Il valore redentivo della sofferenza

Il sacrificio di Cristo sulla Croce ha trasformato la sofferenza in via privilegiata per godere della Misericordia di Dio

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Sono in ospedale a Milano dal 16 ottobre e dal 23 ottobre nella casa di riposo dei missionari del Pime a Lecco, un quasi ospedale. Sono inciampato in un gradino salendo la scala al mio ufficio al Pime di Milano e ho battuto il torace sulla ringhiera. Nessun osso rotto, ma un mal di schiena molto forte. Alla mia età, 85 anni compiuti a marzo, mi dicono che ogni caduta è grave! E’ una brutta botta che sopporterò a lungo.

Ma, è stata una caduta provvidenziale, il buon Dio voleva fermarmi. Lavoravo troppo e trascuravo la salute.

Ho avuto tanti accidenti gravi nella mia vita, fra i quali una quindicina di operazioni chirurgiche (nel 2003 e 2009 cancro ai muscoli addominali, quando ho rischiato davvero la vita perché l’intestino si rimetteva in movimento dopo 14 giorni dall’operazione!), ma solo oggi mi pare di capire a fondo il valore redentivo della sofferenza, cioè la via della Croce che Gesù ha percorso e che ogni vivente è chiamato a percorrere.

Non tutti allo stesso modo e nello stesso tempo, ma tutti gli uomini e tutte le donne conoscono il dolore, la sofferenza fisica e morale.

La sofferenza ci sembra solo negativa, e indubbiamente lo è, per cui dobbiamo fare tutto quel che possiamo per alleviare o eliminare le sofferenze nostre e del nostro prossimo; ma nella visione cristiana il dolore, la sofferenza sono anche positivi, se accolti e sopportati come partecipazione alla Passione e Morte di Cristo, che ha redento l’umanità offrendo se stesso come vittima pura e immacolata sull’Altare della Croce.

Ha meritato il perdono dei peccati (cioè dell’egoismo umano che offende Dio Creatore e Padre) e con la sua Risurrezione ci ha spalancato le porte del Paradiso. Non solo, ma ha indicato all’umanità, col suo esempio,le sue parole, il suo Vangelo e la sua Chiesa, che ne continua l’opera nei secoli, il modo migliore di vivere la vita: lodando Dio e amandoci come fratelli e sorelle, a partire dai più piccoli, umili, abbandonati, sfortunati, poveri; quelli che Papa Francesco chiama “il materiale di scarto della società umana”.

Nei miei 61 anni di sacerdozio e di missione (specie nei 32 anni a Milano, come aiutante cappellano alla Clinica Columbus e negli 8 anni di aiutante del cappellano delle carceri di San Vittore, il grande mons. Cesare Curioni poi cappellano di tutte le carceri italiane), ho spiegato tante volte queste verità a chi soffriva.

Adesso però, quando il dolore fisico morde la mia carne e l’incertezza del mio futuro mi fa capire la mia miseria e nullità e mi mette del tutto “nelle mani di Dio” (come diceva sempre papà Giovanni: “Siamo sempre nelle mani di Dio!”); ecco, proprio adesso ringrazio il Signore di farmi sperimentare queste sofferenze, anche se lo prego di darmi ancora un po’ di anni di lavoro pieno, per testimoniare e annunziare Gesù Cristo come unico Salvatore dell’umanità.

Grazie a tutti coloro che mi aiutano con la preghiera, Dio vi benedica, vostro padre Piero Gheddo, missionario del Pime.

Pregate anche per i miei genitori i Servi di Dio Rosetta Franzi (1902-1934) morta di parto con due gemelli e tre bambini, e Giovanni (1900-1942) morto in Russia con un atto di eroismo che ricorda San Massimiliano Kolbe. La loro Causa di beatificazione iniziata dall’Arcidiocesi di Vercelli nel febbraio 2006, è rimasta bloccata a Roma (in stand-by) dalla scarsezza di documenti sulla loro santità scritti nel tempo della loro vita o subito dopo. L’ostacolo pare possa essere superato e si possa riaprire la loro Causa di beatificazione, Bisogna solo pregare e segnalare le grazie ricevute per loro intercessione. 

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Piero Gheddo

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