In cerca delle pecorelle smarrite

Al Meeting, la testimonianza dei ragazzi dell’Asociacion Pasion Por El Hombre – Bocatas spagnola e della Comunità “L’imprevisto”

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“La vita è una cosa semplice”. Rimane impressa questa frase pronunciata nel video di apertura dell’incontro che si è svolto ieri sera al Meeting di Rimini. Una testimonianza profonda ed emozionante quella dei ragazzi dell’Asociacion Pasion Por El Hombre – Bocatas spagnola e dei ragazzi della Comunità L’imprevisto. Ad introdurre Silvio Cattarina, Fondatore e Presidente de L’Imprevisto.
A prendere la parola per primo è lo spagnolo. “Due cose ho capito: bisogna innanzitutto volersi bene per voler bene ad un altro e riconoscere il proprio ‘bisogno’ e farsi aiutare. L’essere umano impara sbagliando, quando è al limite, lì compare nel suo splendore Dio che ti tende la mano e l’unica cosa che vuole è la tua fiducia”. Prosegue poi Jesus “Chules” de Alba, Presidente di Bocatas: “La nostra associazione aiuta gli emarginati e in questi vent’anni non abbiamo mai perso la freschezza dell’origine. Non abbiamo un progetto, cerchiamo di seguire il progetto di Dio entrando nella vita di chi ha bisogno di sperimentare la gioia piena del divino”.
La parola è passata ai ragazzi de L’Imprevisto. La prima è Carolina, 22 anni, di Verona. Caduta nella droga, ha trovato nella comunità una casa, nella quale non si sente più smarrita, ma amata per quello che realmente è. Segue Jacopo, 20 anni che dice: “Sono stato in carcere. Ero convinto che la mia vita non avesse un senso e che io fossi destinato alla sofferenza.
Il 9 dicembre 2013 sono entrato in comunità. Un sorriso mi ha colpito e mi ha accolto. Mi sono sentito guardato per quello che ero e non per quello che avevo fatto. Il mio è stato ed è un lungo e faticoso percorso. Mi rendo conto che ho perso tempo a lottare contro me stesso e contro la possibilità che la vita mi stava offrendo, ma in comunità ho potuto dire ‘ora inizio’.
Ho cominciato a guardare al mio bisogno e non alla fatica, a non lottare più contro, ma per me stesso, ad essere responsabile, perché esserlo significa dover rendere conto a qualcuno ed io avevo bisogno di rendere conto a Dio. Non c’era più nessuna situazione di fronte alla quale potevo dire ‘non ce la faccio’. Mi rendo conto di quanto povera sia la mia persona.
Ho sempre sentito un vuoto nella mia vita che cercavo di tappare, per far sì che potessi sentirmi bene. Lo sento tutt’ora, ma adesso spero di sentirlo per tutta la vita, è ciò che mi spinge a non accontentarmi ad essere curioso, perché so che sono destinato a qualcosa di più grande. Ogni sacrificio che la vita mi chiede è un’occasione per arricchire la mia persona. La vita è sicuramente dura, ma vale la pena di essere vissuta. Fino a tre anni fa pensavo che la mia vita fosse una sfiga, ora sono certo che la mia vita è una sfida ed io sono un uomo che lotta per la propria libertà”.
Serena, 18 anni, di Pescara. Confusa, smarrita, impaurita entra in comunità. La parola che ogni giorno ripete e affronta è “realtà”. Quella realtà che aveva timore di affrontare e che le dava fastidio, oggi è il punto di partenza di ogni suo passo. Conclude Riccardo, 28 anni, di Forlì, tossicodipendente. Commovente e suggestivo. “Per me nulla aveva valore. Nessuno poteva capirmi. Un giorno un amico mi guarda dritto negli occhi e mi chiede: ‘come stai?’ Ero stato preso e non me n’ero accorto. La vita è una possibilità infinita.
Tutto serve, tutto è utile. Sono riconoscente a Cristo che mi ha salvato e ogni volta che il mio cuore incontra un amore con la A maiuscola, incontra la misericordia. Spesso mi chiedo: perché io e non un altro? Vedete come siamo fatti e come è difficile accettare la vita? Nella mia esperienza dire ‘si’ mi ha cambiato la vita. Il cuore unito al giudizio formano un unico sistema di navigazione che non sbaglierà mai. Nel cuore c’è tutto. La prima battaglia è contro noi stessi, ogni persona ha un desiderio infinito e l’unico tentativo valido è vivere per cercare la risposta al cuore dell’uomo”.
Prende la parola Cattarina: “Il prossimo non è una categoria sociale, sono persone. La persona è sempre bella e affascinante, soprattutto la persona povera, piccola, sghemba, perché la vita si capisce bene quando abbiamo gli occhi pieni di lacrime. Il fondatore dell’Imprevisto passa poi al titolo dell’incontro: ‘Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove…?’.
“Il cuore della vita è essere l’uomo che cerca quella pecora. Prima di questa affermazione c’è una domanda drammatica e terribile che Gesù rivolge ai suoi discepoli: ‘che ve ne pare?’ ecco, questa ci lancia di fronte ad una presenza. Io chiedo di essere l’uomo capace di cercare quell’unica pecora e di sentire quella domanda, ma chiedo anche di essere quella pecora. Chiedo agli amici di insegnarmi ad essere quella pecora umile, che desidera essere scovata, chiamata, amata. Basta un istante, un abbraccio per cambiare tutto”.
 

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ZENIT Staff

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