Il vino che ha il buon sapore del riscatto sociale

Nasce “Bianco, rosso, libero”, un progetto che abbraccia finalità economiche, solidali e di comunicazione. E che unisce vino, carcere e scrittura

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Ci sono storie di uomini che l’alcol ha deviato dentro a una galera. Ma c’è anche una storia in cui l’alcol – insieme all’uva – nobilita e redime chi dietro le sbarre prova a ricostruirsi una vita. È la storia raccontata da Bianco, rosso, libero, un progetto nato in una terra di vini pregiati, il Piemonte, con l’intento di mettere insieme carcere e cultura. Lo fa attraverso messaggi di sensibilizzazione e reinserimento sociale dei detenuti.

Promotori di questa iniziativa sono la Wine Bank Italia, azienda di distribuzione di generi alimentari, e Sapori Reclusi, associazione che usa il cibo come veicolo per raccontare “vite vissute ai margini”.

L’osmosi tra queste due diverse realtà avvia un’operazione commerciale che risponde a obiettivi al contempo economici, solidali e di comunicazione. Il contenuto dell’operazione è presto detto: commercializzazione di oltre 10mila bottiglie di ottimo vino astigiano con il marchio “Sapori Reclusi”. All’interno dell’elegante cofanetto che le contiene, sono allegati dei libretti che raccolgono quelle voci troppo spesso relegate al silenzio dell’indifferenza, ossia le testimonianze che provengono dal carcere e che, partendo dall’esperienza di vita in carcere, puntano al riscatto.

A raccontarle sono Manuela Iannetti e Giulia Grimaldi, due scrittrici e giornaliste che riescono a “tradurre il reale in storie, dare vita alle sensazioni delle persone”.

E sono proprio le sensazioni delle persone, che trasudano dai racconti di queste due penne dallo stile delicato e penetrante. Nel volume La prima volta che sono morto si narra la vicenda di C.L.R., “morto mille volte e rinato sempre dalla parte sbagliata”. Un uomo che in una notte ha capito che “se rubi una macchina vuol dire che sei un ladro”. C’è poi L’ultimo caffè, un viaggio tra i ricordi di un detenuto che, partito da una terra lontana, ha visto la propria avventura arrestarsi dietro alle sbarre. E infine ecco Il salto, ove il protagonista è un certo Matthew, un uomo che trova nell’allenamento fisico un modo per scandire le sue giornate in cella. “I muscoli crescono e si definiscono, trazione dopo trazione, mentre il ricordo di lei sbiadisce…”.

La speranza è il filo conduttore che si snoda e unisce le tre storie, nasce dal profondo di cuori pulsanti e irradia un futuro che si sviluppa oltre le sbarre di una galera. Sbarre di galera che ha conosciuto anche Claudio Bottan, imprenditore della Wine Bank Italia, che è stato per due anni e mezzo in custodia cautelare nel carcere San Pio X di Vicenza. Lui la sofferenza detentiva l’ha vissuta sulla propria pelle, così come il riscatto e il desiderio di dare dignità a quel mondo dimenticato.

A dargli man forte l’ausilio di Davide Dutto, una lunga carriera come fotografo, coautore del libro Il Gambero Nero: ricette dal carcere, oggi curatore di Sapori Reclusi. Bottan e Dutto testimoniano come il binomio imprenditoria e impegno sociale non è utopia, ma una prospettiva tangibile che nasce dalla buona volontà delle persone. I due hanno chiesto e ottenuto dalla Tec di Fossano (Cn) di investire nel progetto curando l’aspetto grafico dell’operazione. Un’altra azienda, Le Vie del Calice, si è invece assunta il rischio d’impresa distribuendo tramite la sua rete nazionale di agenti le bottiglie di Bianco, rosso, libero. Allo stesso tempo, Le Vie del Calice ha garantito l’impegno a devolvere all’associazione Sapori Reclusi una quota del ricavato delle vendite, come esplicito segno di condivisione dell’impresa.

Bianco, rosso, libero è dunque un progetto che guarda ai ricavi senza tralasciare l’impegno sociale. È un esempio di imprenditoria etica, una realtà da promuovere e diffondere. La sua realizzazione nasce dal basso: dalla terra, dal vino, dalle cose e dalle persone semplici.

Del resto, è dal basso che bisogna partire per risalire la china. Quella china che ogni uomo – anche chi nella propria vita ha compiuto degli errori – merita di poter avere modo di recuperare. Friedrich Von Bodelschwingh, teologo evangelico tedesco, affermava che “la giustizia senza misericordia è arida”. Nella terra arida, si sa, non cresce la vite.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Federico Cenci

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione