Il vento di Bergoglio

L’idea della “Chiesa povera per i poveri” è per il mondo come il “pampero argentino”, un vento impetuoso

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Vi sono nel mondo luoghi identificati nell’immaginario collettivo non tanto in base agli elementi del paesaggio, bensì per un fenomeno intangibile, quale è il vento: a Trieste soffia la bora, sulle coste del Mar Ligure e del Tirreno spira il libeccio, ed in Provenza il “mistral” scende lungo la valle del Rodano facendo infuriare le onde nel Golfo del Leone.

A Buenos Aires, città di origine di Jorge Bergoglio, giunge dall’entroterra il “pampero” a scuotere la metropoli platense dal suo torpore semitropicale. Per i “portenos” il vento della pampa è simbolo di una natura  sconvolta, di un tempo atmosferico sovvertito.

Il discorso con cui il nuovo Vescovo di Roma, dopo aver mostrato la propria bonomia nelle prime apparizioni pubbliche, ha parlato della sua visione della Chiesa, è stato come il soffio potente del “pampero” sulle sponde del Rio della Plata.

Le cose più semplici sono le più sconvolgenti, proprio perché a volte è proprio l’evidenza della verità che ci impedisce di meditarla. Eppure nulla risulta più chiaro dal Vangelo della beatitudine dei poveri, e dell’obbligo – per chi si professa cristiano – di aiutarli.

Se una verità tanto evidente ha potuto essere trascurata, è perché la testimonianza è venuta meno anche a causa della sterilizzante “routine”. Potremmo dire che la scelta della povertà si è trasformata da spirito in lettera, e se lo spirito vivifica – come ammonisce San Paolo – la lettera uccide. Una volta fu domandato ad un membro della Compagnia di Gesù che cosa fosse un gesuita. “Un gesuita – rispose – è un prete che ha studiato dieci anni più degli altri preti”.

Forse i lunghi e severi studi cui si è sottoposto Padre Bergoglio, dopo aver sondato le profondità della teologia, della filosofia e della dottrina, lo hanno infine ricondotto a scoprire la grande e semplice verità contenuta nell’atto fondativo della nostra religione, il Discorso delle Beatitudini, una verità che egli ha conosciuto nella condizione della sua gente: “Beati i poveri”.

E quando, nominato Vescovo di Roma, ha proclamato questa verità, si è come ripetuto nella Chiesa il miracolo della Pentecoste: “Et factus est repente de coelo sonus, tanquam advenientis spiritus vehementis”.

Il vento dello Spirito soffia forte, proprio come il “pampero” sul Rio della Plata, e viene per cambiare la nostra realtà umana.

Il Vescovo di Roma – per prestigio e per forza spirituale, non per potere materiale – è tra i grandi del mondo.

Se vi è un personaggio al quale Francesco può essere accostato, è forse il Presidente Obama: provenienti entrambi, l’uno per nascita e l’altro per origine familiare dal Sud del mondo, sono stati contemporaneamente chiamati a modificare una situazione geopolitica che ha visto fino ad ora affermarsi il potere del Nord.

L’affermazione dei Latinoamericani nella Chiesa, e degli Afroamericani negli Stati Uniti rivela che il vento è cambiato, ma conferma soprattutto un mutamento inesorabile nei rapporti di forza.

L’America Latina fa pesare nel Cattolicesimo il numero dei suoi abitanti, e al contempo negli Stati Uniti una Chiesa tradizionalmente guidata dagli Irlandesi, nella quale perfino i nostri emigranti ebbero a sentirsi emarginati fino a quando giunse a difenderli dall’Italia la Madre Cabrini, si scopre ormai composta in maggioranza – per quanto riguarda i giovani ed i praticanti – da “Latinos”.

Giovanni Paolo II, un altro grande uomo “geostrategico” della Chiesa, fece sì che la disgregazione del blocco comunista avvenisse, e che avvenisse in pace.

Ora è il Sud del mondo che guarda a Francesco come al campione del proprio riscatto storico e sociale.

Al Vescovo di Roma tocca il compito di realizzarlo, proprio per il bene supremo, tanto caro a San Francesco d’Assisi, della pace. 

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Alfonso Maria Bruno

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione