Il rito della Comunione fuori della Messa assolve l’obbligo domenicale?

La mancata partecipazione al precetto è giustificata solo per “motivi gravi”

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Nella sua rubrica di liturgia, padre Edward McNamara LC, professore di Liturgia e Decano di Teologia presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, risponde oggi alla domanda di un nostro lettore canadese.

Recentemente, il mio parroco ha annunciato che andrà in vacanza per due settimane. Ha detto che i sacerdoti delle parrocchie adiacenti saranno a disposizione in caso di emergenze, per funerali o altre necessità. Tuttavia durante la sua assenza non avremo alcun sacerdote per due domeniche. Sarà invece il nostro diacono a guidare la liturgia della Parola, con la comunione con le ostie conservate nel tabernacolo. Ci sono altre parrocchie in zona, a soli 10-20 minuti di macchina. Partecipare alla liturgia guidata dal diacono nella mia parrocchia assolve il mio obbligo domenicale? O dovrei piuttosto andare ad una delle parrocchie di zona, dal momento che sono così vicine? — J.S., Nuova Scozia, Canada

Credo che qui le domande sono due. La prima tratta la questione dell’obbligo domenicale per il singolo fedele di partecipare alla Messa, mentre la seconda, la decisione pastorale di organizzare in assenza di un sacerdote una liturgia della comunione al di fuori della Messa.

Il primo argomento è trattato nei canoni 1247 e 1248 del Codice di Diritto Canonico.

Il canone 1247 stabilisce l’obbligo di partecipare alla Messa della Domenica, mentre il canone 1248 § 2 dice che qualora assistere alla Messa sia impossibile a causa della mancanza di un ministro, o per altri gravi motivi, allora si raccomanda al fedele di assistere alla liturgia della Parola qualora essa venga celebrata nella parrocchia.

Il senso del diritto canonico è netto. La partecipazione alla Messa è obbligatoria, eccetto per “motivi gravi”. L’uso dell’espressione “motivi gravi” indica che si tratti di un obbligo molto serio. Infatti per quegli obblighi che ammettono più facilmente eccezioni il diritto canonico usa di norma espressioni come “per una giusta causa”.

È anche molto importante sottolineare che l’obbligo cattolico è di assistere alla Messa, e non di “andare in chiesa”. Secondo il principio canonico e morale ad impossibilia nemo tenetur (“nessuno è obbligato a fare l’impossibile”), quando sussiste un ostacolo oggettivo, allora il conseguente obbligo sparisce. Tuttavia la Chiesa raccomanda – ma non obbliga – ai cattolici di santificare la domenica in altro modo, ad esempio prendendo parte alla liturgia della Comunione, seguendo la Messa in televisione o pregare privatamente.

La liturgia della Comunione però non sostituisce l’obbligo domenicale, che infatti non esiste più qualora la partecipazione alla Messa sia impossibile. Quando, e solamente quando, questa impossibilità sussiste, allora decade il conseguente obbligo, in accordo con i principi classici della teologia morale.

Un’impossibilità oggettiva non sempre dev’essere una situazione drammatica. Esempi di impossibilità oggettiva possono essere l’età, la malattia, il bisogno di prendersi cura di un parente ammalato, o varianti stagionali che rendono l’uscire di casa un’impresa azzardata. Cattolici con lavori che prevedono i turni domenicali, come poliziotti, personale medico o assistenti di volo sono anche esentati qualora sono di turno.

Non è sempre facile giudicare cosa sia obiettivo, poiché le condizioni variano da persona a persona. Tuttavia i cattolici non dovrebbero essere troppo superficiali nel valutare le loro difficoltà e dovrebbero essere disposti a fare ragionevoli sacrifici pur di assistere alla Messa.

Quindi, se un cattolico può assistere alla Messa in un’altra parrocchia senza troppi inconvenienti, allora nella propria coscienza lui o lei è obbligato/a a farlo.

Il secondo quesito riguarda la decisione pastorale di quando una parrocchia offre la liturgia della Comunione fuori della Messa al posto della Messa domenicale. Questo viene fatto per permettere ai cattolici che non hanno la possibilità di assistere alla Messa altrove, di seguire la raccomandazione della Chiesa di santificare la domenica in altra maniera.

Nel 1988 la Santa Sede ha pubblicato un elenco di linee-guida per i vescovi, resosi necessario, in modo che essi potessero fornire nelle loro diocesi precise norme su come tenere queste celebrazioni, il Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza di presbitero. Fra le condizioni per organizzare celebrazioni domenicali in assenza di un sacerdote troviamo le seguenti:

“18. Quando in alcuni luoghi non è possibile celebrare la messa di domenica, si consideri anzitutto se i fedeli non possano recarsi alla chiesa di un luogo più vicino per partecipare alla celebrazione del mistero eucaristico. La soluzione è da raccomandare anche ai nostri giorni, anzi, per quanto possibile, da conservarsi; ciò tuttavia richiede che i fedeli siano rettamente istruiti sul senso pieno dell’assemblea domenicale e si adeguino di buon animo alle nuove situazioni.

“19. È auspicabile che, anche senza la messa, nel giorno di domenica vengano offerte con larghezza ai fedeli, radunati per diverse forme di celebrazioni, le ricchezze della sacra Scrittura e della preghiera della chiesa, perché non rimangano privi delle letture che si leggono nel corso dell’anno durante la messa, né delle orazioni dei tempi liturgici.

“20. Tra le varie forme tramandate dalla tradizione liturgica, quando non è possibile la celebrazione della messa, è molto raccomandata la celebrazione della parola di Dio, che secondo l’opportunità può essere seguita dalla comunione eucaristica. Così i fedeli possono nutrirsi nello stesso tempo della parola e del corpo di Cristo. «Ascoltando infatti la parola di Dio, i fedeli si rendono conto che le opere mirabili da lui compiute, che vengono proclamate nelle letture, raggiungono il loro vertice nel mistero pasquale, di cui nella messa si celebra sacramentalmente il memoriale e a cui si partecipa nella comunione». Inoltre, in alcune circostanze, si possono unire opportunamente la celebrazione della domenica e le celebrazioni di alcuni sacramenti, e specialmente dei sacramentali, secondo le necessità di ciascuna comunità.

“21. Occorre che i fedeli percepiscano con chiarezza che tali celebrazioni hanno carattere di supplenza, né possono considerarsi come la migliore soluzione delle difficoltà nuove o una concessione fatta alla comodità. Le riunioni o assemblee di questo genere non possono mai compiersi in quei luoghi, dove la messa è stata celebrata la sera del giorno precedente, anche se in lingua diversa; non è opportuno che tale assemblea si ripeta.

“22. Si eviti con cura ogni confusione tra le riunioni di questo genere e la celebrazione eucaristica. Queste riunioni non devono togliere ma anzi accrescere nei fedeli il desiderio di partecipare alla celebrazione eucaristica e renderli meglio preparati a frequentarla.

“23. I fedeli comprendano che non è possibile la celebrazione del sacrificio eucaristico senza il sacerdote e che la comunione eucaristica, che possono ricevere in tali riunioni, è intimamente connessa con il sacrificio della messa. Da questo si può mostrare ai fedeli quanto sia necessario pregare «affinché (il Signore) moltiplichi i dispensatori dei suoi misteri e li renda perseveranti nel suo amore».

“24. Compete al vescovo diocesano, sentito il parere del consiglio presbiterale, stabilire se nella propria diocesi debbano aversi regolarmente riunioni domenicali senza la celebrazione dell’eucaristia e dare per esse norme generali e particolari, tenuto conto dei luoghi e delle persone. Pertanto non vengano costituite assemblee di tal genere, se non dietro convocazione del vescovo e sotto il ministero pastorale del parroco.

“25. «Non è possibile che si formi una comunità cristiana se non avendo come radice e come cardine la celebrazione della santissima eucaristia». Perciò, prima che il vescovo stabilisca che si facciano riunioni domenicali senz
a la celebrazione dell’eucaristia, oltre la considerazione sullo stato delle parrocchie (cfr. n. 5), devono essere esaminate le possibilità di fare ricorso ai presbiteri, anche religiosi, non addetti direttamente alla cura delle anime, e la frequenza alle messe celebrate nelle diverse chiese e parrocchie. Si mantenga la preminenza della celebrazione eucaristica su tutte le altre azioni pastorali, specialmente in domenica.

“26. Il vescovo personalmente, o mediante altri, istruirà con opportuna catechesi la comunità diocesana sulle cause determinanti questo provvedimento, sottolineandone la gravità ed esortando alla corresponsabilità e alla cooperazione. Egli designerà un delegato o una speciale commissione che provveda perché le celebrazioni siano rettamente condotte; sceglierà quelli che le promuovano e farà pure in modo che gli stessi siano debitamente istruiti. Tuttavia avrà sempre cura che tali fedeli possano partecipare alla celebrazione eucaristica più volte nell’anno.

“27. È compito del parroco informare il vescovo sull’opportunità di fare queste celebrazioni nella sua giurisdizione; preparare ad esse i fedeli; visitarli talvolta durante la settimana; celebrare per loro i sacramenti nel tempo debito, soprattutto la penitenza. Codesta comunità potrà sperimentare davvero in che maniera nel giorno di domenica è riunita non «senza presbitero», ma solamente «in sua assenza», o meglio, «in sua attesa».

“28. Quando non sia possibile la celebrazione della messa il parroco provvederà perché possa essere distribuita la sacra comunione. Farà pure in modo che in ciascuna comunità si abbia la celebrazione eucaristica nel tempo stabilito. Le ostie consacrate siano rinnovate frequentemente e siano conservate in un luogo sicuro.

“29. Per dirigere queste riunioni domenicali siano chiamati i diaconi, quali primi collaboratori dei sacerdoti. Al diacono, ordinato per pascere il popolo di Dio e per farlo crescere, spetta dirigere la preghiera, proclamare il Vangelo, tenere l’omelia e distribuire l’eucaristia”.

“32. Se nel giorno domenicale non si può fare la celebrazione della parola di Dio con la distribuzione della sacra comunione, si raccomanda vivamente ai fedeli «di dedicarsi per un congruo tempo, personalmente o in famiglia o secondo l’opportunità in gruppi di famiglie» alla preghiera. In questi casi possono giovare le trasmissioni radiotelevisive delle sacre celebrazioni.

“33. Si tenga soprattutto presente la possibilità di celebrare qualche parte della liturgia delle ore, ad es. le lodi mattutine o i vespri, in cui si possono inserire le letture della domenica corrente. Quando infatti «i fedeli sono convocati per la liturgia delle ore e si radunano, mentre associano i cuori e le voci, manifestano la chiesa che celebra il mistero di Cristo». Alla fine di questa celebrazione può essere distribuita la comunione eucaristica (cf. n. 46).

“34. «La grazia del Redentore non manca in alcun modo ai singoli fedeli o alla comunità, che a motivo delle persecuzioni o per mancanza di sacerdoti, per breve o lungo tempo sono privati della celebrazione della santa eucaristia. Infatti, interiormente animati dal desiderio del sacramento e uniti nella preghiera con tutta la chiesa, invocano il Signore e innalzano a lui i loro cuori, ed essi, per la forza dello Spirito santo, partecipano della comunione con la chiesa, vivo corpo di Cristo e con il Signore stesso.., e partecipano anche del frutto del sacramento»”.

Alla luce di questo documento, vescovi e pastori devono valutare seriamente tali fattori.

Nel fare queste considerazioni è importante esaminare la situazione dei fedeli che hanno meno possibilità di cercare alternative, come i poveri, i malati e gli anziani, in modo che essi non vengano privati del conforto, almeno, della Comunione. Tuttavia, ciò può anche costituire un’opportunità per esercitare e sviluppare la carità a livello parrocchiale, invitando i fedeli a condividere su base volontaria il trasporto verso la Messa in un’altra parrocchia con chi è in necessità.

Se questo non dovesse essere possibile e un gruppo considerevole di persone venisse privato della Comunione, allora è probabilmente meglio richiedere al vescovo l’autorizzazione necessaria per poter organizzare la domenica una liturgia della Comunione al di fuori della Messa. Ma i fedeli vanno informati che questo servizio viene fornito per coloro che non hanno alternative e che chi invece ne ha la possibilità deve partecipare alla Messa più vicina.

Ovviamente anche un cattolico che abbia solo una vaga idea del vero significato della Messa non si limiterebbe mai alla liturgia della Comunione di sua spontanea volontà.

Dio non ha bisogno della nostra presenza alla Messa, e non gli rendiamo alcun favore andandoci. Ma noi invece abbiamo certamente bisogno della sua presenza e siamo i beneficiari del suo favore.

Perciò, piuttosto che inquadrare la questione in termini di obbligo, andrebbe visto come l’affettuosa accettazione dell’invito di Dio di partecipare al banchetto sacrificale di suo Figlio. Il compito del pastore, di conseguenza, è di instillare nel fedele un profondo desiderio di partecipare pienamente al più grande mistero nell’al di qua.

Infine, come il sopracitato Direttorio ci ricorda, è anche importante tenere presente che la liturgia domenicale in assenza di presbitero debba sempre venire considerata un’eccezione e motivo per chiedere al Padrone della Messe di inviare nuovi operai.

[Traduzione dall’inglese a cura di Maria Irene De Maeyer]

***

I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

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Fr. Edward McNamara

Padre Edward McNamara, L.C., è professore di Teologia e direttore spirituale

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