Il Volto di Cristo (Prima parte/V)

Una rilettura dei documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II

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di Manlio Sodi*

ROMA, sabato, 6 ottobre 2012 (ZENIT.org).- Lo storico del Concilio di Trento, Hubert Jedin, ha scritto che un concilio comincia ad essere meglio compreso e attuato solo dopo circa cinquant’anni dalla sua celebrazione. Superate, infatti, le impressioni dei primi anni, sedimentate le acquisizioni, comprese in modo migliore le affermazioni, individuati i percorsi che hanno contribuito al raggiungimento di un certo pensiero espresso poi nei documenti, diventa più oggettivo il confronto con una documentazione destinata a caratterizzare il cammino della Chiesa.

Rivisitare oggi il Concilio Vaticano II in un periodo di vita della Chiesa e della Società che i Padri conciliari non potevano immaginare è compiere un’operazione all’insegna di una memoria prospettica. Vuol essere una memoria, anzitutto. Tornare sui risultati del XXI evento conciliare della Chiesa Cattolica è senza dubbio confrontarsi con una progettualità che spazia su molteplici orizzonti, come quelli offerti dai sedici documenti conciliari del Vaticano II. Ma una memoria è sterile e inutile se non è prospettica. Per questo il ritorno sulle idee conciliari deve costituire un invito ad andare oltre, per tradurre e attualizzare operativamente quanto è stato a suo tempo delineato.

Nel contesto delle celebrazioni del 50° del Concilio Ecumenico Vaticano II emergeranno tanti convegni per approfondire ciò la Chiesa ha vissuto e soprattutto sta vivendo alla luce dell’evento del Vaticano II. In questa linea anche la presente relazione trova il suo spazio per verificare un aspetto ulteriore del Volto di Cristo quale appare dai documenti del Vaticano II. Impresa ardua, perché ogni documento va considerato in sé ma anche in rapporto agli altri. E tuttavia è un impegno che può risolversi in prospettive di notevole interesse per continuare a cogliere aspetti sempre nuovi nel depositum della tradizione ecclesiale.

Oggi poi in occasione del 50° questa ricchezza conciliare torna quanto mai di attualità sia per la circostanza dell’anniversario, e sia soprattutto per gli aspetti di novità che possono emergere dalla lettura rinnovata degli stessi documenti conciliari.

Un problema è quello del metodo per acquisire una linea di lettura. Poteva risultare facile cogliere le occorrenze del termine Christus o vultus, ma avremmo realizzato un risultato poco utile. Più interessante – anche se più impegnativo – è cogliere i lineamenti del volto di Cristo a partire dai contenuti specifici dei vari documenti.

Tre sono le categorie di documenti che il Concilio ci ha donato: Costituzioni, Decreti e Dichiarazioni. Tra loro ovviamente si stabilisce un rapporto di comune interesse; per questo l’esame di un testo coinvolge direttamente o indirettamente gli altri. In questa linea si esamineranno le Costituzioni conciliari, quindi i Decreti e successivamente le Dichiarazioni. Una conclusione generale permetterà di avviare una prospettiva di sintesi.

1. Una Chiesa che nella Parola di Dio celebra i sacramenti per la vita del mondo

Il titolo da solo costituisce un programma di lettura e di approfondimento delle quattro costituzioni conciliari per cogliere il Volto di Cristo che si riflette ed è reso visibile nella Chiesa quando in essa si proclamano le sacre Scritture e si celebrano i divini misteri. Ma tutto questo sempre finalizzato ad una vita in Cristo che non può che essere il riflesso di un Volto!

Celebrare la fede nella storia è la sfida della Chiesa, di ogni Chiesa. Quando deve confrontarsi con il dato di fede, qualunque tipo di problematica sperimenta che il contenuto di questa non è una realtà a sé, astratta, o un codice di norme imposto dall’alto e senza aggancio con la vita. Al contrario, ci si trova dinanzi ad una fede incarnata nella storia, ad una fede che non può sussistere se avulsa da una storia. Fede e tempo, dunque, sono due realtà strettamente interdipendenti: la fede si manifesta nel tempo, e il tempo si presenta come la categoria entro cui tale fede si esplica, e chiama ad un confronto e ad una risposta destinati ad essere incarnati in una storia.

La traccia sicura e più immediata per verificare questa realtà di fede è quella riproposta nel Vaticano II principalmente nei quattro documenti costituzionali che, sia singolarmente che ancor più globalmente considerati, costituiscono «la chiave interpretativa degli altri decreti e dichiarazioni» (Sinodo 1985) dell’assise ecumenica e quindi dell’azione della Chiesa.

1.1. Un culto in spirito e verità (Sacrosanctum Concilium)

La Costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, approvata il 4 dicembre 1963, è articolata in sette capitoli e un’appendice, per complessivi 130 paragrafi. Il Vaticano II ha dedicato al culto la prima parte dei suoi lavori, nella consapevolezza che un rinnovamento adeguato della Chiesa non poteva che partire da quello che ne è il cuore, la fonte da cui attinge energia e vita per ogni sua attività e insieme termine di confronto per ogni iniziativa che tenda a realizzare l’incontro tra l’uomo e Dio, e viceversa.

Dalla SC emerge come la riflessione conciliare si sia situata entro una prospettiva di storia di salvezza. Il discorso cultuale della SC considera infatti «il mistero nascosto da secoli in Dio» (Col 1,26) progressivamente preparato e finalmente rivelato e attuato da Dio Padre nella storia dell’uomo «quando venne la pienezza dei tempi» (Gal 4,4). La missione che il Padre ha affidato al Cristo e che Cristo ha portato a compimento nella sua persona, l’ha affidata alla Chiesa mirabile sacramentum: l’espressione riafferma che Cristo è il primo e primordiale sacramentum da cui deriva il sacramentum generale che è la Chiesa la quale si esprime, si manifesta e vive attraverso i sacramenta; per questo – e in questo senso – la Chiesa è segno efficace di salvezza (sacramentum). E tutto ciò lo attua attraverso la sua missione che SC 6 sintetizza in due aspetti strettamente correlati: annuncio del regno di Dio e attuazione di tale annuncio «per mezzo del sacrificio e dei sacramenti».

L’insieme della prospettiva cultuale manifesta dunque una linea di incarnazione del progetto di salvezza nel tempo: tale linea ha un inizio, ha un compimento radicale nel sacrificio di Cristo, e da allora ha cominciato un’attualizzazione nei singoli, sempre per Cristo nello Spirito. Il tempo pertanto si rivela, sia da parte di Dio come da parte dell’uomo, la categoria di confronto personale e comunitario con la realtà divino-umana della salvezza nella storia. In tal modo il fedele contempla il Volto di Cristo annunciato e celebrato nei santi misteri.

*Preside della Facoltà di lettere cristiane e classiche della Pontificia Università Salesiana e presidente della Pontificia Accademia di Teologia

[La seconda parte verrà pubblicata domenica 7 ottobre]

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ZENIT Staff

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