Il Vescovo di Locri-Gerace condanna l'attentato a don Campisano

Un “gesto intimidatorio, frutto di vigliaccheria”, afferma mons. Morosini

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ROMA, mercoledì, 31 agosto 2011 (ZENIT.org).- Un “gesto intimidatorio, frutto di vigliaccheria da parte di persone che non sanno o non vogliono affrontare i problemi attraverso il confronto e il dialogo civile”: è la ferma condanna espressa mercoledì dal Vescovo di Locri-Gerace, mons. Giuseppe Morosini, e dai sacerdoti della diocesi dopo l’atto intimidatorio ai danni di don Giuseppe Campisano, parroco della chiesa di San Rocco a Gioiosa Ionica (Rc), noto per il suo impegno contro la mafia.

Nella notte tra il 29 e il 30 agosto, alcuni colpi di fucile caricato a pallettoni sono stati esplosi a Gioiosa Ionica contro la vettura di don Campisano, di 59 anni, che già alcuni anni fa aveva ricevuto minacce telefoniche e lettere contenenti proiettili. Non è comunque la prima volta che il parroco, impegnato da anni contro la criminalità organizzata e vicino all’associazione “Libera” di don Luigi Ciotti, è vittima di ritorsioni.

Nella nota, il presule e i sacerdoti della Locride si “stringono con affetto a don Giuseppe e gli esprimono solidarietà”. Il Vescovo, soprattutto, lo esorta a “continuare nel suo prezioso ed apprezzato ministero di sacerdote, tutto dedito alla sua missione, religiosa e sociale”.

Mons. Morosini e il presbiterio invitano quindi “gli abitanti della Locride, credenti e non, a crescere nella coscienza civile, che spinge a non nascondersi nel vile anonimato quando ci sono problemi da affrontare: è un aspetto deleterio della nostra mentalità, che va riscattato e purificato”.

Nella nota riaffermano poi “il loro impegno per la nuova evangelizzazione del nostro territorio e richiamando, pertanto, tutti i fedeli ad una maggiore coerenza tra fede e vita, ricordando che la fede non può ridursi ad esteriorità devote, ma deve accogliere l’invito a seguire Cristo e a mettere in pratica la sua parola”.

In un comunicato anche il Coordinamento della Locride di Libera ha voluto esprimere piena solidarietà al parroco della Chiesa di San Rocco, qualificando l’attentato come “un gesto di particolare gravità, che deve destare preoccupazione, e giusta attenzione” e “un’azione vigliacca contro l’intera comunità, tanto più grave perché realizzata all’indomani della conclusione di un momento particolarmente importante e sentito per i gioiosani, i festeggiamenti in onore del santo patrono di Gioiosa Ionica, San Rocco”.

“Appare purtroppo evidente – sottolinea il comunicato – la volontà di alcuni nel perseguire la strada della violenza e dell’intimidazione, contro coloro che, come don Giuseppe, sono quotidianamente impegnati nell’azione di affermazione dei valori di giustizia e solidarietà”.

“Rispetto a tutto ciò – continua – riteniamo che il percorso non può che essere uno solo: incrementare gli sforzi nella direzione già intrapresa negli ultimi anni, costruendo spazi di partecipazione e di sensibilizzazione rispetto ad alcuni fenomeni, promuovendo momenti di riflessione, sostenendo  quelle realtà impegnate nel sociale che giornalmente si fanno carico degli ultimi. Non è un caso che su queste strade abbiamo incrociato positivamente don Giuseppe, sempre pronto e attento nell’accompagnare tali sforzi”.

“Sappiamo bene – afferma il Coordinamento della Locride di Libera – quanto in questi momenti sia importante rompere quella cappa di solitudine che spesso accompagna chi è vittima di tali attentati, al di là delle espressioni di solidarietà dei primi momenti. La ‘continuità’ della nostra azione civile è l’antidoto migliore contro l’isolamento e la solitudine di chi viene colpito così vigliaccamente”.

Parlando alla Radio Vaticana sulle possibili cause dell’ultimo episodio, don Giuseppe Campisano ha dichiarato: “Credo che l’evento sia legato alla festa di San Rocco, per quanto riguarda molto probabilmente la presa di posizione assunta sia da me che da parte del Vescovo, per cercare di raddrizzare un po’ questa festa stessa e darle un volto religioso, perché è sempre stata all’insegna del paganesimo più assoluto. Sembrava che le cose fossero andate per il verso giusto. Credo che abbiano inciso anche le quattro giornate dedicate alla legalità che abbiamo avuto qui davanti alla Chiesa: quattro serate riuscite molto bene, la cui tonalità è sempre stata molto forte”.

“Io credo – ha spiegato ancora il sacerdote – che la festa di San Rocco, per il prestigio che riveste, sia appannaggio di una forma di potere e di controllo, proprio per la circolazione, per il fiume di denaro, perché la fiera è enorme e passano sistematicamente in tutte le bancarelle per l’estorsione”.

Don Campisano ha sottolineato quindi di voler continuare a portare avanti la sua battaglia contro la ‘ndrangheta “con il Vangelo, […] con l’animazione giovanile, con l’educazione dei ragazzi, mettendo in moto gruppi famiglia dentro ai quali si affrontino determinati argomenti”.

“Sto provando con l’evangelizzazione. Un altro strumento che sto adottando è quello di venire incontro a molte famiglie che sono vittime dello strozzinaggio, che qui è un’altra piaga terribile. Io sono molto ottimista, altrimenti non varrebbe la pena”, ha concluso.

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ZENIT Staff

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