canonico e non sono mai stati completamente codificati in un unico volume.

Nel diritto liturgico dobbiamo distinguere tra le norme applicabili alle forme ordinarie e straordinarie del rito romano.

I riti della forma straordinaria sono meticolosamente definiti, un elemento che conferisce a questa forma una particolare bellezza, riverenza e forza spirituale quando viene celebrata con la dovuta attenzione.

In oltre quattro secoli, questo rito ha generato una notevole quantità di giurisprudenza raccolta nei volumi di decreti autentici dell’ex Congregazione dei Riti. Fortunatamente, questa serie di norme complesse è stata frequentemente classificata da studiosi diligenti in manuali descrittivi destinati ai sacerdoti e ai cerimonieri. Tra i più noti e completi in lingua italiana, figura il Compendio di Liturgia Pratica, di Ludovico Trimeloni.

L’interpretazione delle norme della forma ordinaria presenta alcune difficoltà particolari. La giovinezza relativa del rito (almeno per quanto riguarda le sue rubriche) significa che, in termini di giurisprudenza storica, c’è poco che possa chiarire eventuali passi che si prestino a dubbi.

Una difficoltà è anche il fatto che, in generale, le rubriche evitano volutamente descrizioni dettagliate dei riti in modo da lasciare una certa flessibilità. Ad esempio, sia la forma straordinaria che quella ordinaria prescrivono che il sacerdote preghi con le braccia allargate, ma l’ultimo rito non specifica nulla per quanto riguarda la distanza e la posizione delle mani, lasciando questo alla discrezione del celebrante.

Inoltre, l’esistenza di traduzioni ufficiali a volte può rendere difficile l’interpretazione soprattutto quando le traduzioni cambiano il senso di un testo, persino tra Paesi che condividono la stessa lingua. Alcuni liturgisti hanno interpretato la traduzione inglese dell’introduzione al lezionario concludendo che l’Alleluia andava omesso quando non cantato, un’interferenza che è assente nell’originale latino e in altre traduzioni moderne.

A differenza della liturgia, il diritto canonico non ha traduzioni ufficiali e solo il testo latino può essere usato per fini legali.

Un altro fattore è il coinvolgimento di istanze di legislazione liturgica diverse da quelle della Santa Sede, come le usanze legittime e le conferenze episcopali. Queste ultime possono proporre modifiche particolari per i loro Paesi, richiedendo l’approvazione da parte della Santa Sede, prima di diventare norma particolare. Possono anche pubblicare altri documenti, come le istruzioni per alcune questioni liturgiche che, anche se non strettamente vincolanti, in pratica diventano un punto di riferimento giuridico.

Nonostante queste difficoltà, l’interpretazione liturgica non è arbitraria.

La Congregazione per il Culto Divino e dei Sacramenti a volte effettua interpretazioni autentiche di testi liturgici. Ad esempio, ha dichiarato che il n° 299 dell’Ordinamento Generale del Messale Romano, quando afferma che il celebrante rivolto verso il popolo sembra “più desiderabile” non costituisce obbligo di legge.

Tali interpretazioni gettano luce sullo spirito del legislatore per quanto riguarda simili testi e così aiutano a risolvere punti controversi. In alcuni casi, la decisione storica per quanto riguarda la forma straordinaria sono ancora utili per comprendere la forma attuale.

Il dicastero ha pubblicato anche diverse Istruzioni. Si tratta di documenti legali e tecnici che stabiliscono norme vincolanti in materia di liturgia (ad esempio la Redemptionis Sacramentum su alcuni abusi liturgici da evitare). Questi ultimi sono documenti autoritativi perché espressamente approvati dal Papa come una norma della Chiesa e le sue disposizioni possono essere abrogate o modificate solo da un altro simile documento debitamente approvato dall’attuale pontefice o da un suo successore.

Un altro modo è quello di esaminare l’uso di una particolare parola in tutti i documenti ufficiali, in modo da valutarne il significato generale. Rispetto al diritto civile il numero delle ordinanze liturgici costituisce un corpus relativamente piccolo, e questo rende tali confronti abbastanza facili.

Facendo tali confronti, vengono seguiti due criteri fondamentali, fra cui l’autorità del documento. I documenti più importanti sono i libri liturgici stessi, poi vi sono quelli della Santa Sede che interpretano queste norme. Quando ci sono diversi documenti dello stesso livello di solito, il documento più recente è quello da seguire.

Infine, sempre a differenza del diritto civile, il diritto liturgico è concepito per essere compreso chiaramente da non esperti e dunque esso significa veramente quello che dice, basandosi su una lettura letterale. Perciò i sacerdoti, i diaconi, i sacrestani e gli altri attori liturgici sono liberi dal requisito di possedere una laurea in giurisprudenza nella preparazione della Messa.

Nel diritto liturgico la difficoltà di solito non sta nel comprendere ma nella fede, l’amore e la volontà di realizzarlo.

*I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

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ZENIT Staff

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