Il saluto di Papa Francesco ai terremotati di Ascoli-Piceno

Il Santo Padre ha benedetto la piccola Speranza, battezzata 10 giorni fa tra le macerie di Arquata del Tronto. Un abbraccio anche agli operai licenziati della Basilicata: “Non può salire più la percentuale della disoccupazione!”

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All’Udienza generale di oggi in piazza San Pietro, era presente anche  fedeli della Diocesi marchigiana di Ascoli-Piceno, la maggior parte dei quali colpiti dal terremoto del 24 luglio scorso, accompagnati dal vescovo mons. Giovanni D’Ercole. A loro si è rivolto il Papa al momento dei saluti ai pellegrini in lingua italiana, dicendo: “Sono lieto di accogliere i fedeli delle Diocesi di Ascoli Piceno, anche voi avete sofferto!”. “Cari fratelli e sorelle, il vostro pellegrinaggio per l’Anno Santo esprima il senso di comunione con la Chiesa universale e vi renda testimoni di misericordia nelle vostre chiese locali”, ha aggiunto il Santo Padre.
Al termine dell’Udienza, ha poi benedetto la piccola Speranza, bimba di due mesi battezzata dieci giorni fa tra le macerie di Capodacqua, piccola frazione di Arquata del Tronto particolarmente devastata dal terremoto del 24 agosto. I suoi genitori, Roberto e Ilaria Ruggeri, hanno scelto questo nome perché “dia una scossa per ritrovare la voglia di vivere e ricostruire”. “Abbiamo perso tutto, piangiamo tante persone care che sono morte e cerchiamo di avere il coraggio di ripartire”, hanno raccontato a L’Osservatore Romano. “Abbiamo il dovere di farlo anche per i nostri bambini. Speriamo di essere sostenuti in questo nostro sforzo confidando che anche le piccole frazioni non vengano dimenticate… Il terremoto distrugge ma può anche creare occasione di unità e di incontro”.
Il Papa ha stretto le mani anche degli studenti dell’istituto Fermi di Ascoli, danneggiato dal sisma, il quali presentato un loro brevetto, riconosciuto a livello internazionale. Ovvero un bastone da passeggio, chiamato Eldess, con speciali sensori per aiutare anziani e disabili nel caso di un incidente.
Un abbraccio particolare, poi, il Pontefice lo ha riservato a Pietro Gloria, soprannominato “nonno sprint”, perché ad Amatrice, nonostante i suoi 79 anni, ha saputo mettere in salvo tutta la sua famiglia. Pietro ha presentato a Francesco la fiaccola della Settimana della famiglia che, dal 2 all’8 ottobre, vedrà “tutta Roma illuminata da tantissime iniziative per dare più forza alle famiglie, alla luce della Amoris laetitia”.  Francesco, infatti, nei saluti dopo l’udienza, si era rivolto proprio alla delegazione della Diocesi di Roma che ha preparato la Settimana “Per loro – ha riferito – accenderò tra poco una fiaccola, simbolo dell’amore delle famiglie di Roma e del mondo intero”. Questa fiaccola “quasi fosse quella olimpica”, ha spiegato a L’Osservatore Romano don Andrea Manto, direttore del Centro per la pastorale familiare della Diocesi, “arderà anche per le gare sportive simpaticamente denominate ‘nonniadi’ che vedranno giocare insieme nonni e nipoti”.
Un pensiero speciale, durante questo mercoledì, è andato pure all’arcivescovo di Potenza, mons. Salvatore Ligorio, e al gruppo di operai licenziati della Basilicata, per i quali il Pontefice ha auspicato “che la grave congiuntura occupazionale possa trovare una positiva soluzione mediante un incisivo impegno da parte di tutti per aprire vie di speranza”. “Non può salire più la percentuale della disoccupazione!”, ha soggiunto a braccio.
Incontrandoli poi sul sagrato della Basilica, Francesco ha offerto il suo incoraggiamento a questi uomini che dicono “di sentirsi proprio gli ultimi, nell’indifferenza di tutti: ci hanno abbandonato, togliendoci la dignità”. “Siamo più di tremila eppure siamo invisibili agli occhi delle autorità politiche che dovrebbero trovare una soluzione al nostro problema: siamo senza lavoro e da due anni siamo senza alcun sussidio, neppure la cassa integrazione”, hanno dichiarato, “siamo allo stremo delle forze e stiamo bussando a tutte le porte per avere lavoro, non elemosina. Solo la Chiesa ci è sempre stata accanto”.
“Il Papa ci ha subito aperto la porta — affermano gli operai — mentre le autorità del nostro territorio non ci ricevono da due anni, nonostante abbiamo installato un gazebo in piazza per non farci dimenticare”. Le loro sono storie di vera disperazione: “Viviamo con lo stipendio delle nostri mogli, se hanno la fortuna di avere un lavoro, o siamo assistiti da genitori e parenti”. La loro richiesta è che vengano “finalmente create le condizioni perché gli imprenditori possano dare prospettive di lavoro”, considerando che ogni anno “sono 4mila i giovani che vanno via dalla Basilicata in cerca di occupazione”.
Proprio ai giovani, insieme ai malati e agli sposi novelli, si era rivolto Papa Francesco dopo la sua catechesi, dicendo: “L’esempio di carità di San Vincenzo de’ Paoli, che ieri abbiamo ricordato quale patrono delle associazioni di carità, conduca voi, cari giovani, ad attuare i progetti del vostro futuro con un gioioso e disinteressato servizio al prossimo. Aiuti voi, cari ammalati, ad affrontare la sofferenza con lo sguardo rivolto a Cristo. E solleciti voi, cari sposi novelli, a costruire una famiglia sempre aperta ai poveri e al dono della vita”.
A salutare oggi il Papa anche Tamara Ivanovna Chikunova, coraggiosa attivista per l’affermazione di diritti umani dopo che suo figlio Dmitrj venne fucilato in Uzbekistan nel 2000. Proprio quella tragedia ha convinto la donna a fondare, insieme ad altre mamme che avevano perduto i figli per un’esecuzione capitale, l’associazione «Madri contro la pena di morte e la tortura» che ha contribuito a salvare 23 condannati a morte, facendo commutare la loro pena nella reclusione.
 
Infine, a Casa Santa Marta, il Pontefice ha salutato il commissario Antonio Perfetti, primo dirigente del corpo della Gendarmeria, a conclusione del suo servizio.
 
 

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ZENIT Staff

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