Il principale prodotto agricolo degli Stati Uniti? La marijuana

Un business da 35,8 miliardi di dollari

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WASHINGTON, mercoledì, 30 luglio 2008 (ZENIT.org).- E’ inaspettato scoprire che il principale prodotto agricolo degli Stati Uniti non è il mais né il grano, né il cotone, ma la marijuana, informa l’agenzia Fides, della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

Il dato emerge elaborando i dati dei diversi organismi federali statunitensi, da cui si scopre che il valore della produzione di marijuana nel Paese è di almeno 35,8 miliardi di dollari. I 56,4 milioni di piante di marijuana coltivate all’aperto hanno una rendita di 31,7 miliardi, mentre la produzione degli 11,7 milioni di piante coltivate all’interno di serre e spazi chiusi è di 4,1 miliardi. 

Questa situazione desta preoccupazione soprattutto tra i responsabili della comunità cattolica statunitense, per i danni che la diffusione degli stupefacenti provoca tra i giovani e per le vittime conseguenti all’uso della droga, dagli incidenti stradali alle malattie mentali.

Giusto un anno fa Papa Benedetto XVI, visitando la “Fazenda da Esperança” il 12 maggio 2007 durante il suo viaggio in Brasile, ricordò gli alti tassi di dipendenza chimica dalle droghe e dagli stupefacenti ed esclamò: “Dico agli spacciatori che riflettano sul male che stanno facendo a una moltitudine di giovani e di adulti di tutti gli strati sociali: Dio chiederà loro conto di ciò che hanno fatto. La dignità umana non può essere calpestata in questo modo”. 

Accanto a questo, bisognerebbe considerare la contraddizione che esiste tra una politica che finanzia l’estirpazione delle piantagioni colombiane di cocaina con diserbanti e l’apparente impossibilità di intervenire in casa propria per bloccare la produzione di marijuana.

La marijuana è il primo raccolto in termini monetari in 12 Stati, tra i primi 3 in altri 30 e uno dei primi 5 in 39 Stati. La coltura di marijuana è più estesa di quella del cotone in Alabama, di quella combinata di uva, ortaggi e fieno in California, delle arachidi in Georgia e di tabacco in South Carolina e North Carolina. 

In base ad alcune stime del Governo degli Stati Uniti, la produzione interna di marijuana si è decuplicata negli ultimi 25 anni, passando dalle mille tonnellate del 1981 alle 10.000 del 2006. In cinque Stati (California, Tennessee, Kentucky, Hawaii e Washington) la coltivazione di marijuana ha avuto un valore di oltre 1 miliardo di dollari.

La California è il principale produttore ed esportatore all’interno della federazione statunitense. I consumatori di cannabis californiani sono il 13,25% del totale degli Stati Uniti, mentre la California produce il 38,68% della marijuana statunitense. L’eccedenza viene esportata negli altri Stati degli USA. 

In California la marijuana ha ormai sostituito il vino come principale prodotto agricolo, grazie anche a strutture sofisticate che comprendono tubazioni lunghe fino a due miglia per irrigare le coltivazioni all’aperto. Le piante sono nutrite con fertilizzanti e curate da lavoratori latinoamericani fatti giungere appositamente.

La produzione illecita di droga si incontra quindi con il mercato clandestino del lavoro: “moderni schiavi costretti a produrre sostanze che rendono altre persone schiave del vizio”, ricorda Fides. 

I “coltivatori” proteggono i loro raccolti con guardie armate, trappole esplosive e cani da guardia, creando una sorta di “zone franche” e rendendo difficile e pericolosa l’attività delle forze di polizia.

La marijuana, droga “leggera” per eccellenza, non è meno pericolosa di altre droghe, al punto che quella coltivata al chiuso – nelle serre e in casa -, proveniente dalla California e dal Canada (dove la produzione, secondo le stime delle autorità locali, è raddoppiata dal 2000 al 2004), ha una quantità di principio attivo (THC) superiore a quella coltivata all’aperto. Negli anni anche la marijuana coltivata all’aperto nella California centrale è arrivata a contenere una quantità maggiore di THC.

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ZENIT Staff

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