Importante riconoscimento per il Fatebenefratelli

L’Irccs di Brescia ottiene il certificato di qualità della Joint Commission International

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L’Irccs San Giovanni di Dio di Brescia ha ricevuto il certificato di qualità della Joint Commission International, che è il più autorevole del mondo ospedaliero. «Un riconoscimento importante – dichiara fra Marco Fabello, direttore generale dell’Istituto, di proprietà dell’Ordine Ospedaliero San Giovanni di Dio – raggiunto solo grazie a un lungo lavoro di squadra, che ha portato a elevare gli standard in tutte le direzioni».

Il processo di accreditamento della Jci, effettivamente, è uno dei più intensi e severi, particolarmente per un istituto di riabilitazione psichiatrica e delle demenze come quello bresciano, che è l’unico Irccs in questo settore.

«Un vantaggio di questa certificazione d’eccellenza – spiega Fabello – è che la Jci articola la propria analisi degli standard intorno alla figura della persona, concepita in modo integrale, che da cinquecento anni è centrale nel carisma di San Giovanni di Dio. Posso dire, anzi, che vi è una piena corrispondenza tra il valore dell’attenzione alla persona unana individuato dalla Jci e il medesimo obiettivo come lo inquadra la Carta d’Identità del nostro ordine: questa centralità – il dato, ovviamente, è stato il primo ad essere verificato dalla commissione internazionale – è tanto presente nei nostri servizi ospedalieri quanto nell’attività ambulatoriale e in quella dei centri diurni, ma anche, e in modo sinergico con le diverse aree cliniche, nell’attività di ricerca che caratterizza l’istituto e ne fa un punto di riferimento internazionale per lo studio dei disturbi psichiatrici e delle demenze, come pure nell’attività didattica che sviluppano insieme all’Università di Brescia, all’Università di Bologna e all’Università Cattolica».

Concretamente, questo significa che la delegazione inviata dalla Jci ha verificato la corrispondenza tra i servizi, le procedure, la qualificazione del personale, gli strumenti e le infrastrutture del Centro San Giovanni di Dio (una sede ubicata in via Pilastroni 4 a Brescia, 240 posti letto accreditati al Ssn, 2 unità operative di riabilitazione ospedaliera, 350 dipendenti, di cui circa 70 ricercatori, un bilancio annuo di circa 25 milioni di euro) e gli standard fissati dalla stessa Jci a livello internazionale, cui in Italia si sono uniformati nel tempo anche alcuni tra i più importanti ospedali pubblici alcuni privato come il Bambino Gesù di Roma. Nel mondo, sono 800.000 le istituzioni accreditate da questa commissione indipendente (giuridicamente la Jci è un’ong). Nel caso bresciano, l’accreditamento è stato raggiunto  per la prima volta nel 2002, e riconfermato nel 2005, 2008, 2011 e infine nel 2015 con un percorso che ha modificato profondamente le routines, riorganizzandole per processi e soprattutto riorganizzandole in senso proattivo, laddove in origine i problemi erano affrontati in termini reattivi. «La verifica per la conferma o meno dell’accreditamento  è triennale – commenta Fabello – ma l’applicazione degli standard è controllata continuamente, attraverso il lavoro di gruppo, secondo un approccio che rappresenta un cambiamento non meno importante degli standard stessi, perché ha insegnato ai professionisti a confrontarsi quotidianamente e a ricercare uno scambio di esperienze, in cui si migliora insieme». Insomma, la certificazione ha innescato un processo formativo e culturale: dal controllo delle infezioni alla sicurezza delle infrastrutture, si va ben oltre le best practices, con quest’accreditamento si adottano volontariamente gli standard più elevati e vincolanti che esistano nel settore, «ma la novità positiva rispetto ad altre iniziative analoghe è che si riesce ad acquisire in tutte le figure professionali la consapevolezza che il maggiore impegno rappresenta innanzi tutto un investimento su se stessi e sul tipo di sanità che si vuole realizzare con il proprio lavoro quotidiano» commenta il direttore generale.

L’accreditamento della Jci, beninteso, non è una passeggiata e infatti ha imposto all’istituto bresciano di elaborare e attuare 25 politiche, 70 procedure, 40 protocolli e 27 istruzioni operative, oltre a creare una ventina di gruppi di lavoro che hanno lavorato per un biennio con l’obiettivo di ridurre in modo esasperato i margini di errore. Come detto, il miglioramento è sempre in progress e infatti l’istituto sta già lavorando su quattro progetti che riguardano la prevenzione delle cadute, la gestione dei comportamenti aggressivi, l’informatizzazione delle cartelle cliniche (iniziata nel 2011 grazie a un bando della Regione Lombardia), l’eliminazione delle aree di rischio e la teleassistenza (50 piattaforme che saranno assegnate ad altrettanti pazienti).

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ZENIT Staff

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