Imprenditoria giovanile: come rilanciarla

Le chance offerte a livello italiano ed europeo

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di Carmine Tabarro

ROMA, mercoledì, 31 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Un tema centrale per la crescita in Italia e in Europa, riguarda il ruolo che la creazione di nuove imprese può svolgere nell’ambito del dramma della disoccupazione giovanile e dell’innovazione sociale.

A livello italiano, si sta muovendo qualcosa grazie alle idee di giovani imprenditori che decidono di scommettere su se stessi, le proprie idee e i propri talenti nonostante la recessione in corso.  Un caso concreto è la recente iniziativa “Ripartiamo dalle idee” varata dal Corriere della Sera in collaborazione con la Sda Bocconi.

A livello europeo, invece, a settembre la Commissione Europea ha pubblicato, in collaborazione con l’Ocse, un documento intitolato Policy Brief on Youth Entrepreneurship, in cui vengono declinate le linee guida che l’Unione seguirà per favorire lo sviluppo della nascita di imprese nel continente.

La nascita di queste nuove imprese  trova la sua forza nell’alta percentuale della disoccupazione giovanile e da un nuovo desiderio di mettersi in gioco dei giovani con alto capitale umano. Il livello di disoccupazione delle nuove generazioni è, infatti, uno dei principali problemi che l’Unione è chiamata ad affrontare in questo momento storico.

La popolazione compresa tra i 15 e i 25 anni presenta infatti un tasso di disoccupazione pari al 22.3% (dati Eurostat del novembre 2011), oltre il doppio di quello relativo alla popolazione adulta, che invece si attesta sul 9.7%. Le statistiche dimostrano come i giovani europei, a differenza di quanto si possa pensare, dimostrano di essere intraprendenti e disposti a mettersi in gioco attraverso l’avvio di proprie attività imprenditoriali. Il 40% della popolazione nella fascia 15-24 anni e il 42% di quella 25-39 dichiara infatti che, nell’immediato futuro, ovvero i prossimi 5 anni, ritiene fattibile l’avvio di attività che possano permettere l’auto-impiego.

In tal senso la Commissione Europea, al fine di intervenire a sostegno di quei giovani che vorrebbero entrare nel mondo del lavoro avviando proprie attività, ha individuato alcuni elementi che più di altri rappresentano delle barriere all’imprenditoria giovanile. Di seguito ne elenchiamo alcune.

Poca educazione all’imprenditorialità: sia a livello scolastico che familiare i giovani non sono incoraggiati, né tanto meno preparati, a intraprendere la strada dell’imprenditoria. Insegnanti e genitori molto spesso non hanno coscienza del contesto socio-economico che trovano ad affrontare le nuove generazioni, e continuano pertanto a proporre modelli obsoleti che non favoriscono il bisogno di nuova imprenditorialità.

Un altra barriera riguarda l’assenza di formazione adeguata per permettere ai giovani di diventare imprenditori. Le poche eccezioni risultano poco coordinate fra loro. In particolare si segnala la difficoltà per i giovani di fare esperienza attraverso contatti con aziende presenti sul proprio territorio o di entrare a far parte di network che possano sostenerli nel lancio delle nuove imprese.

Altra barriera che i giovani devono affrontare riguarda la mancanza di fondi e di fiducia.  Per i giovani è molto difficile ottenere risorse e prestiti finanziari che possano permettere l’avvio di un’attività imprenditoriale.
Le istituzioni finanziarie tendono a non riporre fiducia nelle realtà guidate da giovani imprenditori, che dunque si trovano da subito in una situazione di maggiore difficoltà rispetto a quella degli imprenditori “adulti”.

Per abbattere queste barriere e rimettere in moto la scala sociale e il mercato dell’economia reale, l’Unione Europea ha recentemente rivisto lo Small Business Act, documento programmatico destinato al sistema delle piccole e medie imprese, e impostato ulteriori linee guida relative alle problematiche sopra indicate.

Di seguito riportiamo alcune delle misure presentate nel rapporto e ritenute necessarie per garantire il sostegno ai giovani imprenditori:

Educazione e formazione. le scuole, sia a livello primario che secondario – dovrebbero svolgere un ruolo più attivo nella promozione dell’imprenditorialità, favorendo momenti di confronto con piccoli imprenditori del territorio e organizzando simulazioni all’interno delle classi. A livello universitario sarebbe invece consigliabile sviluppare network tra gli atenei e le aziende, in modo che gli studenti possano entrare a contatto col mondo del lavoro già durante il proprio percorso accademico. In questo senso è citato il caso del programma Make It Happen dell’Università di Sheffield, specificamente rivolto a quegli studenti che vogliono approfondire i temi legati all’impresa sociale, allo start up e all’innovazione.

Molta più importanza dovrà essere data anche al sistema delle scuole professionali, favorendo la nascita e lo sviluppo di realtà capaci di entrare in rapporto con le eccellenze imprenditoriali dei propri territori per la creazione di attività e programmi che le coinvolgano direttamente. Un maggior grado di formazione e informazione, secondo la Commissione, dovrebbe favorire un approccio più propositivo delle giovani generazioni nei confronti del mondo imprenditoriale. In questo senso, alcuni studi svolti in Belgio, Danimarca, Germania e Stati Uniti paiono confermare un aumento dell’interesse rispetto all’entrepreneurship nel momento in cui tale tema è stato introdotto negli ambienti scolastici.

Supporto finanziario. La mancanza iniziale di capitali è una delle barriere più significative di fronte alla quale una start up rischia di fallire. Da questo punto di vista vari Paesi europei stanno già sperimentando differenti forme di sostegno economico ai giovani che decidono di avviare un’impresa. In Francia ad esempio è previsto un contributo economico mensile di 450 € per ogni nuova giovane azienda, mentre in Grecia è garantita una generosa erogazione annua pari a 29.000 €.

Diffusi sono anche i programmi di finanziamento a tasso agevolato, come il DEFi jeunes francese rivolto ai giovani con meno di trent’anni, o il programma EXIST tedesco, che invece si rivolge ai neo laureati. Il rapporto segnala inoltre il caso degli schemi di microfinanziamento sviluppatisi in Belgio.

Infrastrutture adeguate. La creazione di network in grado di sostenere realtà imprenditoriali innovative rappresenta un importante strumento per le nuove start up che si affacciano sul mercato. In questo senso particolarmente interessante appare il caso del Thuringen Elevator Pitch, progetto tedesco che mette in contatto i giovani con aziende che desiderano sostenere i nuovi imprenditori. Particolarmente rilevante è l’esperienza delle Junior Chamber International, che a livello internazionale mettono in rete oltre 200.000 giovani (18-40 anni) di 100 Paesi diversi che hanno avviato attività imprenditoriali.

Le politiche pensate dall’Unione in tema di imprenditorialità giovanile paiono rispondere a bisogni fra loro diversi ma comunque importanti. In primo luogo sostenere i giovani imprenditori significa rispondere, almeno parzialmente, al grave problema della disoccupazione giovanile. Indubbiamente la youth entrepreneurship non può essere considerata la panacea per tutti i mali legati alla mancanza di impiego, ma può sicuramente garantire una nuova strada attraverso cui far entrare i giovani nel mondo del lavoro senza rinunciare alle proprie ambizioni.
Secondariamente, le misure così concepite indicano l’intenzione di sviluppare sistemi che garantiscano una maggiore interazione tra settore pubblico e settore privato, specialmente a livello territoriale. La creazione di rapporti tra pubblico, in particolare scuole e università, e aziende private rappresenta sicuramente un esempio di questo nuovo modus operandi che, sotto molti punti di vista, r
icalca l’idea di secondo welfare.
In terzo luogo, scommettere sull’imprenditoria giovanile significa scommettere anche sulla capacità di ripresa del vecchio continente in chiave economica, in un momento in cui il sistema europeo arranca di fronte alla crisi.

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ZENIT Staff

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