Il simbolismo poetico della Passione e Resurrezione

L’esperienza del dolore e la dimensione della speranza nei versi celebrativi della Pasqua

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Dopo il lungo cammino di preparazione quaresimale, siamo finalmente giunti al momento atteso: l’avvento della Pasqua, la festività del Cristianesimo che celebra la Resurrezione. La festa che racchiude in sé il senso del mistero cristiano, dove il bene trionfa sul male grazie al sacrificio di Gesù, che si immola sulla Croce per riscattare la nostra natura corrotta e mostrare all’uomo il suo vero destino: il risveglio alla vita eterna.

Scrive il cardinale Ruini nel suo volume Intervista su Dio: “L’uomo, fin dalle sue origini, è un essere simbolico, capace cioè di attribuire a un segno, un suono, un oggetto, un valore e un significato che vanno oltre il segno”. Questa Pasqua 2015 ci consegna purtroppo, nella violenza che costella la cronaca, un simbolismo analogo a quello della Croce. Papa Francesco, durante la tradizionale Via Crucis al Colosseo, ha condannato la strage di studenti compiuta in Kenya, assicurando, al tempo stesso, le sue preghiere “per il cambiamento del cuore” degli autori delle atrocità. Padre Raniero Cantalamessa, nella sua omelia dinanzi al Pontefice, ha pregato “per i nostri fratelli di fede perseguitati, e per tutti gli ‘Ecce homo’ che ci sono sulla faccia della terra”, denunciando l’indifferenza delle istituzioni e della pubblica opinione: “Rischiamo di essere tutti – ha detto il predicatore – dei Pilati che si lavano le mani”.

Appunto la figura di Pilato è tra quelle scelte dal poeta Fantino Mincone per rappresentare liricamente il dramma della Passione e Resurrezione. Una poesia drammaturgica, religiosa e corale basata su una potente intuizione: Giuda, Pietro, Pilato, Cireneo, Maddalena, Veronica, Maria e Gesù che sfilano dinanzi al poeta per raccontare la loro esperienza di fragilità e di dolore, ma anche di grandezza e di amore…

PASSIONE E RESURREZIONE

di Fantino Mincone

Raccontami, Giuda, di quel bacio dato a tradimento:
per trenta denari hai appeso all’albero il pentimento.
Tanti, come te, si sono venduti al miglior offerente
e sono stati trascinati nella melma dalla corrente.
Raccontami, Pietro, della notte accanto al fuoco
con la vergogna sul volto e il sonno durato poco,
di quella donna che contro di te il dito ha alzato
e l’alba del gallo svelava la faccia da rinnegato.
Raccontami delle lacrime salate che hai pianto,
anch’io ho patito per le promesse che ho infranto.
Voglio confidarti un segreto, amico e fratello:
ero io sul Golgota… con i chiodi e il martello.
Raccontami, Pilato, l’ingiusta e ignominiosa sorte
di quell’innocente che hai condannato a morte;
la sua verità e la sua regalità non hai accettato
e con il sangue del Giusto le mani ti sei lavato.
Raccontami, Cireneo, del peso del legno sulla via
dei sassi grondanti sangue e della gente la follia,
del campo di croci tra i verdi ulivi quella sera,
della speranza sulle spalle… affannosa e vera.
Raccontami, Maddalena, delle strade dell’amore
delle tue lacrime sul suo corpo di mirra e sudore
dell’agonia di quel freddo silenzio e del pianto,
del respiro della fede sulla tomba… per incanto.
Raccontami, Veronica, del volto mistico e di spine
incise su quel lino bianco e di color porpora infine.
Ti ricordi, soldato, quel colpo preciso e diretto?
Era mia la mano che infilava la lancia nel petto!
Raccontami, Maria, il dolore e i gesti lenti,
lo strazio infinito e i tuoi gemiti silenti,
il macigno che l’anima opprime e preme
il pianto soffocato e muto perché la fine teme.
Ricordami la passione di tuo figlio piagato
con il viso tumefatto, madido e deformato,
quel corpo gelido tra calde braccia stretto:
il cuore trafitto e lacerato senza rispetto.
Rivelami come è rotolata la pietra del morto,
la tomba vuota e la figura radiante del risorto,
il tuo giungere al sepolcro speranzosa e mesta
e udire rintocchi di vita come campane a festa.
Raccontami, Gesù, le ore di buio e il terremoto
su tutta la terra e il giorno delle palme… remoto,
il pianto di Giovanni e delle donne il tormento
il tuo testamento e di tua madre l’affidamento.
Ricordami l’azzurra notte di calma apparente,
il cielo sommesso e la luna chiara e suadente,
il rugiadoso incanto che irrorava sogni velati,
il vento che sibilava parole di sonno ai soldati.
Ricordami degli uccelli il cinguettio di pace,
il fragore del masso, la tempesta di luce verace
e il sole che esplode radioso in un alba di gloria
per l’umanità che risorge con Te e canta vittoria.
Rivelami quel volto di trasfigurato fulgore
e il tuo corpo che rifulge d’infinito splendore.
Ora, dopo indicibili giorni di mistica tenzone,
alleluia… vince la vita: è Pasqua di resurrezione!

Fantino Mincone vive in provincia di Chieti, sposato, ha tre figlie e due nipoti. Ha frequentato gli studi classici e il primo anno di teologia al Seraphicum, Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” di Roma. Nel 2006 ha pubblicato un romanzo autobiografico, edito dalla casa editrice Tracce di Pescara. Come poeta, ha ottenuto significativi riconoscimenti della critica ed è stato pubblicato in diverse antologie.

*

La dimensione di speranza, tipica della fede pasquale, costituisce la cifra stilistica delle due poesie che seguono: A te che speri e credi di Gianfranco Trabuio e Fra la tempesta e il Tabor di Lucia Antinucci: la prima ispirata all’eterna lotta fra il bene e il male, e la seconda ispirata al racconto evangelico della trasfigurazione di Gesù, attraverso la quale viene rivelata agli apostoli la natura trascendente del Cristo, che troverà poi il suo glorioso compimento nell’evento della Resurrezione.

A TE CHE SPERI E CREDI

di Gianfranco Trabuio

Questa luna piena
ricca di fascino e piena di misteri
tenta di illuminare il mio cammino
ormai oscuro
ombre nere si stagliano
su questi sentieri scoscesi
fantasmi riflessi di olivi e di pini
un contorno indefinito
di silenzio e di morte
paure impazzite corrodono l’anima
non sai più pensare
lentamente
inesorabilmente
il male avanza violento
ma tu sempre speri
tu sempre combatti
ancora un’altra battaglia
e un angelo compare
stremato anche lui
ambasciatore di grazie
al trono del creatore.

Gianfranco Trabuio è veneziano di nascita. Dirigente pubblico e docente di statistica, ha collaborato a progetti di nuova evangelizzazione ed è animatore ufficiale nei pellegrinaggi Unitalsi a Lourdes. Dal 2000 è cooperatore del Commissariato Triveneto per la Custodia Francescana di Terra Santa. Come poeta, ha ricevuto numerosi premi in concorsi di poesia. La sua attività di giornalista e conferenziere è pubblicata sul suo blog: www.gianfrancotrabuio.it.

*

FRA LA TEMPESTA E IL TABOR

di Lucia Antinucci

“Come è bello per noi stare qui!”,
dissero gli apostoli sul Tabor.
Come è bello, Signore, vivere sul Tabor,
vivere nella Luce,
nella gioia che non è di questo mondo.
Come i tre apostoli, Signore,
anche noi vorremmo fare le tende sul Tabor,
vorremmo restare lì per sempre,
non tornare più ai problemi della vita quotidiana,
agli ostacoli per vivere il tuo Vangelo,
alla lotta estenuante contro le nostre fragilità.
Eppure noi lo sappiamo, Signore:
Tu ci fai stare un po’ sul Tabor
per poter affrontare, con più forza,
i momenti della tempesta.
Quando è notte, siamo soli, il mare è agitato
e ci sembra di andare a fondo
Ma è allora che dobbiamo avere fiducia in Te,
nella Tua presenza discreta,
perché Tu non ci abbandoni mai.
A volte ci puoi chiedere, Signo
re,
come a Pietro,
di camminare sul mare,
di fare l’impossibile,
perché Tu ce ne dai la capacità.
Spesso Tu vieni in nostro soccorso,
plachi il vento e le onde impetuose,
manifesti la tua Presenza gloriosa
e ci prendi per mano.
Signore, donaci una fiducia incrollabile in Te,
che non venga meno
quando Tu sembri assente.
Signore, donaci questa fede solida,
coraggiosa,
aperta alla speranza
e alimentata dall’amore,
proteso verso il Padre celeste, con Te, nello Spirito Santo,
che si fa accoglienza di tutti i fratelli.
Amen

Lucia Antinucci è dottore in teologia dommatica, fa parte del Gruppo Interconfessionale di Attività Ecumeniche di Napoli e dell’Amicizia Ebraico-cristiana di Napoli. Fa parte inoltre dell’Ordine Francescano Secolare ed è impegnata nella formazione teologica e spirituale dei laici. Ha pubblicato numerosi volumi di ispirazione religiosa.

***

I poeti interessati a pubblicare le loro opere nella rubrica di poesia di ZENIT, possono inviare i testi all’indirizzo email: poesia@zenit.org

I testi dovranno essere accompagnati dai dati personali dell’autore (nome, cognome, data di nascita, città di residenza) e da una breve nota biografica.

Le opere da pubblicare saranno scelte a cura della Redazione, privilegiando la qualità espressiva e la coerenza con la linea editoriale della testata.

Inviando le loro opere alla Redazione di ZENIT, gli autori acconsentono implicitamente alla pubblicazione sulla testata senza nulla a pretendere a titolo di diritto d’autore.

Qualora i componimenti poetici fossero troppo lunghi per l’integrale pubblicazione, ZENIT si riserva di pubblicarne un estratto.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Massimo Nardi

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione