In Europarlamento si torna a votare sul gender

Nei prossimi giorni gli europarlamentari si esprimeranno sulle Relazioni Rodrigues e Ferrara, che sotto la patina di “diritti fondamentali” veicolano principi contro vita e famiglia naturale

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Terminate le ferie estive, il Parlamento europeo è tornato al lavoro dedicandosi a due Relazioni, i cui primi firmatari sono Rodrigues e Ferrara, che affrontano il tema del genere.

Domani, 8 settembre, gli europarlamentari si dovranno esprimere sulla Risoluzione Rodrigues, “sull’emancipazione delle ragazze attraverso l’istruzione nell’UE” (2014/2250(INI)), redatto in seno alla Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere ed approvato il 16 giugno scorso.

Leonor Tamayo, presidente di Profesionales por la Etica, spiega che questo Rapporto “pretende di imporre l’ideologia di genere in tutte le scuole della Ue. Ritiene necessario cambiare i libri di testo e produrne nuovi nella prospettiva dell’ideologia di genere. Propone inoltre di formare gli insegnanti secondo questa nuova prospettiva”.

Nel testo si affermano i buoni propositi secondo cui “l’istruzione è il fondamento di una cittadinanza responsabile e che l’educazione deve favorire l’uguaglianza e l’emancipazione delle ragazze, sancite dai diritti dei minori e dai diritti umani”.

Tuttavia, l’intento del documento è svelato da un passaggio successivo del documento: “Il concetto di ‘genere’ è un costrutto sociale legato a questioni di classe sociale, etnia, religione, cultura, sessualità ed età che favoriscono le ingiustizie in ambito economico, culturale e dell’istruzione e che la scuola contribuisce alla riproduzione di rappresentazioni sociali connesse al genere”.

Questa è la chiave per leggere il testo. Secondo l’ideologia di genere, ricorda la Tamayo, “l’uomo non nasce maschio o femmina, questi sono stereotipi prodotti dal consenso sociale. È l’uomo che liberamente decide qual è il suo sesso e il suo orientamento sessuale”.

L’ideologia di genere va imposta attraverso l’educazione e perché questo sia fatto sono previsti più volte nel testo “controlli e valutazioni”. Leggiamo infatti: “Per combattere le disuguaglianze di genere è indispensabile affidare ai centri di ricerca pedagogica specializzati nella parità di genere la supervisione costante sul piano pedagogico, ma anche il controllo e la valutazione di programmi, obiettivi, materie, strategie, materiali, valutazioni, nonché i programmi di ogni disciplina e la pianificazione”.

E come avverrebbe questo controllo? Attraverso “organi indipendenti che controllino e valutino i progressi conseguiti all’interno degli istituti d’istruzione in seguito all’adozione di politiche in materia di parità di genere, che le autorità competenti siano costantemente informate di tutte le azioni intraprese e dei progressi realizzati in tale settore e che la prospettiva di genere divenga in tempi brevi un criterio di valutazione interna ed esterna degli istituti di istruzione” (paragrafo 19).

Il Rapporto Rodrigues, secondo Leonor Tamayo, “viola i principi fondamentali” perché “non rispetta il diritto dei genitori ad educare i propri figli in conformità alle proprie convinzioni morali o religiose e di essere i suoi primi educatori; “viola i trattati internazionali e le convenzioni quali l’ultima dichiarazione delle Nazioni Unite sulla Protezione della Famiglia, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, la Convenzione Internazionale dei Diritti Civili e Politici, la Convenzione dei Diritti del Bambino, la Convenzione Europea dei Diritti Fondamentali”; “non rispetta il principio di sussidiarietà. L’art. 5 del Trattato di Lisbona chiarisce che l’educazione non è di competenza comunitaria”.

“Concretamente il paragrafo 29 – spiega Leonor Tamayo – promuove l’educazione sessuale nella scuola primaria; il paragrafo 30 invita le donne ad avere il controllo del proprio corpo, che equivale a promuovere l’aborto; il paragrafo 31 promuove la lobby LGBT sotto il marchio dell’anti-bullismo; il paragrafo 32 segnala che le differenze tra uomo e donna sono stereotipi di genere”.

Temi che vengono affrontati anche dalla Relazione Ferrara, che ufficialmente si sofferma “sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea”. “I diritti fondamentali sono diventati strumenti per spingere l’Ue affinché prenda posizioni in favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso (§85 relazione Ferrara), eutanasia (§104 Relazione Ferrara), aborto (§§68, 69 Relazione Ferrara), educazione sessuale nelle scuole (§70 Relazione Ferrara e §10 Relazione Rodrigues), tutte materie che non rientrano nella competenza dell’UE” afferma Maria Hilgdinsson, segretaria generale del Fafce (Federazione delle Associazioni delle Famiglie Cattoliche in Europa).

È sorprendente l’insistenza di alcuni europarlamentari, sottolinea la Hilgdinsson, “nello spendere il proprio tempo e le proprie energie nel promuovere queste agende ideologiche, senza rispettare la sovranità degli Stati Membri in materie come famiglia e vita”.

Donald Tusk, Presidente del Consiglio Europeo, ha recentemente dichiarato che “definizione del matrimonio e della famiglia sono materie di competenza nazionale degli Stati Membri”. Pertanto “la Fafce invita gli europarlamentari a rispettare la competenza nazionale degli Stati Membri quando voteranno queste Relazioni; ulteriori spinte a favore di pretese ideologiche controverse potrebbero dividere e non unire la Ue e i suoi cittadini”, conclude Maria Hilgdinsson.

I cittadini europei, attraverso una raccolta firme sulla piattaforma CitizenGo, si stanno mobilitando per invitare gli europarlamentari a rigettare queste imposizioni. 

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Elisabetta Pittino

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