Il pensiero dopo l'uomo, cioè il Transumanesimo

Pubblicato “Esseri Umani 2.0” di Roberto Manzocco

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Domenica 2 novembre, nell’inserto Nòva del Il Sole 24 Ore, Roberto Manzocco (1) descrive la e-memory, ovvero il supporto tecnologico che consentirebbe di archiviare tutto quanto ci accade quotidianamente in termini di informazioni, sms, fotografie, transazioni finanziarie, pagine web, post sui social network, filmati, ecc. (2).

Probabilmente vale la pena partire da questi interventi più divulgativi prima di passare alle 354 pagine del libro “Esseri Umani 2.0” edito da Springer e pubblicato circa un anno fa. Perché non è un esercizio semplice immaginare come sarà il pensiero dell’essere umano del futuro e quali sono i pensatori di riferimento di questo movimento filosofico e culturale internazionale che vede l’uomo artefice della propria evoluzione biologica tramite l’uso della tecnologia.

Si parla del 2045 come data di arrivo di una rivoluzione tecnologica che trasfigurerà l’uomo facendolo entrare nella Singolarità, e cioè in quel “processo di accelerazione del progresso scientifico e tecnologico  che sembra espandersi all’infinito”, dove tra i grandi obiettivi vi è il “fine vita mai”, ovvero il superamento del concetto di morte e la possibilità che si viva all’infinito.

Un testo ricco di riferimenti culturali, di ampio respiro tecnologico dove il lettore che non ha consuetudine con i libri o con i film di fantascienza naviga in una terra ignota ed in cui l’unico riferimento certo sembra essere Dante e la Divina Commedia all’interno della quale per la prima volta di trova il termine “Transumanare”, cioè “purificarsi e superare i limiti umani” (3).

Manzocco, nel secondo capitolo intitolato Una nuova torre di babele dà corpo all’universo associativo in cui si articola il Transumanismo, sostanziando le attività dalla Humanity+, della Extropy Institute, del Terasem Movement, della Methuselah Foundation, del Foresight Institute, del Center for Responsible Nanotechnology, dell’Ascender Alliance e di molte altre.

In particolare quest’ultima, fondata dal futurologo Alan Pottinger, è la prima associazione transumanista dedicata alle persone disabili, la cui mission consiste “nella rimozione dei limiti politici, culturali, biologici e psicologici all’auto-realizzazione e al potenziamento (…) opponendosi a qualunque modifica permanente del genoma umano”.   

Un movimento filosofico dal pensiero così potente non poteva non avere validi oppositori, tra questi ricordiamo il filosofo tedesco Habermas e il politologo Fukuyama in merito al pericolo per la democrazia rappresentato dal Transumanismo, in particolare sulla questione che le istituzioni democratiche si fondano sulla natura umana e lo scenario della divisione basato su classi biologiche ne minerebbe le fondamenta.

Infine, per quanto concerne i rapporti con la religione, se la maggioranza dei transumanisti è atea, agnostica o più in generale laica, ciò che interessa i transumanisti è la Neuroteologia, cioè quella disciplina che mira a studiare le basi neurologiche delle esperienze religiose.

Ma, come scrive Manzocco nell’epilogo dal titolo Fare le scarpe a Dio: “per quanto alle volte possano sembrare inquietanti, i transumanisti sono praticamente innocui. Quello che fanno è, in buona sostanza, un gioco intellettuale: sono pensatori, insomma, che esplorano concetti nuovi e strani e cercano, per quanto è possibile, di condividerli con il prossimo, diffondendoli al di fuori del loro circolo ristretto”.

*

NOTE

1) Dottore in ricerca in storia della scienza e giornalista scientifico, si è occupato in particolare di tecnologie d’avanguardia, come la manipolazione genetica, le nanotecnologie e la ricerca militare.

2) L’articolo è disponibile anche nella pagina web del quotidiano economico-finanziario con i link ad altri interventi dello stesso autore.

3) Domenica 9 novembre, alla inaugurazione della Lectura Dantis Romana 2014 – 2015 il Professor Massimo Cacciari nella conferenza dal titolo “Esperienza di Dio nella Divina Commedia” ha fatto ampi riferimenti al termine “trasumanare”. 

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Antonio D'Angiò

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