In Germania c'è chi dice: "Sì alla vita!"

Intervista con Manfred Libner, amministratore delegato della Fondazione “Ja zum Leben”

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di Britta Dörre

ROMA, giovedì, 29 marzo 2012 (ZENIT.org) – In occasione della II Settimana europea per la vita, che si conclude oggi, ZENIT ha intervistato Manfred Libner, amministratore delegato della Fondazione tedesca Ja zum Leben (Sì alla Vita). Libner, classe 1958, è sposato ed è padre di tre figli. Ha studiato Scienze politiche, Storia moderna e Geografia economica presso le Università di Bochum e Monaco di Baviera.

Qual è la caratteristica della Fondazione Ja zum Leben?

Manfred Libner: La Fondazione Ja zum Leben difende i bambini non nati e le loro madri e promuove la riflessione sulla famiglia. Laddove non sviluppa propri progetti, promuove e sostiene altre iniziative che si dedicano a questo compito. I nostri principali progetti sono 1000plus – Hilfe statt Abtreibung (1000più – Aiuto invece di aborto), il fondo per donne incinte Kultur des Lebens (Cultura della vita), oltre alle campagne contro l’aborto tardivo www.tim-lebt.de e Stop PID contro l’introduzione della diagnosi genetica preimpianto. Inoltre, ogni due anni, vengono premiate le persone e le iniziative che si sono rese benemerite nei confronti della protezione dei bambini non nati e della promozione della riflessione sulla famiglia. Assieme a suo figlio, la contessa Johanna von Westphalen ha istituito la Fondazione nel 1988. Il motivo era, del resto, quello di poter sostenere meglio i congressi della famiglia con Madre Teresa.

Il paragrafo 218 del Codice penale tedesco prevede una consulenza obbligatoria per le donne che vogliono abortire. La Fondazione Sì alla Vita promuove consultori di cui può avvalersi una donna incinta. Qual è la differenza con gli altri centri di consulenza?

Manfred Libner: La differenza più importante è che da noi i consultori sostenuti non rilasciano cosiddetti Beratungsscheine (certificati di consulenza), che consentono di abortire legalmente. L’aborto non è un’alternativa per noi, ma al contrario, insieme alla donna rimasta incinta involontariamente, bisogna trovare delle alternative personali all’interruzione di gravidanza. Le preoccupazioni e le paure delle donne devono essere prese sul serio. Il panico che sovrasta tutto va prima di tutto sciolto, in modo che la donna riacquisti lucidità. Per questo ci vuole tempo, consultrici magnanime e anche gli strumenti materiali, utili a risolvere i problemi.

Lei come entra in contatto con le donne?

Manfred Libner: La Fondazione Ja zum Leben gestisce insieme con l’organizzazione per la consulenza di donne incinte Pro Femina e Die Birke (La Betulla) a Heidelberg, il progetto 1000plus – Hilfe statt Abtreibung. Abbiamo scoperto che le donne rimaste incinta involontariamente molto spesso cercano in primo luogo aiuto e consiglio su Internet. Sotto la protezione dell’anonimato in Internet descrivono tutto il loro dolore e disperazione e sperano in una risposta. Ogni giorno, nei soli Paesi di lingua tedesca i termini “aborto” e “interruzione della gravidanza” vengono cercati su Google dalle 5.000 alle 15.000 volte. Internet è diventata ormai la più grande cassetta per i reclami al mondo. Proprio per questo è molto importante che siamo il più possibile vicini alle donne disperate affinché non vengano esclusivamente indirizzate alla più vicina clinica abortiva. La nostra équipe online cerca contatto con le donne in gravidanza nei forum femminili, dà consulenza ed offre maggiori informazioni. Da più di un anno, offriamo, anche sul nostro portale www.vorabtreibung.net, informazioni sul tema, come anche aiuto e consulenza. Solo nell’anno scorso abbiamo dato consulenza a 1.200 donne.

Ci sono certe fasce di età e classi sociali, che si avvalgono della vostra consulenza?

Manfred Libner: Su Internet si trovano soprattutto giovani donne, che innanzitutto hanno un accesso appropriato per inviare messaggi senza essere disturbate. Per loro, Internet fa parte della vita quotidiana e in ogni caso hanno una certa educazione di base.

Qual è la ragione più frequentemente menzionata per un aborto pianificato?

Manfred Libner: Nella maggior parte dei casi l’amico, il compagno o il marito non vuole figli. Si sente, ad esempio, non ancora pronto per diventare padre. Poiché le gravidanze non desiderate sono spesso collegate con un fallimento della contraccezione, anche gli uomini sono in una sorta di stato di shock. Sono confusi. È la mentalità contraccettiva, che fa improvvisamente cadere anche gli uomini dalle nuvole. Vogliono il più velocemente possibile ripristinare lo stato di spensieratezza che esisteva prima della gravidanza. La paura per il nuovo e lo sconosciuto, anche per il proprio figlio ancora “estraneo”, deve prima essere superata.

Come riesce a stabilire un dialogo con le persone coinvolte in così breve tempo?

Manfred Libner: Abbiamo solo la possibilità di una consulenza, quando la donna incinta lo vuole veramente. Perché lei può interrompere in qualsiasi momento la comunicazione quando non si sente capita, quando è troppo pesante per lei. La comprensione crea fiducia. Una consulenza può avere successo solo se la consultrice si apre alle preoccupazioni, le paure e i problemi delle donne incinte. Dato che dietro a quasi ogni intenzione di aborto c’è un problema irrisolto, va riconosciuto prima questo, in modo che la consultrice possa lavorare insieme alla donna incinta per una soluzione.
 
Riesce a dissuadere molte donne dalla loro intenzione?

Manfred Libner: Su Internet, incontriamo solo donne che, inizialmente, sono determinate ad abortire. Tanto più sorprendente è il fatto – che ci rende veramente felici e grati – che delle oltre 450 donne di cui abbiamo saputo l’esito della gravidanza, il 71% ha mantenuto il bambino. Rispetto ai quasi 110.000 aborti ufficialmente segnalati l’anno scorso, si può immaginare quanto sia grande il potenziale delle consulenze e cosa venga omesso nei consultori riconosciuti dallo Stato a causa della rapida emissione di certificati.

Quale aiuto concreto offrite in seguito?

Manfred Libner: L’aiuto più importante è quello di esserci per la donna incinta, ascoltarla, prenderla sul serio, renderla più forte. L’aiuto più importante è dunque la consultazione stessa e sono le soluzioni che vengono elaborate insieme. Affetto umano e tempo sono proprio quello che manca oggi. Gli aiuti sono assolutamente individuali. Può darsi che la consultrice, attraverso un dialogo con il partner o i genitori della donna incinta riapre quelle porte che erano state chiuse dai litigi precedenti. Aiutare, ad esempio, a trovare un alloggio, o una mamma o nonna “diurna”, che possono prendere cura del piccolo mentre la madre finisce la sua formazione. Gli aiuti sono vari come i problemi che devono essere risolti.

Cosa si potrebbe migliorare?

Manfred Libner: Vogliamo assolutamente aiutare ancora più donne. Ma poiché non riceviamo alcun finanziamento pubblico, dobbiamo pensarci noi stessi e fare affidamento sull’aiuto di molte persone, per le quali non è indifferente a come finiscono i drammi di vita e di morte, che si svolgono ogni giorno nelle nostre vicinanze.

Lei ha l’impressione che nella nostra società le conoscenze sull’aborto sono accettabili e che i vari metodi e, soprattutto le conseguenze fisiche e psicologiche, sono sufficientemente noti e discussi?

Manfred Libner: L’aborto è un argomento tabù su cui non c’è sufficiente informazione, né discussione. Le conseguenze psicologiche dell’aborto, tutte le manifestazioni di disturbo post-traumatico da stress non sono scientificamente studiate in questo Paese, perché gl
i studi condotti in altri Paesi dimostrano quanto sono devastanti. Ciò comporterebbe che i politici siano costretti a giustificare perché gli aborti siano stati liberalizzati de facto in Germania e perché vengano finanziati al 90% con il denaro dei contribuenti, se poi hanno conseguenze talmente disastrose per le donne.

Che ruolo ha la sua fede nel suo lavoro?

Manfred Libner: La fede è molto importante per me. Il nostro lavoro è di lunghissimo respiro. Non possiamo disperare, quando subiamo battute di arresto. Soprattutto in un momento in cui viene contestato in vari modi il diritto alla vita delle persone ed affermato, nel caso nel caso dell’aborto, un “diritto” ad uccidere, che viene persino presentato falsamente come un “diritto umano”, abbiamo bisogno di una bussola e una fonte di energia. E ripuntare sempre sull’essenziale. Il Santo Padre è, per il mio lavoro, un grande sostegno e un vero esempio. Proclamare la verità con gioia, resistere allo spirito dei tempi senza amareggiarsi, utilizzare gli strumenti più moderni per la conservazione e la promozione di una cultura della vita e dell’amore: fantastico! Ma soprattutto il rispetto della vita e per la vita è fondamentale per il cristianesimo. Nostro Signore Gesù Cristo stesso si è fatto uomo. La Madre di Dio l’ha ricevuto, l’ha portato in grembo. Durante la visitazione a sua cugina Elisabetta, il figlio di quest’ultima, Giovanni, di cui è incinta, riconosce il piccolissimo Gesù nel grembo di Maria e inizia a sussultare. Già questi racconti della Sacra Scrittura dimostrano quanto il sì alla vita appartiene all’essenza della nostra fede.

[Traduzione dal tedesco a cura di Paul De Maeyer]

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ZENIT Staff

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