Il Vescovo più giovane diventa Primate di Polonia

Intervista esclusiva a mons. Wojciech Polak su sfide pastorali, secolarizzazione, dialogo ecumenico con gli Ortodossi

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Quando nell’anno 2003 è stato nominato ausiliare dell’arcivescovo di Gniezno aveva 38 anni ed era il più giovane vescovo della Polonia e uno dei più giovani nel mondo.

Era giovane ma aveva già alle spalle cinque anni di studi e il dottorato in teologia morale all’Università Lateranense di Roma, il lavoro come rettore del Seminario Maggiore a Gniezno  e l’insegnamento all’Università di Poznan.

Nel 2005 è stato eletto responsabile della pastorale vocazionale nella Conferenza Episcopale polacca e l’anno seguente il Consiglio delle Conferenze dei Vescovi d’Europa (CCEE) gli ha affidato la funzione di delegato per le vocazioni e responsabile del Centro Europeo delle Vocazioni.

Nel 2011 all’età di 47 anni è stato nominato segretario della Conferenza Episcopale Polacca, compito importante e impegnativo, che ha svolto in modo competente e brillante: dalla sua penna sono usciti importanti documenti dell’Episcopato; è stato in contatto con i rappresentanti del governo e del Parlamento polacco; ha mantenuto rapporti con gli altri segretari generali degli Episcopati europei.

Insieme con la presidenza dell’Episcopato polacco è stato artefice del dialogo con il Patriarcato di Mosca, il cui risultato è stata la firma del Messaggio della Riconciliazione della nazione russa e polacca dell’arcivescovo Michalik e del Patriarca Kirill di Mosca.

Il 17 maggio di quest’anno il segretario dell’Episcopato polacco è stato nominato da Francesco arcivescovo metropolita di Gniezno. Come arcivescovo della più antica metropoli polacca il 49enne mons. Polak diventa anche Primate di Polonia.

Papa Francesco L’ha nominata Arcivescovo di Gniezno e Primate della Polonia. Potrebbe darci qualche notizia circa la sede Primaziale in Polonia?

Mons. Polak: La sede primaziale di Gniezno è legata alla tomba di sant’Adalberto, evangelizzatore e primo martire della Polonia. Dopo la morte del santo a Gniezno nell’anno 1000 è stata fondata la prima metropoli. Tale sede risale all’anno 1417: durante il Concilio di Costanza all’arcivescovo Mikołaj Tromba di Gniezno fu dato il titolo di Primate della Polonia. Per un certo periodo nel passato, fino a 1992, la sede primaziale di Gniezno fu legata alla sede metropolitana di Varsavia, perciò i cardinali Hlond, Wyszynski e Glemp, erano arcivescovi di Varsavia ed anche Primati. Gli ultimi due Primati, Muszynski e Kowalczyk, non erano più arcivescovi della nostra capitale.     

Qual è il ruolo del Primate nella Chiesa polacca?

Mons. Polak: Storicamente il ruolo del Primate era molto importante: quando la Polonia era un regno, il Primate portava il titolo “Interrex”, cioè era reggente del Paese dopo la morte del re. Adesso è un titolo piuttosto onorifico perché nello statuto della Conferenza Episcopale Polacca al Primate viene riservato soltanto il posto del Consiglio permanente. Le altre facoltà speciali sono state tolte al Primate quando nel 1990 è venuto in Polonia il Nunzio Apostolico.      

Dall’anno 2003 Lei è alla sede arcivescovile di Gniezno, prima come vescovo ausiliare, da quest’anno come arcivescovo. Questo luogo del battesimo della nazione polacca è il posto ideale per chiedersi che cosa la Polonia ha fatto con il suo battesimo. Eccellenza, qual è “lo stato della fede” nella sua Patria?

Mons. Polak: È vero, storicamente Gniezno è luogo del nostro battesimo nel 966 e la prima capitale dello Stato. Dopo 1050 anni siamo ancora una nazione con una grande tradizione cristiana: durante il suo ultimo viaggio in Polonia lo sottolineava il Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin. Questo si può dedurre, per esempio, dalla frequentazione alle Messe, dalla partecipazione alle feste religiose. Ma il nostro Paese non è immune dalle correnti di pensiero laicista che vogliono imporre la visione dell’uomo contraria all’antropologia cristiana. E questo processo di secolarizzazione riguarda non soltanto le grandi città ma anche la campagna: per questo motivo la nazione polacca non è più omogenea. Allora anche la nostra Chiesa ha di fronte il compito di evangelizzazione: nell’Episcopato polacco è stato creato un gruppo per questa nuova evangelizzazione. Dobbiamo fare tutto il possibile per risvegliare il profondo senso della fede cristiana, particolarmente tra i giovani che sono i più colpiti dalla secolarizzazione.          

Durante il suo primo pellegrinaggio in Polonia nel 1979 Giovanni Paolo II pronunciò a Gniezno le significative parole: “Non vuole forse Cristo, non dispone forse lo Spirito Santo, che questo Papa polacco, Papa slavo, proprio ora manifesti l’unità spirituale dell’Europa cristiana? Sappiamo che questa unità cristiana dell’Europa è composta da due grandi tradizioni: dell’Occidente e dell’Oriente”.  Queste frasi inducono a tante riflessioni: la prima riguarda l’Unione Europea che ha rinnegato la sua storia e le radici cristiane, che limita la libertà religiosa, che ha tradito non soltanto Giovanni Paolo II ma anche i suoi Padri fondatori. Dove va questa Unione Europea dei burocrati lontani dalla gente?

Mons. Polak: Giovanni Paolo II sottolineava che ci sono diversi correnti nel grande fiume europeo  ma la corrente più importante e più fruttuosa rimane il cristianesimo. Ma oggi abbiamo tante controcorrenti e nuove sfide come il multiculturalismo: la gente che è arrivata in Europa porta con se altre religioni e tradizioni culturali. È vero che nell’Unione Europea il riferimento al cristianesimo è molto debole, forse per paura di non attribuire un ruolo particolare nella società multireligiosa. Ma ci si scorda che il cristianesimo può essere una linfa vitale per l’Europa, non soltanto per le Chiese ma anche per le società. Se non c’è l’unità spirituale non ci sarà l’unione europea completa e stabile.      

Quale contributo può dare la cattolica Polonia al progresso spirituale e morale dell’Europa?

Mons. Polak: Noi siamo una nazione degli emigrati: quasi due milioni di Polacchi si sono trasferiti nelle diverse parti dell’Europa. Questa gente deve affrontare tanti problemi ma spesso dà anche la testimonianza della propria fede nelle società secolarizzate. Allora i nostri emigranti, specialmente giovani e ben formati, possono costruire i ponti tra la fede e la modernità.   

Giovanni Paolo II nel sopracitato discorso parlava dell’Europa composta dalla tradizione Occidentale ed Orientale, parlava anche dei “due polmoni” d’Europa. La Chiesa polacca, tenendo conto anche della sua posizione geografica, si è impegnata recentemente nel dialogo con gli ortodossi russi; Lei, Eccellenza, è presidente del gruppo per i contatti con la Chiesa Ortodossa russa. Come va questo dialogo?

Mons. Polak: Nel 2012 la Chiesa cattolica polacca e il Patriarcato di Mosca hanno firmato il famoso documento: lo hanno fatto il presidente della nostra Conferenza Episcopale e il Patriarca Cirillo. Era un atto di portata storica e speravamo che questo passo avesse la risonanza anche nelle nostre società. L’anno scorso abbiamo fatto a Varsavia un simposio per approfondire i temi ecumenici: è venuto il metropolita Hilarion ed altri capi della Chiesa ortodossa ma anche i rappresentanti dei vari campi pastorali. Perciò quell’incontro è servito per lo scambio delle esperienze pastorali e per la creazione delle reti di collaborazione (come nel campo della difesa della vita, della pastorale familiare ecc.). Purtroppo, dopo i fatti dell’Ucraina questo dialogo si è fermato e i contatti sono rari, in attesa degli sviluppi della situazione ucraina. Anche se non mancano i segnali positivi: per la GMG di Cracovia aspettiamo l’arrivo anche dei giovani ortodossi russi.

Nel 1966, quando la Polonia celebrava il millennio del suo battesimo, Paolo VI non ha potuto venire in Polonia perche il regime comunista ha impedito il suo pellegrina
ggio. Fra due anni si celebrerà un nuovo anniversario, il 1050°. Come la Chiesa polacca si sta preparando per tale evento, tenendo anche conto che nel 2016 si terrà la prossima GMG a Cracovia con la presenza di Papa Francesco?

Mons. Polak: Ovviamente, tutta la pastorale della Chiesa è concentrata su questo grande evento. Ma vogliamo integrare la GMG con le celebrazioni dell’anniversario del battesimo della Polonia. Speriamo che il Papa possa “allungare” il suo viaggio in Polonia per visitare i luoghi legati al battesimo della nostra nazione. Vogliamo che il ricordo del  battesimo serva per riscoprire il significato di questo evento, sia dal punto di vista nazionale e culturale (il cristianesimo ha forgiato la nostra identità nazionale e culturale), sia religioso.

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Włodzimierz  Rędzioch

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