"In Gesù riconosciamo e adoriamo il Figlio di Dio fatto uomo"

L’omelia del cardinale Caffarra per la solennità dell’Epifania del Signore

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BOLOGNA, venerdì, 6 gennaio 2012 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito l’omelia del cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, pronunciata questo pomeriggio nella cattedrale metropolitana di San Pietro, in occasione della solennità dell’Epifania del Signore.

***

1. «I Gentili … sono chiamati in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo». Cari fratelli e sorelle, questo è il grande evento che stiamo celebrando: la chiamata di tutte le genti a formare in Cristo un solo corpo, una sola Chiesa.

Saluto con particolare affetto e rispetto tutte le comunità nazionali presenti nella nostra città. La loro presenza rende ancor più visibile il mistero che oggi è rivelato. «Parliamo lingue diverse e abbiamo differenti abitudini di vita, differenti forme culturali, e tuttavia ci troviamo subito uniti insieme come una grande famiglia». La ragione è che «siamo tutti toccati dall’unico Signore Gesù Cristo» [Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana (22. 12. 2011), 1]. È che il Padre chiama tutti «a formare lo stesso corpo».

La chiamata dei Magi ed il loro incontro con Gesù sono l’anticipo di quanto sarebbe poi accaduto dopo la risurrezione di Gesù, colla predicazione del Vangelo. «Riconosciamo dunque, carissimi, nei Magi adoratori di Cristo le primizie della nostra vocazione e della nostra fede, e con l’animo ricolmo di gioia celebriamo gli inizi della nostra beata speranza» [ S. Leone Magno, Sermone 13, 4. 1].

2. La narrazione evangelica non solo narra l’inizio della nostra – di noi, intendendo, gentili – salvezza, ma ci fa capire quale è il cammino che la persona umana compie per incontrare Gesù, il Verbo incarnato.

«Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo». Cari amici, l’inizio della fede consiste normalmente nel bisogno che l’uomo sente di verità, di luce, di risposte vere alle grandi domande della vita. I Magi erano astronomi, videro un fenomeno celeste straordinario. Non mettono a tacere la loro ragione; non censurano le loro domande. Da mero fatto celeste, osservabile da tutti, diventa per i Magi un “segno”: qualcosa che rimanda ad un significato ulteriore. Il cammino che porta a Gesù inizia dal ridestarsi della nostra ragione, tesa a comprendere ciò che accade in noi e fuori di noi.

Ma in che modo il Padre mette in movimento ciascuno di noi? quale è la “stella” che ridesta la nostra ragione e quindi la nostra libertà ad iniziare il cammino della fede? Dio ci stimola e ci chiama, nascosto, per così dire, sotto il nostro desiderio di beatitudine, di felicità vera e piena. Dio è sempre presente in ciascuno di noi, altrimenti non potremmo metterci alla sua ricerca. Ma è presente in modo indiretto, nascosto sotto il nostro desiderio di beatitudine. Quando infatti desideriamo essere felici, di una felicità piena e duratura; quando ci rendiamo conto che ogni bene creato è incapace di rispondere a questa esigenza, che cosa stiamo cercando in realtà se non l’incontro con Gesù? Con Gesù che disse alla samaritana: «chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete» [Gv 4, 13-14].

Il desiderio di questa acqua è ciò che preannuncia la venuta del Signore e consente di riconoscerlo quando si rivela: «entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua Madre, e prostratisi lo adorarono».

«I vostri ardenti desideri» scrive S. Agostino «ci sembrano delle mani invisibili, con le quali bussate ad una porta invisibile, perché invisibilmente vi si apra e invisibilmente possiate entrare» [Esposizione sul Salmo 103, 1; NBA XXVII, 633].

3. Cari amici, alla luce dell’esperienza dei Magi possiamo renderci conto di quale sia l’insidia più subdola alla fede: ciò che rende non difficile, ma impossibile perfino iniziare il cammino verso l’incontro con Gesù. È la mutilazione della nostra umanità, che assume solitamente due attitudini.

La prima è di restringere l’uso della nostra ragione a ciò che è constatabile, misurabile, e verificabile. I Magi non si accontentarono di studiare un fenomeno celeste; la loro ragione penetrò più a fondo, e nel fenomeno videro un “segno”. Solo una ragione che non censura il suo naturale desiderio di vedere Dio, è capace di una intelligenza della realtà oltre ciò che appare.

La seconda mutilazione della nostra umanità è ancora più grave. Consiste nel restringere la misura del nostro desiderio; nel continuare a cercare ostinatamente la propria beatitudine esclusivamente nei beni creati. Un grande diagnostico della nostra condizione ha descritto stupendamente questa mutilazione del nostro desiderio. «Verrà il tempo in cui l’uomo non scaglierà più il dardo del suo desiderio al di là dell’uomo; e la corda del suo arco avrà disimparato a vibrare» [F. Nietzsche, Così parlò Zaratustra, Proemio § 5; Bompiani, Milano 2010, 235].

Concludo con l’invito che Agostino rivolge all’uomo: «si convertano, dunque, e ti cerchino, poiché tu non hai abbandonato la tua creatura … si convertano, ed ecco, sei lì, nel loro cuore: nel cuore di coloro che ti riconoscono e si gettano in te» [Confessioni V, 2. 2].

I Magi riconoscono ed adorano; hanno trovato la risposta al loro desiderio. In Gesù riconosciamo e adoriamo il Figlio di Dio fatto uomo: e questo è tutto.

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ZENIT Staff

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