In cosa consiste la nuova evangelizzazione?

ROMA, sabato, 1 ottobre 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’intervento pronunciato il 30 settembre da Jean-Luc Moens, già coordinatore dell’esperienza delle missioni cittadine delle capitale europee, in occasione dell’Assemblea plenaria dei Presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa, tenutasi per la prima volta in Albania, a Tirana.

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0. Introduzione

Le risposte al questionario mandato dalla segreteria del CCEE sono di una grande ricchezza. Mostrano che la questione della Nuova Evangelizzazione costituisce una preoccupazione importante per tutte le Conferenze episcopali europee e per molti vescovi europei. Un lavoro molto importante è stato realizzato sotto varie forme, spesso portato avanti per molti anni, e ogni volta esplicitamente orientato alla nuova evangelizzazione:

– sinodi diocesani e riflessioni al livello delle conferenze episcopali;

– pubblicazione di documenti: quasi ogni paese ha pubblicato uno o, talvolta, più documenti connessi a questo tema;

– in molti casi, inoltre, ci sono state numerose realizzazioni pratiche.

Allo stesso tempo, le risposte manifestano una grande diversità, a seconda – e la cosa non deve stupirci – del contesto particolare di ogni paese e di ogni cultura:

– ci sono paesi caratterizzati da una forte secolarizzazione;

– ci sono paesi che hanno conosciuto dei regimi totalitari;

– ci sono dei paesi che sono in fase di ricupero da una guerra recente;

– ci sono anche paesi in cui la fede cattolica è minoritaria rispetto ad altre Chiese o ad altre religioni;

– ecc.

Tuttavia, malgrado tutte queste differenze, osserviamo una convergenza di fondo sulla necessità della nuova evangelizzazione in Europa dal Nord al Sud, dall’Est all’Ovest.

1. Nuova evangelizzazione: in cosa consiste…

Tutte le risposte concordano nell’affermare che la nuova evangelizzazione è semplicemente l’attualizzazione nei nostri paesi, in questo momento, della vocazione missionaria della Chiesa che fa parte della sua stessa natura: “Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare”…(Evangelii nuntiandi 14).

Nel questionario, una delle conferenze episcopali riassume bene questa convinzione: “L’evangelizzazione è la manifestazione della vita e della vitalità della Chiesa. Questa è diventata se stessa quando, spinta dallo spirito Santo nel giorno della Pentecoste, è uscita dal Cenacolo. Per questa ragione, l’evangelizzazione non deve essere compresa come una delle attività pastorali della Chiesa ma come la manifestazione della sua stessa natura e della sua missione, segno della presenza dello Spirito Santo che la anima e la guida”.

Per molti, la nuova evangelizzazione consiste in primo luogo nell’andare verso le persone che si sono allontanate dalla Chiesa e dalla fede, verso i battezzati che hanno perso la loro identità cristiana. Si tratta anche di aiutare i cristiani che hanno ricevuto i sacramenti1 a diventare dei cristiani evangelizzati, vale a dire ad avere una relazione personale con Cristo. Questa relazione personale con Cristo è sottolineata da molti: è lo scopo di ogni evangelizzazione e, allo stesso tempo, questo incontro con Gesù come persona è la condizione per diventare evangelizzatori. Ecco perché ci viene chiesto di non separare in nessun caso la nuova evangelizzazione dall’evento di Cristo stesso: essere cristiani, è innanzitutto un incontro con una persona. Per questa ragione, la nuova evangelizzazione non potrà mai essere riassunta semplicemente in un programma o in alcuni orientamenti pastorali.

La nuova evangelizzazione in Europa non può neanche limitarsi ad una “pastorale di recupero”: ricuperare quelli che si sono allontanati dalla fede ricevuta nel battesimo. Molti sottolineano, per esempio, che l’immigrazione di popolazioni non cristiane nel loro paese costituisce una sfida per la nuova evangelizzazione. Alcuni parlano anche di missio ad gentes nel loro stesso paese. Prima, la missio ad gentes consisteva nell’andare verso le popolazioni non cristiane lontane. Oggi, queste stesse popolazioni sono presenti nei nostri paesi. Anch’esse sono un obiettivo della nuova evangelizzazione.

Un’altra preoccupazione che riguarda la nuova evangelizzazione è dover affrontare il cambiamento della società, la nuova cultura che emerge, la secolarizzazione crescente in cui la religione, il cristianesimo non ha più posto. Alcuni osservano una sorta di “disboscamento della memoria cristiana” e la necessità di passare da una Chiesa cosiddetta di cultura cristiana ad una Chiesa di tipo missionario. Altri trovano che la Chiesa oggi sia in una situazione simile a quella degli Atti di Apostoli, immersa in una cultura straniera. In questo contesto, la nuova evangelizzazione può prendere per modello la Chiesa primitiva, dove l’annuncio della Buona Novella faceva affidamento su piccole comunità che vivevano e celebravano la loro fede. Da notare in particolare che, in molti paesi, viene sottolineato l’impatto evangelizzatore dei movimenti internazionali o locali, delle nuove comunità, così come quello della testimonianza di vita dei cristiani e della carità vissuta nei confronti dei poveri.

Talvolta, l’evangelizzazione della cultura passa dalla riscoperta e dalla proposta del principio di comunione e del bene comune, per esempio, per lottare contro la riduzione della religione alla sfera privata.

È stato fatto notare anche che la nuova evangelizzazione chiede una radicale conversione pastorale ed esistenziale. Occorrono nuove forme di annuncio di Cristo che si rivolgano alle persone in un linguaggio comprensibile. Affinché ci sia una nuova evangelizzazione, occorre un nuovo slancio, un nuovo zelo missionario.

Cito un passaggio della Conferenza episcopale scozzese: “La nuova evangelizzazione non consiste nel rifare qualcosa che non era stato fatto bene nel passato o nel rappresentare semplicemente il Vangelo come è stato rappresentato nel passato. Consiste piuttosto nel coraggio di forgiare delle strade nuove per rispondere alle circostanze che affronta la Chiesa oggi. Si tratta innanzitutto di un’attività spirituale capace di ridare al nostro tempo il coraggio e la forza dei primi cristiani e dei primi missionari per compiere il comandamento missionario del Signore.

È forse la mancanza di fiducia il nostro problema maggiore. La buona volontà ed il potenziale non mancano, ma occorre ancora uno scatto affinché i cattolici, aumentando progressivamente la loro fiducia, siano capaci di affermare la loro identità”.

Conclusione del primo punto

Dall’insieme delle risposte al questionario, appare un vero bisogno di chiarimento che si basa, a mio avviso, sull’aggettivo “nuovo” contenuto nell’espressione “nuova evangelizzazione”.

Si constata, infatti, che la nuova evangelizzazione non è così nuova quanto si potrebbe pensare. Molti paesi dicono che hanno cominciato più di 20 anni fa, o addirittura prima.

Il documento della Conferenza episcopale tedesca, per esempio, parla sistematicamente di “(nuova) evangelizzazione”, il che sottintende chiaramente che non c’è semplicemente differenza tra nuova evangelizzazione ed evangelizzazione tout court

Un paese uscito dal comunismo dice: “Si considera come nuovo tutto ciò che è arrivato nel campo dell’evangelizzazione dopo il dicembre 1989. Si sono conservate le modalità tradizionali dell’evangelizzazione, ma con un ardore e dei metodi rinnovati.”

La Conferenza episcopale portoghese osserva con buon senso dell’umorismo: “È una contraddizione fare una vecchia evangelizzazione!”

D’altro lato, alcuni dicono anche che esiste il pericolo di chiamare troppo precipitosamente “nuova evangelizzazione” certe attività realizzate nell’emergenza.

La Conferenza episcopale slovena riassume l’opinione generale che chiede al Santo Padre ed al prossimo Sinodo di fissa
re una definizione adeguata ed utilizzabile della “nuova evangelizzazione”.

Personalmente, mi sembra che quando Giovanni Paolo II ha lanciato il concetto di “nuova evangelizzazione” a Nowa Huta, in Polonia, il 9 giugno 1979, guardava non tanto la novità quanto piuttosto il rinnovamento dell’evangelizzazione. Desiderava attirare l’attenzione di tutti i cattolici sul fatto che, nei paesi cosiddetti evangelizzati, l’evangelizzazione risultava ancora necessaria. Oggi, 32 anni dopo l’appello di Nowa Huta, si potrebbe parlare forse di evangelizzazione continua piuttosto che di nuova evangelizzazione.

2. Sfide e difficoltà per la nuova evangelizzazione

Le sfide e le difficoltà non mancano. L’elenco redatto dalle conferenze episcopali è lungo. Ci sono molti punti comuni e alcune particolarità, legate alle situazioni dei singoli paesi.

Potremmo classificare tutte queste sfide in due categorie:

2.1. Le sfide legate alla società in generale

La sfida generale, sottolineata in un modo o nell’altro da tutti, è quella di una cultura e di una società in cui crescono la secolarizzazione2, l’edonismo, l’individualismo, il consumismo, il materialismo, e l’ateismo – l’eclissi di Dio di cui parla Benedetto XVI – che colpisce anche i cattolici che, in una certa percentuale, vivono in un ateismo pratico. Alcuni sottolineano che bisogna analizzare questa cultura, dialogare con essa, per comprendere come possiamo proporle la fede, ma anche noi, come cristiani, impegnarci in campo sociale, economico, politico. Altri insistono sulla necessità, nel dialogo con la cultura, di una maturazione dell’intelligenza e del cuore che si distingue per una fede amica della ragione ed una vita sotto il segno dell’amore reciproco e dell’attenzione ai poveri e ai sofferenti. Si tratta di vivere l’unità tra verità e amore. È da qui che potrebbe sgorgare un linguaggio nuovo, adattato alle attese dell’uomo del nostro tempo.

Un secondo gruppo di sfide ruota intorno alla vita. L’uomo di oggi cerca anche il senso della sua vita. Allo stesso tempo, c’è come una perdita di speranza; è il regno di una cultura di morte. Molti parlano della denatalità, delle conseguenze dell’aborto, della perdita dei riferimenti morali che sconvolgono le famiglie, il matrimonio. Tutto ciò conduce ad una mancanza di speranza e di fiducia, al crollo della vita di famiglia. È quella che si potrebbe chiamare una “crisi della fiducia nella vita”.

In questo contesto, parecchi sottolineano l’importanza di rinnovare il linguaggio della Chiesa sull’amore coniugale e la sessualità. Ora questo rinnovamento esiste con la teologia del corpo di Giovanni Paolo II. Far conoscere meglio questa teologia aprirebbe probabilmente delle piste pastorali nuove. Mi sento personalmente interpellato dal successo che questa teologia incontra negli Stati Uniti e in Australia fra i giovani.

Un terzo gruppo riguarda tutti i problemi legati all’emigrazione o all’immigrazione.

Alcuni paesi vedono la loro popolazione partire alla ricerca di lavoro e di migliori condizioni di vita. Questa emigrazione mette in pericolo le coppie e le famiglie, taglia i giovani dalle loro radici e dalla fede, svuota le parrocchie dalla presenza dei giovani.

Altri paesi si trovano ad affrontare un forte afflusso di immigrati. In certi casi, come in Grecia, si tratta di profughi cattolici, il che ha fatto passare il numero dei cattolici da 50.000 a 350.000, con tutti i problemi che si possono immaginare. Ma c’è anche l’afflusso degli immigrati di altre religioni che, in molti paesi, costituiscono una sfida per la nuova evangelizzazione.

Da notare anche che parecchi paesi segnalano l’esodo rurale e l’urbanizzazione galoppante come vere e proprie sfide missionarie.

La quarta sfida concerne il relegamento della religione alla sfera privata, avente per conseguenza la limitazione, in certi paesi, della libertà religiosa, il che può condurre a rendere molto più difficile ogni forma di evangelizzazione.

L’ultima sfida legata alla società in generale è segnalata da quasi tutte le delegazioni: spesso i media danno una falsa immagine della Chiesa, ma anche la rivoluzione culturale legata ad Internet e alle reti sociali costituisce un’opportunità per la nuova evangelizzazione.

2.2. Le sfide legate alla Chiesa stessa

La prima sfida interna alla Chiesa, più evidente, è la creazione di una vera e propria “pastorale missionaria” per aiutare i fedeli a sfruttare questi tempi difficili come un’opportunità di approfondire la loro fede, di sentirsi responsabili dell’annuncio del Vangelo. Si tratta di suscitare un nuovo dinamismo missionario in tutti i cattolici. Il compito sembra difficile quando si osserva, come si può vedere nelle risposte al questionario, che, tra i cattolici, la fede diminuisce: credono meno in Dio, nell’esistenza dell’anima, nella vita dopo la morte, in Gesù Cristo come salvatore. La loro vita di preghiera è molto debole. Gli stessi credenti possono essere un ostacolo all’annuncio quando la loro vita risulta in contraddizione con la fede. Anche la mancanza di vocazioni e di laici formati all’evangelizzazione rappresenta un handicap in questo campo.

Questa sfida della missione non può trovare nell’attivismo una risposta efficace: è la frequentazione di Cristo in seno alla comunità la sorgente della vita missionaria autentica. La nuova evangelizzazione è dunque innanzitutto uno stato d’animo, un modo coraggioso di agire sapendo leggere i segni dei tempi ed interpretare questa situazione nuova nella storia umana.

La seconda sfida riguarda i mezzi da utilizzare. Per esempio, i luoghi abituali di proposta della fede sono sempre meno frequentati. Una vera conversione è necessaria affinché le parrocchie diventino dei luoghi missionari. Occorre cercare anche altri luoghi di visibilità. Bisogna dare qualche cosa da vedere a coloro ai quali diciamo: ‘Venite e vedete’. I giovani cercano una domenica che sia un ‘avvenimento cristiano’. Si spostano per incontrarsi là dove c’è da vivere e da festeggiare, come per le GMG. Questo perché molti insistono sul fatto che l’annuncio non può essere separato dalla proposta di comunità di vita che sono dei “biotopi della fede” o dei “luoghi comunicativi della fede”. Alcuni ricordano l’opportunità missionaria costituita dalla pietà popolare e dai luoghi di pellegrinaggio: ci sono alcune cose da purificare, ma sono una grande risorsa per resistere alla secolarizzazione.La terza sfida consiste nel rinnovare la catechesi e la pastorale dei sacramenti per farne dei veri luoghi di evangelizzazione. Molti sottolineano la debolezza della catechesi. La Conferenza episcopale italiana propone un suggerimento interessante in questo campo: “La nuova evangelizzazione deve partire dai temi più importanti dell’annuncio cristiano: Dio, Cristo, lo Spirito Santo, la grazia e il peccato, i sacramenti e la Chiesa, la morte e la vita eterna. Un’evangelizzazione che non aiutasse l’intelligenza ad orientarsi su questi temi non aiuterebbe le nuove generazioni a comprendere il valore e la dignità della fede cristiana. È probabilmente la debolezza della ‘pastorale dell’intelligenza’ che spiega il fatto che tanti giovani lascino la Chiesa alla fine del loro percorso di formazione catechetica”. Abbiamo bisogno di un rinnovamento dell’apologetica per annunciare la nostra fede.

La quarta sfida riguarda l’immagine che la Chiesa dà di se stessa e che ha subito un forte contraccolpo, per esempio, dagli scandali della pedofilia. La Chiesa di oggi ha bisogno della testimonianza di santi.

Molti sottolineano l’impatto positivo delle visite del Santo Padre nel loro paese, così come quello delle GMG per i giovani.

Infine, una quinta sfida è rappresentata dall’ecumenismo nell’evangelizzazi
one, citato in particolare dalle conferenze episcopali dei paesi a maggioranza ortodossa.

3. I protagonisti della nuova evangelizzazione

Tutti concordano nel dire che ogni discepolo di Gesù deve considerarsi responsabile della proclamazione del messaggio evangelico in funzione delle sue possibilità e dei suoi doni. Questa proclamazione è in primis responsabilità del vescovo. I parroci e l’insieme dei responsabili della pastorale devono far proprio questo dinamismo missionario, ma sembra che, malgrado gli sforzi effettuati, ciò non sempre corrisponda alla situazione reale.

Tre protagonisti, inoltre, sono citati regolarmente:

le famiglie dovrebbero essere il primo luogo missionario dove si riceve la fede col latte materno. “La crisi della fede nel nostro continente non è in primo luogo da attribuire al secolarismo, ma al fatto che la trasmissione della fede si è interrotta nelle nostre famiglie”;

le scuole cattoliche3: la coniugazione della nuova evangelizzazione con l’istanza educativa è fonte di speranza, è l’inizio di un nuovo percorso, sorgente di nuovi dinamismi pastorali, spesso vittime di frammentazioni eccessive;

i movimenti e le comunità: vengono citati – in ordine sparso – i corsi Alfa, i Cursillos, il Rinnovamento Carismatico, Marriage Encounter, la Comunità dell’Emanuele, les Frères de St Jean, i Focolari, il cammino neocatecumenale, Comunione e Liberazione, Taizé e la Comunità di Sant’Egidio… oltre ad un certo numero di movimenti locali. Allo stesso tempo, alcuni sottolineano il pericolo che i movimenti e le nuove comunità si richiudano su se stessi e non inducano al cambiamento né le parrocchie né la società.

4. La nuova evangelizzazione è conosciuta ed accettata? Come aiutare i fedeli a scoprirla e a viverla?

La risposta a questa domanda assume contorni diversi secondo i paesi: in certi paesi, la nozione di nuova evangelizzazione è ben conosciuta, in altri meno. In generale, sono piuttosto i cristiani impegnati che sono coscienti del loro dovere missionario e lo vivono, mentre molti cattolici continuano a pensare che evangelizzare sia un affare dei preti, delle suore e di alcuni laici più impegnati nella vita ecclesiale.

È sorprendente constatare che, in molti paesi, sono proprio i giovani quelli più entusiasti per lanciarsi nell’evangelizzazione. Ecco qui un’opportunità da cogliere al volo. I giovani non hanno paura, hanno il desiderio di impegnarsi, ma la difficoltà è spesso come integrarli nelle parrocchie.

In molti casi, i fedeli sono piuttosto scoraggiati. La mancanza di fede va di pari passo con una mancanza di speranza. I parrocchiani si preoccupano nel vedere la loro parrocchia che tende a chiudersi ma, allo stesso tempo, non comprendono l’importanza di una nuova evangelizzazione. In modo sorprendente, non sembrano vedere il legame tra le due cose.

Per risvegliare lo zelo missionario, molti insistono sulla relazione personale con Cristo. Si suggerisce anche di offrire una formazione missionaria nei seminari e nelle facoltà di teologia.

Molti, infine, ritengono che l’assenza di una definizione chiara di ciò che è la nuova evangelizzazione costituisca un freno al suo stesso sviluppo.

5. I destinatari della nuova evangelizzazione

Le conseguenze dell’assenza di definizione del concetto di nuova evangelizzazione sono particolarmente visibili quando si tratta di determinare il ‘pubblico target’. Chiaramente, per molti, la Nuova Evangelizzazione comincia in primo luogo dai credenti stessi, che devono “diventare adulti nella fede”, e da coloro che si sono allontanati in un modo o in un altro dalla Chiesa. Si rivolge anche a coloro che non hanno accolto sufficientemente la Parola al punto da trasformare la loro vita personale, familiare e sociale di cristiani. Si potrebbe parlare, dunque, di un’evangelizzazione dei battezzati.

Molto numerosi sono quelli che allargano il ‘pubblico target’ ben al di là del campo dei battezzati. Alcune citazioni: “Tutti i gruppi sono dei bersagli della nuova evangelizzazione”. “Tutta la nazione deve essere evangelizzata, dal vertice (dirigenti) ai più poveri”. “Per quanto riguarda quelli che si definiscono non cristiani: la missio ad gentes è sempre attuale!” “Tutti sono destinatari della (nuova) evangelizzazione”. La parola “cattolico” fa riferimento a questa universalità”. “Se giudichiamo in base ai catecumeni adulti ed a coloro che ricominciano, tutte le categorie della popolazione sono oggetto della nuova evangelizzazione”. “Tutti, perché Cristo è venuto per tutti”4. Si sente il bisogno di aprirsi al Cortile dei Gentili.

Tre categorie sembrano tuttavia prioritarie:

– Le famiglie: sono il cuore dell’evangelizzazione. Nel quotidiano e nella semplicità, trasmettono i valori del Vangelo. Sono una fonte essenziale di credibilità della Chiesa e di speranza per il mondo. Un’attenzione speciale viene chiesta per le giovani coppie e le famiglie giovani.

– I giovani: adolescenti nelle scuole, studenti, giovani professionisti che cercano il senso della loro vita e possono diventare gli attori dinamici della nuova evangelizzazione.

– I media: in molti casi sono difficili di primo acchito, ed anche quando ci sono delle persone di buona volontà che vi lavorano, sono percepiti spesso come anti-ecclesiali, contribuendo a creare una nuova immagine del mondo e dell’uomo che non favorisce l’evangelizzazione.

Molte conferenze episcopali sottolineano anche l’importanza di evangelizzare il mondo politico.

6. L’apporto del CCEE

Gli scambi di esperienze sono importanti, nella misura in cui le particolarità di ogni paese vengono rispettate. Questi scambi possono ravvivare la speranza, costituire un sostegno reciproco e contribuire a far avanzare la riflessione generale. La collaborazione tra paesi rinforza e rende più efficace la nuova evangelizzazione. Uno dei ruoli del CCEE consisterebbe nel costituire delle piattaforme per facilitare questi scambi, e lo fa già, per esempio al livello dei responsabili della catechesi.

7. Conclusione

Come vedete attraverso questo riassunto, le risposte al questionario sono di una grande ricchezza. Inoltre, ho dovuto compiere delle scelte tra tutto ciò che era stato detto, considerando il tempo che mi era stato assegnato.

Per concludere, vorrei servirmi di un’osservazione della Conferenza episcopale della Bosnia-Erzegovina che afferma che la nuova evangelizzazione passerà da “un’apertura nuova allo Spirito Santo che vivifichi la vita spirituale dei fedeli perché siano testimoni nel mondo”.

Questo punto mi sembra essenziale. L’avvenimento che trasforma un cristiano “normale” in un cristiano missionario è l’esperienza dello spirito Santo che conduce all’incontro personale con Cristo.

La nostra Chiesa ha già vissuto la Pentecoste, e vive dello Spirito Santo da 2000 anni. Giovanni XXIII ne aveva chiesto il rinnovamento prima del Concilio quando pregava:

Oh Spirito Santo, inviato dal Padre nel nome di Gesù,

chi assisti la Chiesa con la tua presenza

e la dirigi infallibilmente,

degnati, ti preghiamo,

di spargere la pienezza dei tuoi doni sul Concilio ecumenico.

Rinnova le tue meraviglie nella nostra epoca come una nuova Pentecoste”.

(Preghiera proposta da Giovanni XXIII per la preparazione del Concilio, 1961).

Mi sembra che ci troviamo un po’ come nella situazione degli apostoli agli inizi della loro missione. Avevano appena ricevuto lo Spirito Santo a Pentecoste (At 2). C’erano stati dei segni molto forti dell’intervento di Dio nel loro apostolato. Poi arrivano la persecuzione, le avvers
ità. Allora rivolgono di nuovo al Signore una grande preghiera comune. Siamo solamente due capitoli dopo la Pentecoste: At 4, 24-31:

All’udire ciò [le minacce del sommo sacerdote e del sinedrio], tutti insieme levarono la loro voce a Dio dicendo: “Signore, tu che hai creato il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, tu che per mezzo dello Spirito Santo dicesti per bocca del nostro padre, il tuo servo Davide: Perché si agitarono le genti e i popoli tramarono cose vane? Si sollevarono i re della terra e i principi si radunarono insieme, contro il Signore e contro il suo Cristo; davvero in questa città si radunarono insieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli d’Israele, per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato che avvenisse. Ed ora, Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di annunziare con tutta franchezza la tua parola. Stendi la mano perché si compiano guarigioni, miracoli e prodigi nel nome del tuo santo servo Gesù”.

Il Signore risponde immediatamente alla preghiera degli apostoli:

Quand’ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono pieni di Spirito Santo e annunziavano la parola di Dio con franchezza.

Questo testo ci dà una chiave per vivere l’evangelizzazione nei contesti difficili, che sono sempre stati quelli in cui la Chiesa ha dovuto ubbidire al suo Signore. Questa chiave è lo Spirito Santo. È la gioventù della Chiesa. È sempre nuovo. È il maestro dell’evangelizzazione.

Per vivere la nuova evangelizzazione, chiediamo lo Spirito Santo! Come il beato Giovanni XXIII, chiediamo una nuova Pentecoste per la Chiesa d’Europa.

Non ci sarà alcuna nuova evangelizzazione senza una nuova Pentecoste!

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1) Vanno cinque volte in chiesa nella loro vita: per il battesimo, per la loro prima comunione, per la cresima, per il loro matrimonio e per il loro funerale. C’è anche il problema dei giovani che lasciano la Chiesa subito dopo aver ricevuto la cresima.

2) In alcuni casi si potrebbe persino parlare di un processo di ritorno al paganesimo che assume forme molto diverse: dal ricorso all’astrologia che viene banalizzata nei media fino alla dipendenza dal gioco o dall’alcol.

3) Spesso rappresentano il primo luogo di formazione e di evangelizzazione, perché i genitori sono in difficoltà!

4) Un paese a forte presenza musulmana.

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ZENIT Staff

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