Il Pontefice invoca la pace con i leader religiosi della Galilea

Nell’Auditorium del Santuario dell’Annunciazione di Nazareth

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di Roberta Sciamplicotti

NAZARETH, giovedì, 14 maggio 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI e i leader religiosi della Galilea si sono presi per mano questo giovedì pomeriggio chiedendo a Dio il dono più prezioso per la Terra Santa: la pace.

L’incontro è stato uno dei più toccanti del viaggio papale e ha avuto luogo nell’Auditorium del Santuario dell’Annunciazione di Nazareth. Il Pontefice ha confessato di avvertire “una particolare benedizione” per il fatto di poter visitare la città, dove l’Angelo annunciò alla Vergine Maria che avrebbe concepito per opera dello Spirito Santo.

Il Papa ha preso posto su un palco insieme ai rappresentanti cristiani, ebrei, musulmani e drusi, ricevendo il saluto del Vicario del Patriarca di Gerusalemme dei latini per Israele, monsignor Giacinto-Boulos Marcuzzo, che ha ricordato che “il dialogo rende cooperatores veritatis” e che la diversità non è un limite ma una “sinfonia”.

La guida spirituale dei drusi ha osservato che la visita del Pontefice è “fonte di santità” e “di benedizione” e ha espresso la propria preoccupazione per chi sfrutta la religione per scopi politici, sottolineando che “la religione deve essere per Dio e la terra per tutti”.

Dal canto suo, il rappresentante musulmano ha affermato che da Nazareth deve partire un messaggio di convivenza per tutta l’umanità, e che chi accusa l’islam guarda a “comportamenti sbagliati”, perché il vero islam è basato sulla pace. Il rabbino che rappresentava l’ebraismo ha quindi ricordato l’importanza del dialogo interreligioso per il raggiungimento della pace.

La pace, dono di Dio

Nel suo discorso, Benedetto XVI ha ricordato che al cuore di ogni tradizione religiosa c’è la convinzione che la pace “è un dono di Dio, anche se non può essere raggiunta senza lo sforzo umano”.

“Una pace durevole proviene dal riconoscimento che il mondo non è ultimamente nostra proprietà, ma piuttosto l’orizzonte entro il quale noi siamo invitati a partecipare all’amore di Dio e a cooperare nel guidare il mondo e la storia sotto la sua ispirazione”, ha osservato.

“Le nostre diverse tradizioni religiose hanno in sé potenzialità notevoli in ordine alla promozione di una cultura della pace, specialmente attraverso l’insegnamento e la predicazione dei valori spirituali più profondi della nostra comune umanità”.

“Plasmando i cuori dei giovani, noi plasmiamo il futuro della stessa umanità”, ha aggiunto il Pontefice, rimarcando l’importanza di “salvaguardare i bambini dal fanatismo e dalla violenza” preparandoli “ad essere costruttori di un mondo migliore”.

In una Galilea “conosciuta per la sua eterogeneità etnica e religiosa” e “patria di un popolo che ben conosce gli sforzi richiesti per vivere in armoniosa coesistenza”, il Papa ha incoraggiato i leader religiosi “a continuare ad esercitare il vicendevole rispetto, mentre vi adoperate ad alleviare le tensioni concernenti i luoghi di culto, garantendo così un ambiente sereno per la preghiera e la meditazione”.

“Rappresentando diverse tradizioni religiose, condividete il comune desiderio di contribuire al miglioramento della società e di testimoniare così i valori religiosi e spirituali che aiutano a corroborare la vita pubblica”, ha riconosciuto, assicurando l’impegno della Chiesa Cattolica a “partecipare a questa nobile impresa”.

“Cooperando con uomini e donne di buona volontà”, ha dichiarato, la Chiesa “cercherà di assicurare che la luce della verità, della pace e della bontà continui a risplendere dalla Galilea e a guidare le persone del mondo intero a cercare tutto ciò che promuove l’unità della famiglia umana”.

Invocazione per la pace

Al termine del suo discorso, Benedetto XVI ha ricevuto in dono una scultura in legno scolpito che raffigurava anche una colomba, simbolo della pace.

Un rappresentante ebraico ha poi preso posto sul palco invitando le centinaia di persone presenti alla cerimonia a chiudere gli occhi e a unirsi a lui nel chiedere cantando a Dio il dono della pace.

Lord, grant us peace”, “Signore, dona a noi la pace”, è stata l’invocazione che è risuonata più volte, alternata alle parole “pace” in arabo e in ebraico, “salam” e “shalom”, alla frase in latino “Dona nobis pacem” e alla traduzione in tedesco “Gib uns deine Friede”.

La cerimonia ha visto il suo momento più toccante quando il Papa e gli altri leader religiosi presenti sul palco si sono alzati e si sono presi per mano, unendosi al canto. Il Pontefice, visibilmente felice, aveva alla sua sinistra il rappresentante druso e alla destra un rabbino.

Al termine dell’evento, Benedetto XVI si è spostato all’interno della Basilica per la celebrazione dei Vespri. Al suo ingresso, è stato accolto da fragorosi applausi da parte dei presenti.

Nazareth è la più grande città araba all’interno dello Stato di Israele, con circa 70.000 abitanti, 40.000 dei quali arabi. L’auditorium del Santuario dell’Annunciazione fa parte del complesso della Basilica e ospita dibattiti, convegni e congressi.

Nel corso della sua visita, il Papa ha visionato anche i resti della “Casa di Maria”, attualmente in restauro.

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ZENIT Staff

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